La Repubblica
online, blog "Articolo 9", 9 gennaio 2015 (m.p.g.)
Ebbene, chi ha vinto? Direi che si tratta di un brutto pareggio tattico, che sposta in avanti la conclusione della partita. Un pasticcio un po' ipocrita, insomma: nella migliore tradizione italica. Vediamo perché.
I requisiti necessari per fare domanda prevedono la laurea: ma non specificano in che cosa. Va bene anche quella in Veterinaria. Poi bisogna aver fatto almeno una di queste tre esperienze professionali che dimostrino una «particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione di beni culturali»: essere dirigenti del Mibact (non importa con quale laurea o competenza); essere stato dirigente d'azienda per cinque anni (e dunque va benissimo anche Sotheby's, o aver presieduto una fondazione che si occupa di arte, o aver diretto una società che organizza mega mostre di cassetta...); insegnare in una università (anche diritto dei beni culturali, o chimica del restauro, o economia della cultura...).
Con criteri così scriteriatamente larghi, la Commissione che farà la selezione avrà un potere discrezionale enorme. E quella Commissione la nomina, monocraticamente, il ministro. E i criteri con cui dovrà operare non sono meno vaghi dei requisiti: la gestione dei beni culturali viene parificata alla loro tutela (porte apertissime ai famosi managers), e più in generale si fa un gran confusione tra il profilo di un vero direttore e quello di un direttore amministrativo. Meno male che è prevista la conoscenza della lingua italiana: se fosse applicato davvero, questo sembra l'unico filtro capace di bloccare dirigenti Mibact decotti, managers all'amatriciana, professori di complemento, membri del Giglio Magico. Tutti italiani, s'intende.
Ma c'è poco da scherzare: questo bando dà ragione a tutti gli scettici che hanno fin qui aspramente criticato la riforma. E dà torto a tutti quelli che ci avevano, seppur timidamente, creduto: come me, per esempio. L'esito finale potrà ancora essere ribaltato: dalla scelta dei cinque membri della commissione, e quindi dal loro lavoro. La speranza è l'ultima a morire.