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Dario Pappalardo
Libera arte in libero Stato
5 Aprile 2017
Beni culturali
I facilitatori della privatizzazione e mercificazione di ogni bene riducibile a merce continuano imperterriti il loro cammino. Chi li fermerà?

la Repubblica, 5 aprile 2017

I detrattori lo chiamano “Svendiarte”. I fautori, al ministero dei Beni culturali, parlano di “facilitazione”. Ora, alla Camera, all’interno della Legge 2085 per il mercato e la concorrenza – su cui è stata posta la fiducia – si vota anche per il fantomatico articolo 68: che riguarda la circolazione internazionale delle opere d’arte. La soglia temporale perché un bene possa essere dichiarato culturale passa dai cinquanta ai settanta anni (come era già per i beni immobili pubblici). Si introduce poi un tetto di valore economico: 13.500 mila euro. Opere del valore uguale o inferiore potranno essere esportate dall’Italia senza autorizzazione, anche se realizzate più di settant’anni fa da un autore scomparso. Nascerà un registro informatico e un passaporto per favorire la circolazione. Da cui restano esclusi, però, reperti archeologici o provenienti da monumenti smembrati, così come i manoscritti o i testi a stampa più antichi
Tutto bene così? No, perché basterà una semplice autocertificazione con cui il proprietario potrà dimostrare di rispettare i parametri per portare i suoi beni oltre confine. Ed è su questo punto più fragile che i nemici della nuova normativa danno battaglia. Italia Nostra ha lanciato un appello e inviato una lettera al presidente della Repubblica, chiedendo lo stralcio dell’articolo 68. «È una legge fatta apposta per il mercato dell’arte. A perderci sono lo Stato e il nostro patrimonio – dicono dall’associazione – Significa mettere su piazza i tesori artistici del Novecento, regalandoli ai mercanti internazionali».

Nel mirino c’è anche il gruppo di interesse Apollo 2, che rappresenta case d’asta, antiquari e galleristi e che avrebbe ispirato la norma. Dal ministero smentiscono: «Con Apollo 2 abbiamo dialogato come con tante realtà, ma gli antiquari sperano da anni nella liberalizzazione del mercato
tourt court e chiedono la libera circolazione di opere antiche anche di duecento anni. Tutto ciò che è bene vincolato non potrà mai uscire dallo Stato. Un’opera di Lucio Fontana del 1961, quindi realizzata meno di settant’anni fa, sarà bloccata lo stesso per il suo interesse culturale: ci sarà una norma di salvaguardia. Con questo provvedimento snelliamo le procedure: oggi per portare all’estero una collezione di Oscar Mondadori storici ci si deve rivolgere alle autorità. Si arriva ad eccessi assurdi»
Ma non è rischioso affidare tutto a un’autocertificazione, permettendo che opere denunciate a un valore basso possano essere rivendute all’estero a prezzi clamorosi? Al Mibact c’è chi dice che la nuova legge scontenta i funzionari che prima avevano il potere di decidere sulle esportazioni: «C’è un giro molto intrecciato di interessi – dice una fonte che vuole rimanere anonima – anche di quelli che fanno l’expertise delle opere. Alcuni soggetti saranno costretti a prendere meno decisioni. Ci sarà comunque chi vigilerà. La norma non è mai pericolosa, semmai sono gli individui che devono applicarla bene. La legge favorirà il mercato? Tra i parametri europei di valore delle opere è stato scelto quello più basso: la soglia di 13.500 euro ». In Francia, in effetti, si possono esportare opere che valgono fino a 150mila euro; in Germania il tetto è di 300mila per beni da esportare all’interno dell’Unione Europea e 150mila per quelli extra Ue. «Ma se adottassimo anche noi la soglia di 150mila euro, come pure qualcuno vorrebbe fare, dal nostro Paese uscirebbe di tutto – spiega il presidente di Italia Nostra Marco Parini – Non possiamo paragonarci a un altro Stato: nessuno può vantare lo stesso patrimonio. Eppure oggi i beni culturali vengono ridotti a merce. Un articolo che li disciplina è stato discusso all’interno della Commissione Industria, non in quella Cultura, tra provvedimenti pensati per i taxi. Si favorisce l’aspetto mercantile».
Qualcuno, in verità, applaude. «Sì, una norma del genere può dare una piccola mano al mercato che ha vissuto un’annata non delle migliori – precisa Mauro Stefanini, presidente dell’Associazione nazionale gallerie d’arte moderna e contemporanea – Permettere a un’opera che ha meno di settant’anni di uscire dall’Italia significa promuovere la conoscenza dell’arte contemporanea all’estero. Alzare le barricate è assurdo. Con una soglia di 13.500 euro dire che il patrimonio è tutelato è dire poco».
Chi conosce bene il mercato del contemporaneo sa però che un provvedimento del genere non può incidere più di tanto: «Tredicimila euro? È la cifra che può valere un capolavoro tutto da scoprire. Il mercato dell’arte in Italia è frenato dalla burocrazia – spiega Alessandro Rabottini, direttore della fiera Miart, che ha appena chiuso la sua ventiduesima edizione – Si tende a proteggere il nostro patrimonio, ma poi i musei italiani non sono messi in condizione di fare nuove acquisizioni per mancanza di budget. E i collezionisti non dialogano con le nostre istituzioni: non cedono opere in comodato d’uso perché non possono usufruire di seri sgravi fiscali. In Italia manca ancora un sistema virtuoso dell’arte». E forse anche un tavolo lungo abbastanza per far accomodare tutti i soggetti che dovrebbero tentare di costruirlo.

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