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Francesco Erbani
Le dieci regole per proteggere il paesaggio
9 Luglio 2009
Il paesaggio e noi
Presentato oggi a Roma il rapporto della Società geografica italiana. La Repubblica, 9 luglio 2009

«Un grande piano di restauro e di manutenzione dell’ambiente e dei paesaggi italiani». Il rapporto che ogni anno la Società Geografica Italiana elabora sullo stato, appunto, dei paesaggi italiani, si condensa in un appello. Che ha i toni ultimativi. Una specie di manifesto rivolto alle tante istituzioni, c’è chi dice troppe, che intrecciandosi fra loro e spesso confliggendo hanno in mano la cura di quello che Massimo Quaini, geografo dell’Università di Genova e coordinatore del gruppo di lavoro che ha elaborato il rapporto del 2009, definisce «il nostro più grande patrimonio».

Il documento verrà presentato stamattina a Roma, a Montecitorio. E insieme alle duecento pagine del rapporto (intitolato I paesaggi italiani. Fra nostalgia e trasformazione), verrà illustrato anche un decalogo di buone politiche a difesa di un paesaggio aggredito da un’urbanizzazione dissennata e disordinata, ma anche da trasformazioni agricole incongrue oppure dall’abbandono sempre più vorticoso di estese aree rurali.

Le buone politiche riguardano intanto la conoscenza analitica dello stratificato mosaico di paesaggi di cui è ricca l’Italia, "area per area", insistono i geografi, "sito per sito". Il decalogo poi sottolinea che il paesaggio è "un bene comune" e che va considerato, e quindi tutelato, come "un complesso unitario", senza spezzettamenti tra enti pubblici, sovente contrapposti. Di qui si passa a imporre il paesaggio e la sua protezione come "un limite invalicabile" di ogni intervento sul territorio, sia esso un insediamento edilizio, sia essa un’infrastruttura.

La Società Geografica Italiana è un istituto culturale (è nata a Firenze nel 1867), ma sulla base di analisi, di riflessioni scientifiche, ogni anno rende pubbliche questioni scottanti. E chiama alla mobilitazione. Nell’Italia di oggi, si legge nel rapporto 2009, «il disastro ai danni del paesaggio non sta tanto nello scandalo dei grandi abusi e nei mostri edilizi, quanto piuttosto nell’erosione continua, quotidiana, che si consuma sotto ai nostri occhi, e minaccia di cancellare del tutto il confine fra città e campagna». Il disastro, poi, è ingrandito dal ritardo del nostro Paese: «Confrontandoci per esempio con la Francia, ci è mancato il senso vivo e diffuso di un’identità rurale non meno forte dell’identità urbana, che concorre, a pieno titolo, alla costituzione dell’identità nazionale».

Fra i casi più eclatanti di avvelenamento da parte della città nei confronti della campagna, il Rapporto cita Malagrotta, vicino a Roma, e le aree appena esterne a Napoli e a Caserta, dove si sversano tonnellate di rifiuti. E invece proprio le aree periurbane vengono ritenute dalla Convenzione Europea del Paesaggio come le più delicate e quelle degne di maggior salvaguardia. Il Rapporto indica come esemplare il Parco Sud di Milano, minacciato da interventi speculativi, come una delle aree in cui si tenta «di bloccare l’informe espansione della città diffusa» e «di salvare e ricostituire in forme nuove il paesaggio agrario storico».

Uno dei punti deboli italiani, sottolinea il Rapporto, resta la conoscenza. Per esempio si assiste a disinvolti balletti di cifre sul consumo di suolo. Mentre in altri paesi, come la Gran Bretagna, esistono sistemi di monitoraggio affidabili e costantemente aggiornati, in Italia si annaspa. Si passa da valutazioni allarmistiche (i 3 milioni di ettari persi dall’agricoltura in dieci anni vengono tout court assegnati al cemento) a cifre tranquillizzanti, però molto sospette (fondate sulla rilevazione satellitare, alla quale sfuggono le villette con un ettaro di giardino intorno). Ma per tutelare il paesaggio, sostengono i geografi, occorre prima sapere di cosa si parla.

Sull’inaffidabilità delle cifre “sparate” sul consumo di suolo vedi l’eddytoriale n. 108 del 26 novembre 2007 e gli altri documenti ivi citati in calce

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