la Repubblica, 2 novembre 2017 «Una leggina siciliana ha escluso sanzioni per i funzionari che non eseguono gli abbattimenti» (c.m.c.)
All’ultimo piano della palazzina di via Giarretta, a Licata, la scorta che veglia sulla sua sicurezza sbarra l’accesso alla porta del dirigente dell’Urbanistica. Nella sua stanza, l’ingegnere Vincenzo Ortega continua a firmare ordinanze di demolizione di case abusive: sono già 111 quelle abbattute da aprile nel Comune dove, ad agosto, il sindaco Angelo Cambiano (finito anche lui sotto scorta per aver dato il via alle ruspe, e ora assessore in pectore di Giancarlo Cancelleri se il M5S dovesse vincere le elezioni regionali) è stato mandato a casa con una mozione di sfiducia da una larga maggioranza di consiglieri, alcuni dei quali proprietari di immobili fuorilegge.
Ma Ortega firma ormai quasi a malincuore. «Mi creda, non capisco più per chi sto lavorando e per che cosa. Mi hanno lasciato solo. Non mi sta più bene di essere additato come il cattivo della situazione. A mia moglie e a mio figlio che ogni giorno mi chiedono perché solo io, in Sicilia, firmo ordinanze di demolizione, non so più cosa rispondere. Ho spiegato loro che far rispettare sentenze della magistratura non è un atto nè eroico né politico ma soltanto un dovere. Ma loro mi dicono: e tutti i sindaci che si oppongono alle demolizioni e tutti i tuoi colleghi che non danno corso alle sentenze com’è che non succede nulla? La magistratura, la politica che fanno?».
La politica agisce dietro le quinte. In Sicilia, proprio nei giorni in cui la vicenda del sindaco di Licata, con grande clamore mediatico, diventava l’emblema della lotta all’abusivismo, l’Assemblea regionale ha approvato una modifica al testo unico dell’edilizia in modo tale da prevedere il commissariamento, in caso di inerzia nel rispetto delle norme, solo degli organi politici e non più dei funzionari pubblici. Insomma un “liberi tutti” della burocrazia sulla quale adesso la Regione non può più intervenire in caso di inadempienze.
Ingegnere Ortega, lei continuerà a firmare ordinanze di demolizione?
«Lo ripeto, con amarezza e senso di responsabilità. Non è una mia scelta. A Licata stiamo solo dando corso a sentenze della magistratura che, in moltissimi casi, arrivano con grande ritardo anche a 30 anni di distanza dagli abusi. Ci siamo dati come priorità di abbattere le case costruite in zona di inedificabilità assoluta, entro i 150 metri dal mare, che non possono essere oggetto di alcuna sanatoria. Io lavoro qui da vent’anni, conosco praticamente tutti i proprietari degli immobili che vengono demoliti, li incontro ogni giorno per strada, capisco il loro dolore, ma posso affermare che, su quelle case, l’abusivismo per necessità di cui molti parlano non esiste».
Si sente una mosca bianca, pensa di essere sovraesposto?
«In città si respira un’atmosfera che, se non è esplosiva come qualche mese fa, è comunque di tensione, anche se già una ventina di titolari di immobili ha demolito di propria iniziativa. Certo, vedere che in tanti altri Comuni siciliani, gravati da un abusivismo di importanti dimensioni, a cominciare dalla vicina Palma di Montechiaro, le demolizioni non vengono effettuate non aiuta né alla consapevolezza della situazione né tantomeno alla sua soluzione. Un anno fa mi hanno bruciato la macchina, io e la mia famiglia continuiamo a vivere sotto scorta. Mi chiedo: cosa succederà? Andremo avanti così e per quanto? Oppure magari tra qualche tempo ci troveremo a fare i conti con nuove norme e io passerò alla storia come il dirigente che ha privato della casa decine di persone?».
Lei intanto procede con le gare per le demolizioni?
«Sì, siamo alla terza e questo è un altro atto dolente. Perché gli abusivi non pagano e non pagheranno mai gli oneri di abbattimento che spetterebbero loro e i Comuni devono anticipare somme che non hanno. A Licata abbiamo già impegnato quasi due milioni di euro. Ecco, magari alla fine a bloccare le demolizioni sarà il fallimento di molti Comuni».