Repubblica, 5 agosto 2016
CHI ha detto che la storia è maestra di vita? Chi ha aggiunto che nessuna pagina di storia si ripete mai due volte? Non è vero, non alle nostre latitudini. Ne è prova il film proiettato nelle sale cinematografiche italiane in questi pomeriggi estivi: Porcellum 2, la vendetta. Perché il dibattito sulla riforma della legge elettorale sembra un film già visto, un déjà- vu.
Cadeva il 2011, cadeva il IV gabinetto Berlusconi. E i partiti dichiararono l’urgenza di sbarazzarsi del Porcellum, spronati — allora come oggi — dai moniti di Napolitano. Questione impellente, dirimente, conturbante. Tant’è che a un certo punto il nuovo presidente del Consiglio (Mario Monti) carezzò l’idea d’intervenire sulla legge elettorale per decreto. Ma il decreto no, non si può fare, dissero i soloni del diritto. Mentre nel frattempo i soloni dei partiti s’arrovellavano su soglie di sbarramento, premi di maggioranza, collegi uninominali o plurinominali, apparentamenti, ballottaggi. Trascorse così il 2012, poi il 2013. Quando i leader di destra e di sinistra, di sopra e di sotto, trovarono un soprassalto d’unità timbrando una tacita intesa: fermi tutti, tanto c’è pur sempre la Consulta a toglierci le castagne dal fuoco. Che infatti emise il suo verdetto attraverso la sentenza n. 1 del 2014: e nacque il Consultellum.
In seguito l’Italicum ne ha preso le veci, salutato da grandi squilli di fanfara. Dopo le amministrative di primavera, tuttavia, e in vista del referendum costituzionale d’autunno, la politica si è accorta (meglio tardi che mai) che l’Italicum può ben essere una trappola per la maggioranza di governo, e soprattutto per la democrazia italiana. Da qui un concerto di proposte, da qui un coro d’appelli a riformare la riforma elettorale. La sinistra Pd presenta il Bersanellum. I Giovani turchi puntano sul sistema greco. I Cinque Stelle insistono sul loro Democratellum. Alfano, e con lui Franceschini, chiede di spostare il premio: dalla lista alla coalizione. Concorda Sala, neosindaco di Milano. Concorda il centro- destra, o ciò che ne rimane. Accelerano due ministri (Orlando e Martina): facciamo presto, prima del referendum. Il vicesegretario del Pd (Guerini) apre ai cambiamenti. Il segretario (Renzi) apre all’apertura.
Domanda: e allora perché non è successo nulla? Perché manca ancora un testo condiviso, o almeno una bozza, un protocollo, una lettera d’intenti? Risposta: per le stesse ragioni che a suo tempo bloccarono la riforma del Porcellum: veti incrociati, opposte convenienze. Sicché, oggi come ieri, va in scena l’antica strategia dello scaricabarile. La sua prima rappresentazione si trova nella Bibbia ( Genesi, 3, 9-13). Il Padreterno domandò ad Adamo: perché hai mangiato il frutto proibito? E lui: me l’ha dato Eva. Allora il Padreterno ne chiese conto a Eva, e lei: fu il serpente ad ingannarmi. In questo caso l’inganno parrebbe un po’ meno funesto per le sorti dell’umanità, però la sequenza è sempre uguale. E infatti il governo dichiara che la correzione della legge elettorale tocca al Parlamento, il Parlamento traccheggia aspettando la Consulta. Che deciderà il 4 ottobre, mettendosi in groppa il peso del barile.
Ma su chi si scarica lo scaricabarile? Sulla Corte costituzionale, certo, già tirata per la giacca dalla riforma Boschi, con quella competenza non richiesta (e non gradita) che le assegna un giudizio preventivo sulle nuove leggi elettorali. Ma il danno ricade altresì sul sistema politico, perché la Consulta non ha ago e filo per cucire, ha solo un paio di forbici. Può tagliare qualche lembo dell’Italicum, non può confezionare un abito di sartoria. Non a caso, due anni fa, il Consultellum lasciò tutti insoddisfatti. Infine il barile si rovescia addosso ai cittadini, ed è questo il danno principale. Giacché lo scaricabarile innesca una catena di supplenze che nocciono alla certezza del diritto, come succede quando la politica — per impotenza o negligenza — nega una legge sui diritti civili. Per esempio quella sul fine vita, e allora il mestiere del supplente tocca al sindaco (170 registri dei testamenti biologici adottati in altrettanti Comuni). Oppure la
stepchild adoption, e allora diventa supplente il magistrato (con l’avallo della stessa Cassazione: sentenza n. 12962 del 2016).
Eccolo, infatti, il prezzo dello scaricabarile: la fuga dalle regole, il disordine istituzionale. E il disordine conviene solo ai furbi, non a chi cerca riparo sotto l’ombrello del diritto. Sicché, quanto alla riforma dell’Italicum, non resta che una prece da rivolgere ai Signori della Legge: questi lavori in corso, fateli di corsa.