il manifesto, 9 luglio 2017
Amburgo. Centomila per alcunii partecipanti, 80mila per altri, 76mila nell’annuncio ufficiale degliscrupolosi organizzatori. Comunque tante e diverse persone hanno saputosconfiggere la paura, creata da esponenti governativi e dai media nazionali elocali, dopo gli scontri della notte.
Migliaia di giovani avevanoinfatti tenuto impegnate le forze dell’ordine per almeno quattro ore, travenerdì e sabato, in un vero e proprio «riot urbano»: erette e incendiatediverse barricate nel quartiere di Sternschanze, la polizia tenuta lontana dallancio di sassi e due supermercati interamente saccheggiati. Al di là delcontributo di alcuni gruppi organizzati, è stato evidente il coinvolgimentoattivo di migliaia di giovani abitanti di Amburgo, prevalentemente immigrati diseconda generazione, in una sorta di «carnevale di riappropriazione eautodifesa delle strade» dal dispositivo di militarizzazione, che si era vistoall’opera negli ultimi giorni.
Solo verso le due del mattino gli apparati di sicurezza sono riusciti ariprendere il controllo della situazione: con ripetute cariche, l’uso degliidranti e il lancio massiccio di gas lacrimogeni e irritanti, ma anche con ilrastrellamento di interi isolati, a mitra spianato, ad opera dei repartispeciali Sek.
Pesanteil bilancio dellanottata: secondo fonti ufficiali, sono 213 gli agenti feriti, un centinaio imanifestanti (ma molti hanno preferito rivolgersi per le cure alla Saniautogestita), per fortuna nessuno in modo grave, e 203 le persone fermate.Questo clima non ha scoraggiato, anzi, quanti si sono presentati, a partiredalle 11 di sabato mattina, in Deichtorplatz. La stessa composizione del corteoha saputo esprimere tutta la ricchezza di contenuti della mobilitazioneanti-G20. Ad aprire la marcia la rappresentanza delle delegazioniinternazionali presenti ad Amburgo: tra questi i greci della rete Diktyo e delCity Plaza occupato, i sindacalisti francesi di Sud-Solidaires, molti attivistiscandinavi e olandesi. Poi, forte di almeno 7.000 presenze lo spezzone dellecomunità curde in Germania, molte donne e molti giovani, uniti sotto le paroled’ordine del «confederalismo democratico», pronti a difendere l’esperienzadella Rojava autonoma e a denunciare le ambigue relazioni tra il governo Merkele il regime del sultano Erdogan. Subito dopo, in più di diecimila, le attivistee gli attivisti delle reti di movimento «post-autonome» tedesche, la «SinistraIntervenzionista» e «Ums Ganze», protagonisti della giornata dei blocchi divenerdì e, a seguire, i gruppi autonomi e anarchici di «Welcome to hell».
Particolarmentevivace, come da tradizione, il blocco dei tifosi del Sankt Pauli, ilcui stadio è stato uno dei punti di riferimento per la preparazione nell’ultimoanno della protesta contro il vertice. Significativo lo spezzone dei movimentidei migranti e delle associazioni di solidarietà, a partire da quelle impegnateanche nel Mediterraneo, come Sea Watch e Jugend Rettet, a marcare come laquestione della libertà di movimento, dell’apertura dei confini e diun’accoglienza solidale e degna, sia tema decisivo di qualsiasi propostapolitica globale. Poi arrivava l’arancione di Attac; le «tute bianche» deimovimenti contro i cambiamenti climatici e per una radicale conversioneecologica del sistema produttivo nella coalizione Ende Gelände; le bandiererosse del partito die Linke; gli striscioni del sindacato Ver.di, deimetalmeccanici della Ig Metall e di alcune sezioni della stessa confederazioneDgb.
Un arcobaleno di colori e di proposte di rottura con il modellorappresentato dai Venti Grandi e in sostanza difeso da un corteo, «Hamburgzeigt Haltung», convocato dai socialdemocratici e associazioni collaterali innome di un generico «sostegno ai diritti umani», che avrebbe volutocontrobilanciare le contestazioni, ma che ha raccolto circa 4mila partecipanti.
Dasegnalare provocazionidella polizia: un attacco con gli idranti ai margini della piazza conclusiva e,soprattutto, diversi controlli, perquisizioni e fermi nei confronti diattivisti che venissero riconosciuti come «italiani, francesi o spagnoli».Inutili arroganze, a lavori del summit ampiamente conclusi, di cui ha fatto lespese anche l’europarlamentare della Lista Tsipras, Eleonora Forenza (poirilasciata; mentre scriviamo altre persone sono ancora in stato di fermo).
Ma al di là di questo, la riuscita della manifestazione della«Solidarietà senza confini» ha degnamente concluso una settimana dimobilitazione e lotta capace di mostrare, in modalità assai differenti fraloro, un campo ricco di proposte alternative all’esito, semplicementedisastroso, del vertice dei G20. Come tali conflitti e tali alternative sianocapaci di connettersi, convergere e costruire forza comune, in modo dariequilibrare, se non rovesciare, i rapporti di potere dati, è questionestrategica ancora tutta da affrontare.