Perché la Marcia Perugia-Assisi? Perché, come disse Aldo Capitini, è «un tentativo di entrare dentro il terreno della politica con una forma partecipativa ancora non sperimentata nel nostro paese». Questa marcia, ebbe modo di dire sempre Aldo Capitini riferendosi alle classi popolari, «è fatta per loro, perché i contadini sanno camminare, mentre sono a disagio nelle conferenze». Parole sacrosante...da sottoscrivere.
Capitini definisce il suo pensiero come legato a una «prassi pura», cioè una pratica che realizza «un'intenzione retta che discende da un’adesione incondizionata alla verità». Frasi come «un primo lavoro da fare è di togliere tutte le crudeltà e le uccisioni inutili, se si vuole tener fede al principio di estendere l’unità anche con gli esseri subumani», oppure, parlando direttamente ad una pianta, «io non ti distruggerò; tu non sei per me un oggetto, uno strumento freddo, ma sei una compagnia, una presenza, un essere che ha in sé un soffio e un’apertura all'aria, alla luce, simile a quelli che ho anch’io», sono riflessioni che raccolgono una tensione universale.
La nonviolenza è amore, «essa è la scelta – scrive Capitini – di un modo di pensare e di agire che non sia oppressione o distruzione di qualsiasi essere vivente, e particolarmente di esseri umani».
Se non si usa la violenza, trionfano i cattivi? Capitini scrive che innanzitutto anche «l’uso della violenza non ci dà sufficiente garanzia che trionfino i buoni, perché l’uso della violenza richiede che si facciano tanti compromessi» e poi, che «se per tenere testa ai cattivi, bisogna prendere tanti dei loro modi, all’ultimo realmente è la cattiveria che vince» e che, così, «scompare la differenza tra noi e loro, e c’è bisogno che sorga una differenza netta tra chi usa le armi potenti, e chi usa altri modi, con fede che essi trasformino il mondo».
Un percorso di crescita comune: «l’educazione moderna si svolge non soltanto lungo la linea di passaggio dal centro dell’educazione dall’educatore all’educando, ma anche lungo quella di una coscienza sempre più precisa dell’educarsi insieme».
«Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi»