I No Tav.
Un movimento «comune»
di Pierluigi Sullo
In Valle di Susa si scontrano il passato e il futuro. La mobilitazione militare di migliaia di poliziotti, di tutti i media, di pressoché tutti i partiti e delle istituzioni locali e nazionali, di Confindustria e di plotoni di parlatori televisivi di centro-qualcosa non è riuscita a capovolgere la realtà: il passato è il preteso "sviluppo", la vantata modernità del mega-tunnel che distruggerebbe la valle; il futuro sta nelle azioni, nei progetti, nelle proposte dei valsusini che si oppongono a questa "grande opera", i No Tav.
Ieri, sulla Repubblica, Ilvo Diamanti ha scritto, a proposito dei referendum: «C'era nell'aria una domanda di valori... diversi da quelli propagandati dal "pensiero unico"», e, aggiungeva, in occasione dei referendum «è avvenuta "la scoperta del movimento"... una molteplicità di esperienze: diverse, diffuse e articolate». Chiediamoci quale sia il movente, anzi la cultura, che anima, in modo diffuso e articolato anch'essa, queste esperienze. E perché risulta che nel referendum le motivazioni "politiche", ossia dare una lezione a Berlusconi, e lo stesso quesito sul legittimo impedimento, fossero di gran lunga meno importanti, agli occhi di chi è andato a votare, dell'oggetto dei referendum: la tutela dell'acqua dalla privatizzazione e il rifiuto del nucleare. Ovvero, la ripulsa di due capisaldi di un modo - irrimediabilmente vecchio, ormai gravemente dannoso - di guardare alla vita della società. Un modo che, con uno stile e un linguaggio che i partiti e gli opinion maker cominciano a scoprire solo ora, la nuova società organizzata respinge - cambiando anche en passant i sindaci di grandi città e le percentuali di partecipazione ai voti referendari. I beni comuni non sono commerciabili, privatizzabili, sottoponibili alla logica inesorabile della massima profittabilità. E per conseguire questo scopo si deve creare una nuova forma della democrazia, dato che quella vecchia è ormai pienamente nelle mani di chi i beni comuni vuole a tutti i costi commerciare e privatizzare. Qui sta la frattura sempre più profonda tra i "rappresentanti" e i cittadini.
Questo "movimento" - più che altro un cambio progressivo di civilizzazione e di mentalità, di relazioni tra persone e dentro le comunità - non è "nuovo". Viene ora a compimento un processo iniziato alla fine del secolo scorso, che ha avuto le sue tappe nell'opposizione alle guerre - quella contro la Serbia e quella contro l'Iraq - e nelle manifestazioni come quella di Seattle, nei Forum sociali mondiali, nello zapatismo e nell'insorgenza indigena latinoamericana, nel grande movimento che a Genova, dieci anni fa, fu aggredito in modo feroce. E lo fu, come ora i valsusini, perché il potere ha perso la sua legittimità, qualcuno direbbe la sua egemonia: il suo discorso sullo "sviluppo" che certo costa ma che frutterà inevitabilmente benessere suona ora come una brutta favole in cui il lupo divora l'agnello. Perché nel frattempo l'espressione "beni comuni" si è allargata a tutta la vita della società: tale è l'acqua, tale l'energia, ma lo è anche il suolo, quello agricolo e quello urbano, lo sono l'aria e il paesaggio, il mutuo aiuto sociale (o welfare), bene comune è evitare che i sottoprodotti di un modo di vivere dissennato riempiano le strade come a Napoli, lo sono il lavoro (il buon lavoro utile alla società) e la stessa democrazia.
