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Franco Cordero
L’intoccabile padrone di rutulia
28 Marzo 2009
Scritti 2009
L'autore è uno dei pochissimi benemeriti che ricordano agli happy few chi è Re d'Italia, e perchè. La Repubblica, 28 marzo 2009

I lettori dello «Stylus» chiedono particolari sulla demenza rutula. Eccoli, cominciando dai 617 giorni nei quali la cosiddetta sinistra commette uno sbalorditivo suicidio. Mancano solo i berretti a sonagli che gli xilografi del Narrenschiff (Nave dei folli), Basilea 1493, mettono in testa ai matti naviganti: l’ondivago ministro della povera giustizia (che scherzo affidargliela) dissente quand même; estremisti verbosi litigano, gonfi come pavoni; nomenclature del partito futuribile coltivano freddo cannibalismo; il rifondatore comunista, presidente della Camera, discute le scelte governative, cerca Dio, disserta in erre moscia nel lugubre salotto televisivo; tiene la ribalta un minuscolo capopartito sentendosi in pugno le sorti del ministero appese a due voti, quanti sono i parlamentari che gli stanno dietro. In tali acque Leviathan nuota padrone e il governo cade nel tripudio sguaiato della destra.

In sella finge d’essere un altro, senza i denti, la pelle e la coda del Caimano, raccogliendo applausi anche ex adverso, imperdonabili, ma la prima mossa è uno scacco a Dike: il voto servile delle Camere lo consacra immune; finché duri in carica, non è perseguibile, qualunque sia l’accusa; lo scudo copre passato e futuro, lungo futuro perché dopo i cinque anni della legislatura, ne calcola almeno sette, rinnovabili, presidente d’una repubblica da farsa nera. I Rutuli sono eguali davanti alla legge: lodo invalido, dunque; la questione sarà risolta da una Corte ed è prevedibile il pandemonio nell’ipotesi virtuosa, che la dea senza benda sgomini denaro, paura, esche; sarebbe la seconda volta. Pro domo sua batte bandiera garantista, rectius criminofila, col disegno d’una giustizia manovrabile dall’esecutivo: le intercettazioni, ad esempio, vanno proibite dove risultano più utili, affinché i colletti bianchi delinquano tranquilli; e cosa non succederà appena abbia rimosso l’ultimo ostacolo. Il suo Giovanni Battista, patrono, attuale sponsor, è tal Licio Gelli, Venerabile d’una famosa loggia criminalmassonica. La politica diventa stato d’eccezione permanente: vuol comandare con dei decreti che il parlamento converta in legge sull’attenti; l’ultimo istituisce ronde volontarie (seppellendo Stato e diritto, deprecava un monsignore: voce seria; i superiori lo smentiscono, fulminei). La Carta impone dei limiti? Non gli fanno caldo né freddo: basta riscriverla; è vecchia, affetta da vizi congeniti. Monco dell’organo morale ed estetico, ignorante, sopraffattore, offre spettacoli del genere narrato da Ammiano Marcellino nella Roma IV secolo: balla, strepita, ride, plagia, azzanna, froda; gli serve una Rutulia istupidita, gaglioffa, questuante, sbracata, ridanciana, e da trent’anni se la lavora mediante ipnosi televisiva seminando un’asfissiante volgarità. L’ha nell’ugola e viene fuori, incoercibile come i versi d’Ovidio. Nella conferenza stampa col capo d’uno Stato straniero biascica dei fonemi. Praticanti d’alfabeto labiale leggono: «moi je t’ai donné ta femme»; no, informano gli addetti all’augusta parola, ricordava d’avere «étudié à la Sorbonne». Allora parliamo latino, «risum teneatis».

«Stylus» è rivista colta. I lettori domandano se abbia precedenti nella storia rutula. Sì, molti. Non erano meglio i signorotti la cui fine miserabile, per mano del duca Valentino, Niccolò Machiavelli racconta ai Dieci, die prima ianuarii 1502, testimone diretto in Senigallia, ma Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, Francesco e Paolo Orsini (gli ultimi due strangolati 18 giorni dopo, quando Sua Santità Alessandro VI s’era impadronito del cardinale Giambattista), nonché l’antagonista Cesare Borgia, usavano armi povere, in piazze esigue dagli equilibri instabili, mentre i media posseduti da costui lavorano midolla, neuroni, ghiandole. Frollati al punto giusto, i sudditi non percepiscono più quel che avviene, né avvertono le contraddizioni: dimenticano l’appena accaduto; intrattengono falsi ricordi; odiano a comando; parole, frasi discorsi, gesti, sono materia regolata dal Cervello collettivo. L’icona del regime è uno spegnitoio: quel cono nero sulla punta della pertica con cui i sacrestani estinguevano le candele; «abajo la inteligencia», gridava un capobanda franchista

Siamo nel laboratorio d’Alcina, vecchia fattucchiera: in pubblico compare sotto varia cosmesi, artefatto dai capelli ai tacchi, mentre lo schermo dei meeting presenta un enchanteur, giovane, magro, sorridente; fotografie d’alto valore clinico lo fissano nella posa della soubrette, braccia levate, palme in fuori, un piede avanti, l’altro sulla punta, e spalanca le fauci a salvadanaio. Lo spirito scende nelle parti molli del ventre. La Rutulia però è l’unico paese evoluto dove lo Stato paga i preti perché insegnino dogmi nelle sue scuole, e la religione farà media con lingue, storia, filosofia, matematica, scienze naturali. Particolare curioso: in articulo mortis quel Vitellozzo Vitelli invoca l’assoluzione plenaria dal papa, complice del figlio nell’agguato mortale; ancora adesso qualcuno crede che i papi abbiano le chiavi del cielo. Pochi giorni fa un tribunale condanna a quattro anni e sei mesi l’avvocato londinese falso testimone D.M.; era reo spontaneamente confesso; una sua lettera al consulente fiscale spiegava la fonte dei 600 mila dollari: regalo d’un cliente affinché nascondesse pericolosi affari fiscali. Risarcirà i danni alla presidenza del consiglio, costituita parte civile. Qui saltano fuori i berretti a sonagli: presidente del consiglio e corruttore unus et idem sunt, Leviathan, allora (1998) ex capo del governo, rivincitore predestinato, ora intoccabile.

La xilografia da cui è tratta l'icona, e che è riportata nell'articolo, "illustrava il poema morale e satirico di Sebastian Brant La nave dei folli (1494). Due stolti accolgono sulla propria barca Adamo ed Eva, accompagnati dai simboli della loro vicenda nel Paradiso Terrestre (l'albero delle mele proibite e il serpente tentatore)" (da encarta).

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