Agli albori del 1500 il ponte di Rialto, che era allora di legno, cedette. Si cominciò a discutere se fosse il caso di ricostruirlo in pietra. Un primo progetto di frà Giocondo non ebbe fortuna. Seguirono nell´arco di parecchi decenni altri progetti ad opera via via di Michelangelo, Palladio, il Vignola, Sansovino ma la loro fama non bastò a convincere il Senato né ad ottenere il consenso dei veneziani, divisi tra "pontisti" e "antipontisti" che volevano rifarlo in legno. Infine nel 1588, quasi un secolo dall´inizio della diatriba, il doge Pasquale Cicogna dette il via libera e la costruzione in pietra, affidata a Giovanni da Ponte, ebbe inizio. Discussioni e tentennamenti non per questo si affievolirono, tanto che, gettate le fondamenta, gli ardimentosi costruttori furono costretti ancora una volta a sospendere i lavori. La voce popolare sosteneva, infatti, che un manufatto in pietra sarebbe crollato. Si racconta che un giorno da un crocchio vociante attorno al cantiere si levò la voce di una donna che esclamò: « El ponte starà in pìe quando la mona farà fogo», cui rispose stentoreo un uomo: «... e quando al casso sponterà l´ongia!». Giovanni da Ponte rispose iconograficamente, quando l´opera fu compiuta, con due bassorilievi scolpiti ancor oggi visibili sul palazzo dei Camerlenghi, prospiciente Rialto: uno raffigura un uomo accosciato con un pene unghiato, l´altro una donna che erutta una fiammata all´altezza del basso ventre.
Sono passati più di quattro secoli, il ponte è sempre in piedi ed è considerato in tutto il mondo uno dei grandi simboli della Serenissima.
Nessuno ricorda che venne tanto contestato e perché. Non è, però, un caso unico. Nella storia lontana e recente spesso una nuova impresa edificatoria incontra diffidenze, avversioni emotive più o meno motivate, obiezioni di principio, di natura a volte ideologica o culturale. Talora questi ostacoli suscitano impedimenti così forti da pregiudicare il compimento dell´opera.
Solo il tempo consente, ma non sempre, di giudicare a posteriori. Oggi ci si dilania sulla Tav ma ricordo negli anni ´60 l´ostilità del Pci alla Autostrada del Sole considerata un regalo alla Fiat tanto che si arrivò a dire «la ferrovia è di sinistra, l´autostrada di destra». Trent´anni dopo il paesaggio e la vita quotidiana della Penisola non sono neppure immaginabili senza Autosole. Se mai fu un errore farla a due corsie.
Oggi le difficoltà si sono accresciute con l´emergere di partiti che trovano in un ambientalismo assoluto la loro ragion d´essere. La vicenda del Mose è emblematica.
L´alluvione che minacciò la sopravvivenza di Venezia è del 4 novembre 1966, orsono quarant´anni. La prima delle quattro leggi speciali per la salvaguardia della città con indicazione prioritaria la difesa dalle acque è del 1973.
La legge che affida ad un soggetto unico le competenze per l´intervento e fissa le funzioni di indirizzo e controllo per il riequilibrio ambientale e la difesa fisica della Laguna è del 1984. Da allora fu prima elaborato e approvato un progetto preliminare, quindi un progetto di massima.
Furono confrontate varie soluzioni alternative e prevalse l´installazione delle dighe mobili, completata con interventi morfologici diffusi così da ridurre l´impatto anche delle maree medio alte, sempre più frequenti. Nel 1992 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvò il progetto. Il sindaco Cacciari chiese e ottenne che un panel di grandi esperti italiani e internazionali studiasse a fondo l´impresa. Il loro parere sarà nettamente favorevole al Mose. Di fronte alle obiezioni del ministero dell´Ambiente, di cui all´epoca erano titolari i Verdi, i governi D´Alema, prima, e Amato, poi, aprirono una fase di ulteriore confronto. Una volta completata questa ennesima istruttoria il Consiglio dei ministri, presieduto da Amato, diede il via alla progettazione esecutiva nella primavera 2001. Poi subentrò Berlusconi che mise il suo cappello sull´iniziativa mentre si iniziarono le opere di completamento precedentemente richieste. Nel 2003 vennero accolte altre richieste aggiuntive del Comune e i cantieri partirono dalla primavera 2003. A tutt´oggi sono stati investiti 1.188 milioni di euro e si calcola che a Mose completato il costo sarà di 4.159 milioni. Se mai sarà completato perché è ora ripresa l´antica diatriba: Mose o no Mose. Cacciari, pur essendo stato eletto per fortuna senza il voto dei verdi e della sinistra ds, sente probabilmente la necessità politica di allargare le sue basi di consenso ed ha riconvocato un ennesimo confronto sulle soluzioni alternative. Qualcuno vorrebbe la sospensione dei lavori. Fino a quando «la mona farà fogo»?