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Paolo Berdini
Lo scempio laziale
3 Agosto 2011
Articoli del 2011
Il Piano casa della Regione Lazio come nuova frontiera della deregulation e dell'assalto al territorio. Da il manifesto, 3 agosto 2011 (m.p.g.)

L’ultimo numero del settimanale del Sole 24 Ore dedicato al territorio (n.29 del 30 luglio) denuncia il fallimento dell’ulteriore allentamento delle regole portato avanti dal governo Berlusconi. I numeri confermano che aver reso pressoché automatico i permessi di costruzione senza controllo da parte delle amministrazioni pubbliche, non ha fatto aumentare per nulla il numero delle iniziative edilizie in tutte le regioni. Segno evidente che il mercato è saturo e necessiterebbe di ragionamenti e politiche di ampio respiro.

La giunta regionale del Lazio guidata da Renata Polverini non è tra i lettori dell’autorevole rivista e guidata dal cieco furore contro le funzioni pubbliche, ha approvato il peggior piano casa tra le regioni italiane. Non c’è infatti il minimo disegno strategico nel distribuire a piene mani la rendita parassitaria fondiaria. Sono soltanto due i risultati ottenuti: il primo è quello di aver cancellato forse per sempre l’urbanistica dal panorama legislativo: dall’urbanistica al piano casa, come sostiene Italo Insolera. Il secondo è quello di aver colpito duramente le poche forme di controllo pubblico su quanto avviene nelle città che diventeranno così più invivibili.

Nelle zone a bassa densità, le uniche spesso che conservano un po’ di qualità, chi avrà le possibilità potrà aumentare altezza e volumetrie del proprio edificio. Gli altri, i vicini che non hanno le stesse possibilità economiche vedranno sparire spazi verdi, alberi, panorami. Avranno più traffico automobilistico e ne riceveranno un danno economico. I selvaggi che scrivono le leggi regionali saranno soddisfatti.

Gli effetti su quanto resta del tessuto industriale regionale saranno devastanti. E’ previsto infatti l’aumento delle cubature dei capannoni industriali e la possibilità di riconvertirli in abitazioni. Al difficile percorso dell’innovazione tecnologica, alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi mercati, al rischio d’impresa viene contrapposta una gigantesca autostrada per dismettere tutto, lucrare rendita e portare i soldi nei paradisi fiscali. Ci penserà Tremonti o chi per lui a farli tornare con generosissime aliquote.

C’è poi l’aspetto più grave -forse quello per cui si sono battuti con maggior determinazione i pasdaran della Regione-: aggredire le aree vincolate, cancellare i vincoli paesaggistici, minare la stessa sopravvivenza dei pochi e asfittici parchi regionali. Con la nuova legge si possono aumentare le cubature anche nelle zone sottoposte a vincolo di legge, costruendo addirittura decine di nuovi porti; si possono agevolmente superare i vincoli dei piani paesaggistici che infatti non si approveranno mai; si può costruire anche nelle aree pregiate dei parchi regionali.

E infine, la ciliegina che ha fatto inorridire perfino l’ex presidente della regione Veneto Galan, che pure dovrebbe avere uno stomaco di ferro per aver digerito l’alluvione di capannoni che funesta la regione che ha governato per tanti anni. Galan ha tuonato contro l’ennesimo condono edilizio mascherato presente nella legge. Ecco dunque il piano casa peggiore d’Italia: un miscuglio di incultura, deroghe e condoni.

Il Partito democratico si è distinto per un emendamento vergognoso, a ulteriore conferma che dalla cultura del mattone e della speculazione non si sposta ed è identico alla destra liberista. Ma una novità si coglie nell’atteggiamento della sinistra. I verdi di Angelo Bonelli e Sel hanno svolto con coerenza il proprio ruolo di disegnare un’alternativa. Di una nuova cultura che ambisce a diventare maggioritaria basata su un concetto semplice: città e territori sono beni comuni.

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