C'è anche il silenzio-assenso per la concessione edilizia nel disegno di legge sul governo del territorio approvato dalla Camera martedì. L'ha introdotta, proprio all'ultimo comma, l'ultimo emendamento approvato su proposta di Forza Italia: quello che introduce l'articolo 13 con l'elenco delle norme da considerare abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina. Il silenzio assenso sostituisce il silenzio rifiuto previsto oggi al comma 9 dell'articolo 20 del testo unico sull'edilizia ( Dpr 380/ 2001).
La modifica, qualora la legge fosse approvata anche dal Senato, comporterebbe un ulteriore spostamento delle domande dallo strumento della Super Dia, prevista nello stesso testo unico, verso la concessione. Un movimento già in atto, visto che non pochi sostengono già oggi che il procedimento della Super Dia tutela poco chi lo utilizza nel caso di pesanti operazioni di ristrutturazione.
A confermare il passo indietro sulla Superdia è lo stessa legge varata da Montecitorio.
Dopo il braccio di ferro con cui lo Stato aveva imposto alle Regioni l'allargamento della Dia, ora la " legge Lupi", attentissima a un rapporto equilibrato con i Governatori, fa una parziale marcia indietro: e lascia libere le Regioni, con il comma 1 dell'articolo 11, di individuare « le categorie di opere e i presupposti urbanistici in base ai quali l'interessato ha la facoltà di presentare la denuncia di inizio attività in luogo della domanda di permesso di costruire » .
Ma la legge sul governo del territorio è soprattutto riforma della legge urbanistica del 1942 ( è la n. 1150) e ammodernamento degli strumenti urbanistici.
Con l'obiettivo di sanare dieci anni di ritardo della legislazione statale rispetto alle legislazioni regionali e di consolidare le discipline regionali, andate avanti a forza di strappi. Formalmente, la legge approvata a Montecitorio è anche la prima legge di principi dello Stato sulle materie a competenza concorrente. Una legge leggera nella forma ( qualche detrattore la definisce " legge di slogan") ma pesante nella sostanza. Il salto rispetto alla disciplina statale vigente è enorme — una specie di crollo del muro di Berlino — con l'abbandono della vecchia urbanistica dirigista fondata sul Piano regolatore unico e sugli espropri e l'avvio di una nuova urbanistica cui non manca nessuno degli strumenti innovativi sperimentati dalle Regioni in questi anni: ! lo sdoppiamento del vecchio Piano regolatore generale, ora « piano urbanistico » comunale in « strutturale » per le invarianti di lungo periodo e « operativo » con le destinazioni di uso delle aree ( articolo 6); " l'utilizzo di strumenti di redistribuzione dei « diritti edificatori » all'interno di comparti omogenei, come la compensazione e la perequazione ( articolo 9); la priorità data agli interventi di rinnovo urbano rispetto alla nuova edificazione ( articolo 6, comma 4); il principio di sussidiarietà verticale che elimina le sovrapposizioni di competenza fra Regioni, Province e Comuni, assegnando al Comune le competenze di pianificazione urbanistica e di « soggetto primario titolare delle funzioni di governo del territorio » ( articolo 5); le premialità assegnate in termini di metri cubi aggiuntivi « al fine di favorire il rinnovo ubrano e la prevenzione di rischi naturali e tecnologici » ( articolo 9, comma 4); la legittimazione definitiva di strumenti di urbanistica negoziata che qui vengono individuati come prioritari ed elevati a sistema, per quanto debbano avvenire « nel rispetto dei principi di imparzialità amministrativa, di trasparenza, di concorernzialità, di pubblicità e di partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati all'intervento » ( articolo 5, comma 4); la sostanziale riforma degli « standard » che abbandona il rigido rapporto quantitativo fra aree edificabili e aree da destinare agli interessi collettivi per prevedere, invece, in funzione della necessità delle singole aree, lo sviluppo di servizi adeguati ( si pensi a parcheggi o a centri sportivi) che potranno anche essere forniti direttamente da privati anziché attraverso il circuito esproprio opera pubblica ( articolo 7). Recepiti gli strumenti sperimentati in sede locale Dai privati le aree per parcheggi e centri sportivi
Una spinta all'innovazione
I provvedimenti regionali che hanno anticipato le nuove regole
Piano regolatore più flessibile, co pianificazione tra enti territoriali, perequazione di diritti edificatori, programmi pubblico privato, piano dei servizi.
