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Alberto Vitucci
Lo scandalo della distruzione della Laguna di Venezia
27 Dicembre 2007
Vivere a Venezia
A chi chiederanno conto i posteri della distruzione che sta avvenendo nella Laguna di Venezia? Bisognerà scrivere il lungo elenco. Per ora, testimonianze della distruzione in un ampio servizio de la Nuova Venezia, 27 dicembre 2007

Laguna stravolta dai lavori del Mose

Viaggio in elicottero sui cantieri aperti in laguna. Ruspe e camion dov’erano le dune, in acqua palancole di ferro e muraglioni - Sulla spiaggia di Santa Maria del Mare gli enormi cassoni in calcestruzzo - All’Arsenale spuntano già grandi basi in cemento nei bacini un tempo utilizzati dalle imbarcazioni

Migliaia di palancole in ferro piantate in laguna fin sotto il caranto, lo strato solido su cui poggiano le palafitte che sostengono Venezia. Spianate di cemento, muri di calcestruzzo alti tre metri, bassi fondali scavati fino 20 metri di profondità. E un paesaggio che in attesa della «fase 2», quella dei cassoni e delle paratoie, è già stato scolvolto. Eccola la laguna salvata - o sfregiata, secondo i punti di vista - dai lavori del Mose. Ruspe, camion, gru e betoniere che lavorano a pieno ritmo alle tre bocche di porto.

Visti dall’alto i cantieri del Mose sembrano quasi un’operazione chirurgica di restyling della costa lagunare e dei litorali. Bisogna scendere a bassa quota con l’elicottero della Guardia di Finanza per vedere le ferite e sentire i rumori dei cantieri, che hanno modificato le abitudini della fauna selvatica nelle due oasi di Ca’ Roman e Alberoni. E poi scie di materiali, acque torbide, correnti che secondo gli esperti sono già state modificate dai lavori con conseguenze ancora poco note sul futuro equilibrio lagunare.

Punta Sabbioni. La bocca di Lido, la più vicina alla città storica, ha cambiato volto. Verso Punta Sabbioni il cemento ha ristretto il varco per almeno 200 metri. E’ il «porto rifugio» per le piccole navi in entrata durante le fasi in cui le paratoie saranno alzate. Il lato laguna di Punta Sabbioni è ormai irriconoscibile. Un chilometro di scogliera per proteggere la «conca» e un enorme catino in cemento, I camion, piccoli piccoli, danno l’idea delle dimensioni della conca. All’esterno sporge lo spiazzo, anche qui rinforzato con il cemento sui fondali, dove si dovrebbe ancorare la fila di paratoie verso Treporti. Saranno scavati in totale quasi otto milioni di metri cubi di materiali, da sostituire con altrettanto calcestruzzo. I fondali saranno «rettificati» per ospitare gli enormi cassoni e le paratoie.

L’isola. L’isola del bacàn, 13 ettari davanti alla secca naturale di Sant’Erasmo, è ormai completata. Si vedono i muri alti tre metri sul livello laguna. Da Sant’Erasmo la vista del mare è in parte occlusa. Sull’isola dovranno trovare posto i grandi edifici per il controllo del sistema e anche la nuova centrale elettrica. Per far funzionare il sistema sarà necessario produrre una grande quantità di energia elettrica. Dietro l’isola, ben visibile, è il nuovo canale - destinato a interrarsi continuamente - per far passare le motonavi.

San Nicolò. La vecchia diga è stata tagliata in più parti e «rinforzata» verso la laguna. Il cantiere ha in parte raso al suolo le dune sulla spiaggia, la diga è stata sdoppiata e ai suoi lati sono stati affondati enormi blocchi di cemento. «E questi sarebbero reversibili?», avevano scritto con la vernice quelli del Comitato No Mose.

Santa Maria del Mare. La bocca di Malamocco è quella dove i lavori sono in fase più avanzata. Quasi conclusi i rinforzi per la conca di navigazione, destinata a ospitare le petroliere. Fa un certo effetto la «piastra» in cemento, quasi venti ettari piazzati sulla spiaggia e sul tratto di mare antistante. Verso sud una nuova diga «sigilla» il cantiere dove si dovrebbero costruire gli enormi cassoni in calcestruzzo con la spiaggia. Le acque torbide testimoniano di nuovi scavi in corso. Dai bassi fondali si dovrà arrivare a profondità tra i 14 e i 20 metri per il varo dei cassoni. Dov’erano dune e spiaggia è un continuo via vai di ruspe e camion. L’intera fisionomia del luogo è stata sconvolta.

Ca’ Roman. Dall’alto è ben visibile la fetta di oasi naturalistica della Lipu «tagliata» dagli enormi cantieri. Modificata anche la linea di costa, e all’interno ormai finite la conca e il grande spiazzo in cemento per la movimentazione dei cassoni. Verso il mare si nota la diga foranea. Barriera dove qualche settimana fa si è schiantata portata dalle correnti una nave che portava i sassi dall’Istria proprio per i lavori del Mose.

