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Costantino Cossu
lI cemento si riprende le coste
8 Agosto 2012
Sardegna
Sembra che non tutto il Consiglio regionale della Sardegna sa parte della “lobby dei costruttori”. La maggioranza vince sempre?. Il manifesto , 8 agosto 2012

Il consiglio regionale sardo approva le «linee guida» per cambiare il Piano paesaggistico. La lobby dei costruttori fa festaIl 23 luglio il consiglio regionale della Sardegna ha approvato a maggioranza le «Linee guida alla modifica del Piano paesaggistico regionale» presentate dalla giunta di centro destra guidata da Ugo Cappellacci. È il primo passo verso lo smantellamento della legislazione di tutela delle coste che l'isola si è data durante l'amministrazione Soru (dal 2004 al 2008). Il Piano, approvato nel 2006, considera le coste bene ambientale da preservare, sulla traccia del Codice Urbani e dell'articolo 9 della Costituzione. L'intera fascia costiera viene messa al riparo dalle logiche speculative e/o di pura e semplice profittabilità economica, che, in Sardegna come nel resto d'Italia, hanno portato, in aree vastissime, a uno spaventoso dissesto del territorio. Tutti i comuni sono sollecitati ad approvare Piani urbanistici che limitino le cubature disponibili per le nuove costruzioni e puntino invece al recupero e al restauro del patrimonio immobiliare esistente.

Su questo progetto la giunta Soru, e in particolare il suo presidente, avevano puntato molto. Era un elemento centrale del programma di governo. Il Piano paesaggistico regionale (Ppr) è uno dei risultati positivi di un'amministrazione che contro la devastazione delle coste, mossa dagli interessi di una potente lobby di costruttori e di speculatori, si è schierata sin dall'inizio con coerenza e determinazione; e che questa scelta, alla fine, ha finito per pagare a caro prezzo. Bisogna ricordare, infatti, che la giunta Soru cadde con quasi un anno di anticipo rispetto al termine della legislatura perché il suo presidente dovette prendere atto, con le dimissioni anticipate, della resistenza di una parte cospicua della sua stessa maggioranza ad estendere - come il Codice Urbani prevede - le norme di tutela paesaggistica dalle coste all'intero territorio dell'isola. Nel tardo autunno del 2008 Soru si dimise contando di poter imporre ai suoi alleati il rispetto del programma di governo attraverso una riconferma del mandato che gli elettori gli avevano conferito quattro anni prima. Le cose, però, non andarono così. Durante la campagna elettorale Silvio Berlusconi in persona venne a più riprese in Sardegna per sostenere un candidato, Cappellacci, che dello smantellamento del Piano paesaggistico regionale aveva fatto un punto cardine della futura di agenda di governo. Agitando l'argomento propagandistico secondo il quale il Ppr, bloccando l'edilizia (una delle principali attività economiche di una regione che ha un apparato industriale debolissimo e per buona parte in via di smantellamento), avrebbe causato la perdita di migliaia di posti di lavoro, ilcandidato del centro destra riuscì ad intercettare una fascia ampia di opinione pubblica.

A urne chiuse, nel febbraio del 2009, Cappellacci riuscì a prevalere, anche se di poco, su Soru. Da quel momento la pressione della lobby dei costruttori edili che avevano sostenuto la candidatura del pupillo sardo del Cavaliere, cominciò ad esercitarsi con forza. La cambiale doveva essere pagata, e a meno di due anni dalle elezioni regionali non si può più aspettare.

Cappellacci non ha agito subito perché smantellare il Ppr non è facile. Intanto c'è la resistenza politica dei gruppi ambientalisti e della minoranza di centrosinistra schierata (con sfumature e gradi di convinzione diversi) con un Soru che si muove attraverso la sua associazione, Sardegna democratica, per fermare i cementificatori. E poi il Piano è uno strumento di rigorosa attuazione non solo del dettato costituzionale, ma anche della legislazione nazionale (in primis il Codice Urbani) di tutela del paesaggio. Non ha caso esso ha resistito a diversi ricorsi presentati in sede amministrativa, con il Tar che è sempre intervenuto a respingere i tentativi di invalidarlo in tutto o in arte. Smontarlo significa esporsi ad azioni legali già annunciate da Italia nostra e da Legambiente e anche all'azione di controllo che lo Stato, e in particolare le Sovrintendenze e il ministero dei Beni culturali e ambientali, sono chiamati a svolgere nell'ambito delle loro competenze istituzionali.

È per questo che le «Linee guida» presentate da Cappellacci e approvate dal Consiglio regionale puntano non alla cancellazione del Ppr ma a un suo snaturamento per vie indirette. Un solo esempio. Si legge a pagina 20: «Più che la norma vincolistica che assume efficacia solo nei confronti della conservazione, dovranno emergere maggiormente le prescrizioni e gli indirizzi». Ebbene, questa impostazione in Italia è purtroppo molto diffusa, con esiti nefasti. Si pensi soltanto al «Documento di indirizzo» ideato dalla ex-sindaco di Milano, Letizia Moratti, in sostituzione del Piano regolatore generale del capoluogo lombardo, non a caso prontamente sospeso dalla giunta Pisapia. Indirizzi e non regole certe.

La giunta regionale sarda questo vuole: sostituire alle regole certe stabilite dal Ppr indirizzi generali fissati con una delibera della giunta Cappellacci. Maglie larghe che consentirebbero ai costruttori di riprendere a cementificare le coste seguendo la bizzarra definizione di «sviluppo sostenibile» contenuta alla oagina 15 nelle Linee guida: «Sviluppo sostenibile, ovvero un equilibrio tra esigenze di tutela ambientale e sviluppo economico che consenta da una parte di soddisfare i bisogni delle persone senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i loro bisogni, dall'altra di generare reddito anche nell'immediato. In un quadro che garantisca la mediazione tra la tutela delle risorse primarie del territorio e dell'ambiente e le esigenze socio-economiche della comunità».

«A chi parla di mediazioni tra elementi diversi - commenta Edoardo Salzano, l'urbanista veneziano che ha guidato il gruppo di lavoro che a suo tempo ha redatto il Ppr - bisogna ricordare sempre che il risultato della mediazione dipende dalla diversa forza e consistenza dei due elementi, in questo caso profitti e ambiente, tra cui si vuole mediare. E certamente nella Sardegna e nel mondo di oggi, e in particolare nella compagine di cui Cappellacci è espressione, la forza degli interessi economici basati sull'appropriazione d'ogni bene riducibile a merce e suscettibile di arricchirne il possessore è una forza ben maggiore di quella degli interessi volti a riconoscere e a tutelare il valore delle qualità che natura e storia hanno costruito, che è espressa dal paesaggio: quelle qualità che sono la base di ogni possibile domani migliore».

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