Da dieci anni l'innovazione in materia di leggi urbanistiche arriva dalle Regioni, con lo Stato nel ruolo di vecchio padre tollerante, in ritardo nel seguire le novità ma quasi mai rigido nel dare via libera agli strappi rispetto alle leggi statali vigenti. Per la maggior parte delle Regioni, dunque, 13 su 21, molte delle novità della " legge Lupi" sono già in vigore.
Dalla fine del 2001, poi, con l'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, è scomparso anche il visto preventivo del Governo sulle leggi regionali, e la spinta all'innovazione ha accelerato ancora di più.
La prima riforma urbanistica è arrivata dalla Toscana, con la legge 5 del 16 gennaio 1995. Prima di allora le Regioni, pur titolari fin dal 1970 della potestà legislativa concorrente in materia urbanistica, si erano limitate a fare leggi fotocopia rispetto alla legislazione statale. Ma dal 1995 è partita un'ondata riformatrice che ha coinvolto 13 Regioni su 21. Il vecchio piano regolatore, dettagliato e rigido, è rimasto solo in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Provincia di Trento, Marche, Abruzzo, Molise, Sardegna e Sicilia. E di fatto anche in Puglia, dove la legge del 2001 è ancora priva dell'indispensabile regolamento attuativo.
Tra leggi di centrosinistra ( le prime e più numerose) e leggi di centrodestra, sono più le analogie che le differenze. Il trend riformatore è stato in gran parte unitario, sulla base delle idee lanciate dall'Inu ( Istituto nazionale di urbanistica) a inizio anni 90.
Il concetto base che troviamo in tutte le leggi regionali è l'obiettivo di rendere il piano urbanistico comunale più flessibile dividendolo in due: da una parte il piano strutturale, con gli indirizzi di fondo e i vincoli ambientali, valido a tempo indeterminato e non conformativo della proprietà, con indicazioni non dettagliate su indici edificatori e destinazioni; e dall'altra il piano operativo, dove si prevedono le grandi trasformazioni da attuare in cinque anni. Gli indirizzi di fondo, flessibili, restano stabili, ma i dettagli e la scelta delle aree prioritarie si decidono in base al mercato e alle scelte del sindaco.
Importante anche la disciplina dettagliata delle aree già costruite, con la possibilità di fare interventi di recupero senza aspettare fantomatici piani particolareggiati che per decenni avevano ingessato i centri storici. Questa è contenuta di solito in regolamenti urbanistici da approvare insieme al piano strutturale, ma nelle leggi più recenti, con ulteriore semplificazione, è stata incorporata nello stesso piano strutturale: così in Campania ( legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16), Umbria ( 22 febbraio 2005, n. 11) e Lombardia ( 11 marzo 2005, 12).
Sempre presente anche la copianificazione Regione Provincia Comune e i programmi complessi pubblico privato, e quasi sempre la perequazione urbanistica, cioè l'assegnazione di diritti edificatori che rende più equa ed efficace la trasformazione urbana.
In ordine sparso sono invece arrivate altre innovazioni. Toscana e Lombardia hanno lanciato per prime, nel 1999, la Superdia in alternativa alla concessione edilizia, poi recepita nel 2002 a livello nazionale. La stessa Lombardia, sempre nel 1999, ha introdotto il concetto di standard prestazionale ( non in metri quadrati) per i servizi pubblici, previsto poi anche dall'Emilia Romagna ( legge 20/ 2000) e dalla Calabria ( 19/ 2002).
Lo stesso accordo con soggetti privati ai fini della pianificazione, uno dei punti innovativi della legge Lupi, è stato inventato dalla legge Emilia Romagna del 2000, ed è presente anche nella legge Veneto 11/ 2004.
Lo strappo più forte è comunque arrivato dalla Lombardia, con una legge ( la 12/ 2005) diversa da tutte le altre. Alla parte strutturale del piano, infatti, non segue un piano operativo generale su tutta la città, ma direttamente i piani attuativi su singole aree. Peso decisivo è così dato alle proposte dei privati e alle scelte caso per caso che su di esse fa la Giunta comunale ( i piani non vanno in Consiglio). La Lombardia da quest'anno punta all'attuazione su singole aree
30 giugno 2005