Arsenale. Nei bacini di carenaggio dell’Arsenale affidati al Consorzio, si vedono già basi in cemento e nuove lavorazioni al posto delle navi. Qui si dovrebbe installare la centrale operativa del Mose.

Il Piano del territorio prevede un risarcimento per i danni

Un risarcimento per i danni ambientali provocati dal Mose. Lo prevede il nuovo Pat, il Piano di assetto del territorio approvato dalla giunta. Perché un fatto è certo: comunque la si pensi sull’utilità della grande opera, gli sconvolgimenti e gli impatti già provocati all’ambiente lagunare sono evidenti. Rumori, vibrazioni, inquinamento, modifica delle correnti e delle abitudini dell’avifauna. Anche che perché molti dei cantieri sono a ridosso di aree o naturalistiche protette, come a San Nicolò, Santa Maria del Mare, Ca’ Roman. Un rapporto sconvolgente, quello pubblicato da Ca’ Farsetti, in polemica con i tecnici del Magistrato alle Acque e il Corila, che ha l’incarico di svolgere i controlli sugli effetti dei lavori. Dopo il Comitatone del novembre 2006, quando il governo Prodi aveva autorizzato il proseguimento dei lavori del Mose, le polemiche si sono fatte più rade. Ma il contenzioso resta in piedi. Ricorsi e inchieste aperte, di cui si attende l’esito.

Tar del Lazio. Una sentenza molto importante è quella attesa a giorni dal Tar del Lazio. Si deve decidere sul ricorso presentato a Roma da Italia Nostra. L’associazione per la difesa del territorio sostiene che la delibera di autorizzazione ai lavori del Comitatone nel novembre scorso fu illegittima. Secondo la Legge Speciale, scrivono i legali di Italia Nostra, ad avere diritto di voto in quella sede sono i singoli componenti, tra cui cinque ministri. Quel giorno invece il presidente Prodi mise sulla delibera una sorta di «fiducia», e il governo si era espresso solo con il suo voto favorevole. Mentre avevano dichiarato voto contrario insieme al sindaco Cacciari i ministri dell’Ambiente e della Ricerca Scientifica, si era astenuto il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi. Un vizio di legittimità che è ora all’esame dei giudici.

Tar del Veneto. Fino ad oggi il Tar Veneto ha sempre respinto tutti i ricorsi di Comune e ambientalisti contro la grande opera, dando ragione al ministero dei Lavori pubblici e alla Regione. L’ultimo ricorso (sentenza rinviata ad aprile) è stato presentato da Ca’ Farsetti e Wwf. Riguarda i presunti abusi compiuti per i lavori del cantiere a Santa Maria del Mare. Secondo i legali del Comune Federico Sorrentino, Nicolò Paoletti e Giulio Gidoni, si tratta di un’opera «provvisoria» ma di grande impatto. Che avrebbe avuto bisogno come già stabilito da altre sentenze della Cassazione dell’autorizzazione paesaggistica preventiva.

Unione europea. «La procedura di infrazione va avanti, e il nostro interesse per Venezia è grande», ha scritto al sindaco il commissario della commissione Ambiente della Ue Stavros Dimas. Procedura aperta due anni fa dopo i ricorsi degli ambientalisti perché non sarebbero state rispettate le norme che tutelano le aree lagunari protette Sic e Zps.

Corte dei Conti. Sei mesi fa il magistrato inquirente della Corte dei Conti Antonio Mezzera ha aperto una procedura contro il Consorzio, contestando ben 57 capi d’accusa su lavori e concessione unica. L’inchiesta è aperta.

Procura. Un’inchiesta penale è aperta da tre anni alla Procura di Venezia. Nata da numerosi esposti e da un rapporto dei carabinieri del Noe e del ministero per l’Ambiente sull’illegittimità di alcuni cantieri.



I numeri della maxi-operazione in laguna

Già finanziati dallo Stato 1,9 miliardi di euro Ne mancano ancora 2,4 per terminare l’intervento

Una «grande opera» da 4300 milioni di euro. Che si dovrebbe concludere stando ai progetti entro il 2012. Ma i finanziamenti scarseggiano, e uno slittamento è ormai quasi certo. Dal 2003 a oggi il Consorzio Venezia Nuova - concessionario unico dello Stato per la salvaguardia della laguna - ha ricevuto dallo Stato circa 1900 milioni di euro. Ne mancano 2400, che dovrebbero essere finanziati con il ritmo di almeno 500-600 l’anno. La Finanziaria 2008 ne ha assegnati 170, che - in aggiunta a quelli già stanziati l’anno scorso - consentono di andare avanti con i lavori almeno fino a primavera. Sono state completate quasi tutte le opere preliminari e le dighe foranee. Il Mose vero e proprio è costituito di tre sbarramenti alle bocche di porto: 79 paratoie da 30 per metri per 30 ancorate sul fondo ai cassoni in calcestruzzo. Nella bocca più grande (il Lido, larga 900 metri) la barriera sarà divisa in due con un’isola al centro. (a.v.)

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