Di questo rinascimento, in fondo al tunnel di trent'anni di liberismo, ossia del capitalismo più cinico nei confronti del contesto sociale e ambientale, i cittadini della Val di Susa sono padri fondatori. La loro opposizione alla Tav è iniziata vent'anni fa, e in questo periodo hanno resistito ad ogni sorta di minaccia e di tentativi di corruzione, hanno argomentato e conquistato non solo la partecipazione dei loro concittadini ma la simpatia di chiunque, in Italia, si trovi alle prese con quel genere di "sviluppo", si tratti di un'ennesima autostrada, di un rigassificatore, di una speculazione fondiaria in città già esauste. I No Tav sono i fratelli della «molteplicità di esperienze» di cui parla Diamanti. Perciò nel 2005, quando le truppe di un altro ministro degli interni li invasero, furono decine di migliaia a migrare verso l'ultima valle in alto a sinistra, dove formarono un corteo lungo 80 mila persone e insieme ai valsusini si ripresero Venaus. Lo facevano per se stessi, non solo per solidarietà, e gettavano le fondamenta di quella bella casa comune che è il solo no sancito da un voto popolare, in tutto il mondo, al furto dell'acqua.
Ora risulta che la valle sia bloccata, che gli operai - chiamati dalla Fiom - siano in sciopero. Nonostante la conquista della Maddalena e il ridicolo atteggiamento da "veni, vidi, vici" di Maroni, quello che "fa casino" nella Lega nord. Sanno anche loro, Fassino, Marcegaglia e il capo della polizia ferroviaria di Torino, Spartaco Mortola, condannato per la "mattanza" alla Diaz e quindi promosso, che non si può fare un tunnel di quel genere contro un'intera popolazione. Vogliono solo mettere le mani su un po' di soldi europei e aprire un cantiere, fare qualche buco per terra e battersi il petto come gorilla soddisfatti. Lo stesso Castelli, quello che da ministro della giustizia visitò nel 2001 la caserma di Bolzaneto mentre i ragazzi venivano torturati, e non notò nulla di strano, e che ora dice che gli argomenti dei No Tav sono "tutte balle" (è il loro stile), ha dovuto ammettere, da viceministro alle infrastrutture, che il mega-tunnel è del tutto inutile, ai fini del traffico ferroviario, che piuttosto diminuisce. Ma sappiamo che è molto utile a imprese, a politici, alla mafia, ad arraffare denaro. E a spezzare le reni, colpendo i valsusini, a quelli che in tutto il paese pretendono di fare politica a modo loro, ad esempio umiliando la Lega a casa sua, a Milano.
Non sappiamo cosa decideranno di fare adesso i valsusini. Se chiameranno a una manifestazione, è probabile che sarà anche più grande di quella del 2005. Ma sarebbe un grande segnale se, come nel 2003 milioni di balconi furono decorati con i colori della pace, e come in primavera molte finestre esposero la bandiera blu dell'acqua, ora si producessero, distribuissero ed esponessero ovunque le bandiere bianche con la scritta rossa "No Tav", come si vede da anni in Val di Susa. È un'idea come un'altra: la fantasia non manca di sicuro, al movimento dei beni comuni.
Alla Maddalena la società dei beni comuni
di Ugo Mattei
Una bellissima serata estiva. Automobili parcheggiate in ordine su chilometri di strada tra Gravere e Chiomonte. Un serpente illuminato, lunghissimo, fiaccole in fila che procedono silenziose dal primo cancello della Libera Repubblica della Maddalena, fondata sui beni comuni, fino al campo base. Tende in bell'ordine, un'organizzazione attenta a ogni dettaglio. Una tenda con i medici, un presidio di avvocati, un'attenzione assoluta alla legalità formale e sostanziale. Il campo base regolarmente concesso dal Comune; regole condivise, attente al rispetto della natura. Nessuno può buttare per terra neppure un mozzicone spento. 5000, forse 8000 persone raccolte nella serata di domenica sera. Un palco allestito dal quale parlano intellettuali, artisti, sindacalisti, il leader di Rifondazione Paolo Ferrero, quello del Partito Comunista dei lavoratori Marco Ferrando, quello storico del movimento No Tav Alberto Perino, recentemente inquisito per reati d'opinione: autorevolissimo e rassicurante.
