[Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini]
La diffusione urbana è un tema importante. Nonostante sia studiato dagli anni ’50, solo di recente è balzato all’attenzione dell’opinione pubblica. Il numero del dicembre 2000 di Scientific American ha pubblicato una ricerca sul problema. Un recente sondaggio rileva che gli americani sono più preoccupati per lo sprawl urbano e per il traffico che per la criminalità, la disoccupazione o l’istruzione: il che non è una sorpresa, per chiunque sia mai stato bloccato nel mare di traffico di un’autostrada a sei corsie.
Ma l’inarrestabile diffusione di case, centri commerciali, strade e parcheggi, ha effetti più dannosi dei ritardi dovuti al traffico. L’impatto ambientale è catastrofico. Gli habitat naturali, le zone umide e ambienti acquatici, sono stati spazzati via dappertutto. L’inquinamento idrico, e di un bisogno primario come la stessa aria, sono diventati tanto gravi da porre un concreto problema per la salute. Anche l’ispirazione delle notti stellate è andata persa in molti luoghi, a causa dello “inquinamento luminoso”.
La cosa più strabiliante è che ci sia voluto tanto tempo per svegliarci. Sono passati anni prima che le persone iniziassero anche lontanamente a diventare consapevoli del problema, e decenni per costruire un sistema di leggi e fare qualcosa di concreto riguardo ad esso. A quanto pare, l’uomo è lento a capire, e anche più lento a reagire.
Esiste una varietà di modi per risolvere il problema. Ma probabilmente uno dei principali sta nella legge da più di 3.300 anni. In una norma straordinariamente attenta, la Torah (Numeri 35:2) prescrive che le città dei Leviti debbano avere una fascia verde larga 1.000 cubiti attorno ad esse, ed altri 2.000 cubiti per l’agricoltura. Maimone spiega che queste norme si applicano per estensione a tutte le città di Israele.
In un colpo solo, questo ferma lo sprawl urbano e risolve la maggior parte dei suoi rischi ambientali. La città non può più diffondersi in modo incontrollato, il che significa che esiste un limite all’accumulazione di traffico e inquinamento. Alberi, vegetazione ed erba possono crescere, purificare l’aria, costruire un ambiente migliore per i nostri figli.
Campi aperti
Ma le norme ambientali non dovrebbero riguardare solo il lavoro degli urbanisti, Sono qualcosa che deve interessare ciascuno di noi. Questo è il motivo per cui la Torah fissa i modi che governano come ogni Ebreo deve rapportarsi a ciò che lo circonda. Secondo la tradizione, anche strappare una foglia da un albero senza motivo è proibito.
Un’altra regola della Torah, forse la più importante di tutte, stabilisce che un soldato che va alla guerra debba mettere una piccola vanga nel suo bagaglio. E no: questa piccola pala non gli serve a piantare un alberello per il Jewish National Fund. Né per scavare un canale, o migliorare il panorama. A dire il vero, non serve ad uno scopo chiaramente spirituale, o di moda ambientalista. È per scavarsi una latrina, così che le sue cose vengano sepolte e non rimangano sul terreno.
Incredibile! La Torah è un libro di religione, saggezza e spiritualità. E buttata lì in mezzo a una dissertazione sulla guerra – problema di grave significato nazionale – la Torah tratta la più bassa delle funzioni umane!
Perché? Perché la Torah insiste sul fare ogni cosa – si: ogni cosa – nel modo adeguato.
La nostra Torah è detta Torat Chaim: “istruzioni per la vita”. Ci da’ indicazioni pratiche per tutti gli aspetti dell’esistenza: dall’urbanistica alla latrina personale del soldato. Con squisita sensibilità e preveggenza, la Torah vuole farci agire in modo responsabile.
È un bene, che il mondo stia diventando più attento su questi problemi. Ma è una vera vergogna che ci sia voluto tanto tempo. Prima di sbandare fuori controllo, con le nostre capacità tecnologiche e i successi industriali, dovremmo mangiare un boccone di umiltà, e guardare alla saggezza che ci viene impartita dalla tradizione ebraica.
Nota: qui il testo originale al sito di Aish (f.b.)