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Fabrizio Bottini
L'ombra sinistra di UBER sulle città
2 Novembre 2016
Fabrizio Bottini
La città è il luogo dell'innovazione, ma qualcuno da sempre cerca di darne una interpretazione piuttosto stravagante ... (segue)

La città è il luogo dell'innovazione, ma qualcuno da sempre cerca di darne una interpretazione piuttosto stravagante ... (segue)

La città è il luogo dell'innovazione, ma qualcuno da sempre cerca di darne una interpretazione piuttosto stravagante, che suona più o meno: la città è il luogo dove sperimentare le innovazioni, tanto le cavie stanno lì gratis e a volte lo fanno quasi volentieri. Avviene da sempre, certo, questa forma di esperimento, forse è uno dei caratteri peculiari dell'urbanità, l'essere sempre piuttosto disponibili e ricettivi a modi, tempi, stili di vita anche radicalmente diversi da quelli praticati tradizionalmente. Ma sembra essersi fatto particolarmente insidioso dall'epoca industriale in poi, con risvolti a dir poco subdoli in questa nostra epoca attuale detta (molto spesso ideologicamente) post-industriale, con le trasformazioni cosiddette immateriali, invece materialissime, al limite della violenza, nel manifestare i propri effetti sul territorio e la società.

Si parla e straparla di smart city, dove intangibili flussi dovrebbero cullare l'umanità urbana in una felicità senza fine, ma quel che si vede in realtà è al massimo il pullulare di iniziative a volte interessanti ma piuttosto limitate (come le auto o le biciclette in condivisione, per ora poco più di un giocattolo), a volte onestamente destabilizzanti, come nel caso di UBER, quel servizio che attraverso la gestione di applicazioni per smartphone ha letteralmente sconvolto il mercato del lavoro, nei trasporti e non solo.

E ora, dall'ambito più noto e famigerato dei taxi e analoghi, la disinvolta impresa digitale vuole balzare direttamente nell'aria fresca, gestendo con le sue app nientepopodimeno che il «trasporto aereo urbano». In un corposo rapporto pubblicato pochissimi giorni fa, dal titolo Fast-Forwarding to a Future of On-Demand Urban Air Transportation, delinea anche tecnicamente a cosa si riferisce, con quello che chiama «Veicolo a Decollo e Atterraggio Verticale»: un oggetto a motore elettrico, pochissimo rumoroso e a basso impatto, prodotto in grande serie, facile da gestire e pilotare, e che trasformi il cielo delle città in una specie di nuova frontiera della mobilità infinita, relativamente a buon mercato.

L'aspetto più surreale di tutta la faccenda è che non solo questo veicolo non esiste al momento, ma mancano anche moltissimi dei presupposti tecnologici e organizzativi che ne consentirebbero l'esistenza, e che il rapporto elenca dettagliatamente. Nondimeno, UBER abituata a maneggiare flussi immateriali per spremere materialissimi profitti, non si scoraggia certo per una bazzecola del genere, e si dilunga addirittura a spiegare quali debbano essere le trasformazioni urbane e infrastrutturali necessarie per lo sviluppo di questo nuovo futuribile servizio. Col più classico atteggiamento degli innovatori a senso unico, che ben conosciamo dopo un secolo di adattamento unilaterale delle città all'automobilismo solo per fare l'esempio più macroscopico, il concetto base è che tutto va benissimo, tutto si tiene, tutto ci farà felici, MA soltanto SE .... Basta seguire passivi il flusso degli eventi e avere fede nel trionfo dell'Idea, insomma. Ma cosa dovranno fare, esattamente, le città per eseguire gli ordini?

Innanzitutto partire da quel che già è disponibile, in una sorta di post-dismissione e riuso degli attuali eliporti per macchine tradizionali, ivi compresi quelli dichiarati inagibili proprio per i motivi di rumori e altri impatti che la nuova, virtuale tecnologia dà per superati. Ed ecco già apparire sui radar la nuova griglia della «rete eliportuale urbana», che redistribuisce gerarchie, e magari valori immobiliari relativi (certo, in attesa che la solita burocrazia municipale allenti i soliti lacci e lacciuoli, prima che il mercato faccia da sé). E a questo proposito esiste già addirittura una gerarchia interna, via di mezzo tra la logica degli aeroporti e quella delle normali infrastrutture automobilistiche, a distinguere i grandi nodi, detti Vertiport, da quelli di scala intermedia chiamati invece Vertistop, un po' analoghi a capolinea e/o incrocio di interscambio o fermata intermedia nella mobilità collettiva terrestre da comuni mortali. Magari, solo nei Vertiport potrebbero collocarsi gli impianti di ricarica rapida delle (tuttora inesistenti, si badi bene) batterie elettriche dei motori (pure di là da venire) delle trottole volanti immaginate pur nei minimi dettagli da UBER.

Un capitolo assai importante, se non altro per il portafoglio degli interessati, riguarda ad esempio il trasporto aereo «urbano» door to door e naturalmente svela in fondo quello che tutti già potevamo intendere, ovvero che i nostri operatori della fantascienza mescolata all'impresa postmoderna, hanno un'idea di ambiente urbano del tutto analoga a quella di certi economisti conservatori: città è il posto dove ci sono valori monetari in qualche modo legati a trasformazioni edilizie. Perché pensare, immaginare, elicotteri per quanto di dimensioni contenute e impatti evanescenti, che facciano servizio sullo zerbino di casa in stile cartone dei Pronipoti, significa far riferimento a un sistema di quartieri a dir poco a bassa densità, del tutto controcorrente rispetto ad ogni indirizzo ambientale e sociale emerso negli ultimi anni.

E analogo invece al primissimo comparire del vero, individuabile antenato ideologico di questi elicotterini fantasiosi di UBER: la Broadacre di Frank Lloyd Wright degli anni '30, dove di macchine del genere se ne vedono sia svolazzanti che parcheggiate, nell'utopia autostradale. Insomma, in definitiva e senza voler esaurire qui l'incredibilmente intricata questione, vale davvero la pena di tenere sott'occhio quel che stanno escogitando, i sedicenti profeti tecnologici del terzo millennio, per evitare di doverne subire troppo passivamente le pensate. E soprattutto, non rischiare di sentire, quando certi effetti si manifesteranno concretamente, il solito «ma noi a quell'epoca non potevamo certo sapere». Basta informarsi, e lo sappiamo.

Su La Città Conquistatrice qualche considerazione generale in più su questa Invasione delle Trottole Volanti, e il link a cui scaricare il documento tecnico integrale di oltre cento pagine, coi particolari dettagliatamente immaginati da Uber

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