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Salvatore Settis
Martino e palazzo Barberini
21 Maggio 2005
Beni culturali
Eppure il ministro era professore universitario. Ma la cultura è altrove. La legalità, non ne parliamo. Da la Repubblica del 21 maggio 2005

Illustre signor ministro, il Suo dicastero, si dice, ha appena fatto una sensazionale scoperta: Roma non è, come credevamo, una città ricchissima di palazzi monumentali. Anzi, di palazzi degni di questo nome ce n´è uno, e uno solo: palazzo Barberini. L’unico, Lei sottolinea, degno di accogliere sale di rappresentanza del Suo ministero, naturalmente collegate al Circolo ufficiali. Questa scoperta (dovuta forse alla Sua intelligence?) smentisce l’opinione comune, secondo la quale nessuna città d’Europa, anzi del mondo, è ricca quanto Roma di edifici storici nobilissimi, di palazzi aristocratici o cardinalizi. Smentisce anche il Suo collega di governo onorevole Giulio Tremonti, che da anni va ripetendo che lo Stato possiede, a Roma più che altrove, troppi edifici storici, e che sarebbe bene venderne un bel po’ ai privati. È invece ormai acclarato che in nessun luogo mai, se non nell’unico e solo palazzo di Roma, palazzo Barberini, possono aver sede ricevimenti e cerimonie del Suo ministero. Tutt’intorno, una città di catapecchie, favelas che gareggiano con quelle di altre latitudini, di altri continenti. In questa situazione da terzo o quarto mondo, la Sua insistenza per appropriarsi di palazzo Barberini non più abusivamente, bensì "a titolo perpetuo e gratuito" appare pienamente giustificata; giustificato è il Suo rifiuto di ogni compromesso col ministero dei Beni culturali. Infondate invece le assurde pretese di chi stranamente ritiene che anche Roma, come le altre capitali europee, debba avere una grande galleria d’arte antica, e pretestuosamente ricorda che nel 1949 palazzo Barberini fu comprato dallo Stato a questo scopo esclusivo, e che almeno dal 1965 il Circolo ufficiali vi ha sede senza titolo legale. I più scatenati partigiani della Galleria nazionale d’arte antica osano persino richiamarLa al rispetto del protocollo d’intesa fra il Suo dicastero e quello dei Beni culturali, secondo cui l’intero palazzo va al museo: ma Lei ci ha giustamente ricordato che il governo di allora (1997) era notoriamente ostile alle Forze armate, e che, di conseguenza, quell’accordo (firmato da noti estremisti come Andreatta e Veltroni) non vale più. Per non dire di un altro pericoloso estremista, Alberto Ronchey, che da ministro dei Beni culturali del governo Ciampi notificò al Circolo ufficiali un decreto di sfratto esecutivo (1993), ma fu sconfitto dai Suoi prodi predecessori.

Le confesso che da alcune settimane non vado a Roma. Quanto dev’essere cambiata, ultimamente! Io non ricordo favelas né catapecchie, bensì una città gloriosa di splendidi palazzi, ricchissima di edifici di proprietà pubblica, molti dei quali sottoutilizzati. Ho anzi sempre dato ragione all’on. Tremonti quando sottolineava l’immensità di questo patrimonio immobiliare, anche se non sono d’accordo con lui che il miglior modo di utilizzarlo sia di cederlo ai privati in quattro e quattr’otto. Mi rattristava un po’, è vero, ogni volta che andavo nella nostra città capitale, dover constatare che, se vogliamo cercarvi una grande pinacoteca, dobbiamo ancora andare in Vaticano, come se a Porta Pia non fosse accaduto proprio nulla; mi rattristava andare a palazzo Barberini e vederne le meravigliose collezioni, ma sapendo che solo il 20% di esse può esservi esposto, perché il Circolo ufficiali occupa il resto. Mi turbava, anche, il diffuso pettegolezzo secondo cui la parte di palazzo Barberini occupata dal Circolo viene usata ben poco per cerimonie di rappresentanza della Difesa, ma è regolarmente data in affitto per ricevimenti privati (nozze, compleanni, prime comunioni). Mi infastidiva, come contribuente, il pensiero che decine di milioni di euro siano stati già spesi dallo Stato per spostare il Circolo ufficiali e destinare a museo il palazzo, e che le resistenze del Circolo ne ritardino sine die l’apertura al pubblico.

Insomma, signor ministro, la Roma di cui Lei ci parla, la Roma di catapecchie con un unico palazzo degno del Suo dicastero, è molto diversa dalla Roma di cui io ho esperienza e memoria. Può soccorrermi, Signor Ministro? Può aiutarmi a risolvere questo dubbio angoscioso? Quale è la Roma vera, la mia o la Sua?

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