Viene letto un appello a fermarsi che avevamo messo insieme affannosamente nel pomeriggio (fra i firmatari anche due magistrati); viene portata la solidarietà dei compagni del Valle occupato, anche loro in lotta per un bene comune. Il popolo dei beni comuni, impegnato nelle battaglia contro lo scempio legale, sociale e politico della Tav, discute e condivide. C'è consapevolezza di essere dalla parte della ragione, tanto formale quanto sostanziale. La strategia di resistenza fondata sulla non violenza ma sulla fisicità "con la schiena dritta" è ribadita, ma non c'era neppure bisogno di farlo. È la conseguenza naturale della prosecuzione in Val Susa di quella lotta per la difesa dei beni comuni che implacabilmente sta cambiando gli assetti politici del nostro paese. I beni comuni sono concepibili soltanto in una logica ecologica, sono legittimati da un grande progetto costituente di lungo periodo, il solo che potrebbe salvare la vita sul pianeta. Questa logica collettiva, a differenza di quella individualizzante della proprietà privata e dello Stato sovrano, include e non esclude, diffonde il potere, sconfigge ogni sopraffazione.
Tutto è condivisione a Chiomonte. La Libera Repubblica della Maddalena è stata, e ancora sarà, una buona pratica globale di governo locale dei beni comuni. Alla Maddalena c'era la parte migliore dell'Italia, quella che sconfiggerà un modello di sviluppo scellerato, imposto senza alternative da un pensiero unico bipartisan. Il potere se ne accorge. Ha paura perché vede messa in discussione la sua legittimità formale e sostanziale. Per questo risponde con la violenza dei suoi blindati, dei suoi lacrimogeni, dei suoi arresti. Il potere (di maggioranza e opposizione parlamentare) sa di essere oggi privo del sostegno politico della maggior parte del paese.
Tutti quei temi referendari che solo due settimane fa si sono rivelati maggioritari nel paese sono declinati, come in un minilaboratorio, in Val di Susa. Negli scorsi mesi la resistenza di fronte all'implacabile tenaglia dell'alleanza fra Stato e capitale privato, che produce saccheggio in nome della legalità, ha reso naturalmente coerenti (e vincenti) la battaglia per l'acqua e quella contro il nucleare. Oggi si tratta di far capire a tutto il paese che quello stesso scontro, con tutti gli stessi protagonisti sull'uno e sull'altro fronte, è in corso intorno alla Tav, un nuovo grande progetto di saccheggio. Farlo capire è difficile ora come allora, perché il blocco mediatico oscura la verità, confonde la ragione e il torto, asserisce falsità con la stessa violenza fascista (le cose vanno chiamate col loro nome) con la quale migliaia di uomini armati ed equipaggiati di tutto punto hanno brutalizzato, nelle prime ore del mattino, quella mirabile simbiosi fra uomo e territorio che è la Libera Repubblica della Maddalena. Da oggi questo territorio, questo primo esperimento di "Società dei beni comuni" è occupato illegalmente, governato dalla logica brutale della sopraffazione sull'uomo e sulla natura. La lotta sembra impari. Anche il referendum sull'acqua sembrava una battaglia impossibile da vincere.
É opportuno ricordare che il movimento No Tav non si batte solo (con altissima civiltà e competenza) per la salvezza della valle, ma anche contro un’opera che, al di là della retorica di cui la maggioranza dei potenti (della politica, dell’economia e della comunicazione) la ammanta, è inutile, dannosa e costosa per il bilancio pubblico (cioè per i cittadini). Rinviamo ai molti articoli in questa cartella che dimostrano come e perché quell’opera è una truffa. Per esempio, Che siate pro o contro la TAV, forse volete sapere chi la paga, oppure volete sapere perchè L'analisi costi-benefici boccia la Torino - Lione, oppure volete sentire il parere del prof. Marco Ponti che vi racconta perchà I costi dell'alta velocità corrono più dei treni. E per venire ai più recenti, ancora il parere di Marco Ponti, e i numeri ricordati da Luca Mercalli