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Tomaso Montanari
L’unico ministro che non è “tecnico”
19 Novembre 2011
Beni culturali
In piena consonanza con l’appello di eddyburg, il richiamo alla necessità di un cambio di marcia – e di personale - radicale al Mibac. Il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2011 (m.p.g.)

Il problema non è certo la persona di Lorenzo Ornaghi.

Il problema è che il patrimonio storico-artistico gode di una considerazione prossima allo zero presso la maggior parte della classe dirigente del Paese, ed evidentemente Mario Monti non fa eccezione. Se le cose non stessero così, non si spiegherebbe perché quello per i Beni e le attività culturali è il solo ministero su dodici che non verrà retto da un tecnico, ma da un rispettabilissimo signore che è competente di tutt’altro: uno scienziato della politica, rettore dell’Università Cattolica e vicepresidente del quotidiano dei vescovi «Avvenire».

Come ai tempi della Prima Repubblica, i Beni Culturali tornano ad essere una cassa di espansione in cui far defluire le tensioni collegate alla formazione dei governi. Ornaghi – scrive il «Giornale» – era voluto al governo «personalmente dal cardinal Bagnasco», e quando lo si è dovuto spostare dalla Pubblica Istruzione cui era destinato, si è trovato naturale dargli i Beni Culturali. E questo sia perché si tratta di un ministero-cenerentola, sia perché è tremendamente radicata l’idea che non esista un tecnico della tutela: che non occorra, cioè, essere storici dell’arte per occuparsi delle opere d’arte. Tanto, come diceva amaramente Benedetto Croce, «l’arte è ciò che tutti sanno che cosa sia». Ed è anche per questo che il patrimonio storico e artistico della nazione cade a pezzi, nonostante la tutela costituzionale.

Sia chiaro, Monti non ha inventato nulla, si è limitato ad aderire all’infausta interpretazione veltroniana di un ministero in cui le «attività culturali» contano quanto (o più) dei «beni culturali»: un vago ‘Ministero della cultura’ votato ad intrattenere gli italiani organizzandone il tempo libero.

Come tutti gli italiani hanno appreso dalle indiscrezioni sui nomi considerati da Monti, non mancava un tecnico perfetto: Salvatore Settis. Il suo altissimo profilo avrebbe, tra l’altro, permesso di fondere il ministero dell’Ambiente e quello per i Beni culturali: affidando così ad un’unica autorità la tutela e il risanamento di quell’unico organismo vivo che è il territorio, il paesaggio e il patrimonio storico-artistico italiano. Ma Angelino Alfano ha sentenziato che dovevano essere «esclusi coloro che avessero fatto del loro impegno una militanza antigovernativa» (Asca, 13 novembre): e il fatto che Settis avesse denunciato la sottrazione di un miliardo e trecento milioni di euro dal bilancio dei Beni culturali ad opera del duo Tremonti-Bondi deve essere stato considerato un imperdonabile atto di militanza.

Ora non ci si può che augurare che Ornaghi impari presto e bene: che legga e ascolti i tecnici veri; che rinnovi a tamburo battente i ruoli chiave del ministero (capo di gabinetto, segretario generale, comitati tecnici), inquinati o asserviti da anni di berlusconismo; che incrementi il bilancio; che proceda ad assumere i tantissimi giovani storici dell’arte e archeologi già idonei; che rinforzi le soprintendenze; che non ceda alle pretese ecclesiastiche sui beni culturali religiosi appartenenti allo Stato; e che faccia molto altro ancora.

E che Dio (e il Vaticano) ce la mandino buona.

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