«Con tutto il rispetto per chi si è innamorato del progetto del ponte sullo stretto di Messina le vere grandi opere pubbliche di cui ha bisogno il Paese sono altre: le depurazioni del mare, una politica nazionale sui rifiuti, la riduzione dell'aggressione al territorio e delle finanze dell'ecomafia». Altro che progetti faraonici di dubbio impatto ambientale: le vere priorità, ha detto ieri il ministro per l'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, stanno altrove.
Per affrontarle senza timidezze («se non è pensabile risolvere tutti i problemi su alcune questioni cruciali, che stanno nel programma dell'Unione, mi batterò perché si aderisca agli accordi presi») occorre fare passi preparatori. Eccoli, con le parole del ministro: «Inserire i reati ambientali nel Codice penale, questa è la legislatura giusta»; «riscrivere il Codice dell'Ambiente cambiandolo anche radicalmente ma con la collaborazione delle imprese». E ancora: «Chiederò al ministro Amato più uomini e risorse per l'ecomafia che allunga le mani sul Nord», «le Regioni devono sbrigarsi ad approvare i piani ambientali anti-inquinamento, sulle emissioni rischiamo un "quote-latte" bis, con miliardi di euro di multe».
Ce n'è per tutti. Senza nulla trascurare e correndo dalla presentazione del dossier di Legambiente sull'ecomafia, dove ha ascoltato con allarme il volume d'affari stimato dall'associazione ambientalista sulla criminalità in materia di ambiente, non meno di 22 miliardi e mezzo di euro all'anno, all'assemblea dell'Unione petrolifera dove ha promesso a Confindustria che «non c'è indisponibilità a trovare formule che non danneggino le singole attività economiche, a patto che restiamo nei confini delle leggi europee e delle norme italiane di tutela». Una giornata densa. Eccesso di zelo? O bisogno di farsi sentire per scongiurare il rischio di resistenze nella maggioranza alle sue richieste di risorse?
Quel che è certo è che il dossier sull'ecomafia di Legambiente fa tremare: tre reati contro l'ambiente ogni ora, 202 clan coinvolti, il Nord preso di mira dalla mafia per i rifiuti, business cresciuto di quasi il 17 per cento.