SIAMO sicuri che la legittima difesa sia di destra, che sparare agli aggressori sia sempre di destra? Immaginiamoci una sera qualsiasi, nella nostra casa di campagna, con i bimbi già a letto, la moglie che legge in poltrona… Immaginiamo che accada a noi quel che è accaduto tante volte in Piemonte, in Lombardia, in Toscana, nel Lazio, in Campania, in Sicilia. Immaginiamo dunque che, improvvisamente, dal fondo della notte e dalla finestra della cucina entrino due uomini armati.
Entrino, cioè, due di quei malviventi che - pensiamo subito nella tensione che ci taglia il respiro - rimasticano rancori e sequestrano famiglie, rapinano, violentano, e arrivano ad uccidere. Ovviamente, quella brusca intrusione dell’inatteso nella nostra vita ci dà una tale vertigine che crediamo di precipitare in una caduta. Non capiamo fin dove gli aggressori sono disposti ad arrivare, ma sappiamo di non avere il fisico del ruolo, capiamo solo di essere la preda. Perciò prendiamo spazio arretrando, cerchiamo un aiuto che non c’è, poi li guardiamo mentre ci guardano, rapidi e violenti. Abbiamo solo un attimo per osservare e decifrare. Possiamo accettare l’orribile destino che ci viene preparato in una sorta di intuizione profetica fatalistica e stanca, oppure impugnare il vecchio fucile da caccia, o la pistola che ci spaventiamo di possedere: il cuore, il corpo perde ogni rigidezza, e sparare diventa lo scatto della vita.
Ebbene, non ci sarebbe nulla di sguaiato, di eccessivo, di convulso in questa legittima difesa che, secondo noi, deve essere protetta dalla legge, da una legge non pasticciata e non leghista, non vendicativa e non razzista, rigorosa e semplice. Una legge che non sbagli i toni come questa della Lega, e che non sia così insensatamente elettorale e volgarmente politica da spingere la sinistra a difendersi legittimamente con una reazione uguale e contraria: una legge insomma di sinistra, una legge intelligente che non somigli a John Wayne ma neppure a Totò che si lasciava brutalmente schiaffeggiare dall’aggressore che lo aveva preso per Pasquale: "Tanto, io non sono mica Pasquale".
Nella violenza di chi si difende, in casa o nel suo negozio, in ufficio o nel suo bar, c’è una delicatezza che lo Stato deve proteggere ed è la stessa delicatezza del famoso bambino di "Mamma, ho perso l’aereo!", quel film dove il piccolino, rimasto solo, protegge la casa assaltata dai ladri. Lo Stato deve prevedere e "legalizzare" le occasioni nelle quali siamo costretti a essere carogne per bene, a stringere i denti e a mettere le dita nella presa elettrica. In quei terribili attimi dobbiamo sentirci sicuri di reagire in nome e per conto dello Stato che non è ubiquitario, ma difende legittimamente i suoi cittadini anche quando non è presente con il poliziotto, con il carabiniere. In quei momenti lo Stato sono io. Sparando al suo posto, ne interpreto la norma.
È vero che non esiste un modo per rendere amabile uno sparo, e neppure un cazzotto o addirittura un insulto; e farsi giustizia da soli, praticare una giustizia privata alla Charles Bronson, è quanto di peggio si possa immaginare. Ma non è Far West difendere la propria famiglia, la propria casa, la propria vita, non è Far West la reazione malinconica e severa dell’aggredito, del violato, della vittima che incarna lo Stato oltraggiato dal delinquente. È invece Far West l’insicurezza, la paura sociale, l’estrema vulnerabilità, l’assenza, non fisica ma ideale, dello Stato. Le villette della Brianza, le nostre case, non sono le grandi praterie dell’Ovest dove il più debole soccombe. In mancanza del poliziotto, non possiamo accontentarci di tenere il broncio a quello Stato che non è altro da noi stessi. Ci sono occasioni di estrema tensione nelle quali non c’è il tempo di affidarsi alla giustizia delegata, di chiamare i pompieri o di aspettare la polizia. Dove c’è un cittadino che rispetta le leggi dello stato, lì c’è lo Stato. È la polizia che delega a me compiti di polizia; è lo Stato che mi assegna la funzione di difendermi per difendere se stesso.
Certo, è Far West andare in giro con la pistola in tasca, tirarla fuori quando ci guardano male o ci fanno una cattiveria, prendere a pedate il capufficio prepotente, emettere una condanna ed eseguire sul posto la sentenza perdendo la ragione. Ed è vero, come dice bene Vittorio Zucconi citando lo Fbi, che «chi usa una pistola ha 22 volte più probabilità di farsi male o di fare male a una persona conosciuta di quante ne abbia di colpire un malfattore». Spesso le pistole, voluminose e affascinanti, si mettono ad esistere da sole. Basta poco perché il loro senso latente si realizzi. La pistola è un ordigno, un simbolo di forza, una pulsione aggressiva. Perciò il porto d’armi deve essere concesso con rigore, alle persone equilibrate e composte, e le reazioni di difesa debbono essere consentite e, subito dopo, sottoposte alla verifica del magistrato. Sarebbe Far West girare con la pistola nel cruscotto, pronta all’uso nel sorpasso.
Ed è infine vero che il mio portafoglio, per quanto possa essere ricco di risparmi, non vale mai la vita del ladro che me lo porta via. Ma la fatica dell’essere usciti dalle caverne dell’homo homini lupus deve essere ben ripagata e rispettata e, questa sì, vale più della vita di un delinquente. A meno che non si pensi che la serenità familiare sia costruita sulla vita da marciapiede degli esclusi, che la proprietà sia un furto, e che il delitto sia sempre la conseguenza di un’ingiustizia sociale: il delitto come diritto del marginale, il delitto come legittima difesa dello sfortunato.
Postilla
Così farcito di contraddittori luoghi comuni che meriterebbe d’essere collocato nella cartella Stupidario. Ma la nuova cartella corre il rischio di diventare troppo gonfia. Mi limito a rinviare a un altro punto di vista ("Merce armata") e a riportare gli articoli del Codice penale previgente.
Art. 52 - Difesa legittima
"Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa."
Art. 54 - Stato di necessità
"Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
"Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
"La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo."
Domanda
Ma Merlo è di sinistra?