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Tonino Perna
Le città ingovernabili, il collasso della democrazia
25 Novembre 2014
Articoli del 2014
La crisi di consenso di molti primi cittadini eletti nella
La crisi di consenso di molti primi cittadini eletti nella
"stagione dei sindaci" non è causata tanto dai loro errori, ma soprattutto dalle scelte politiche dei governi dell'austerity e della demagogia, delle quali Renzi è indubbiamente il maggior responsabile .

Il manifesto, 25 novembre 2014

Se Italo Cal­vino avesse scritto oggi il suo insu­pe­ra­bile «Le città invi­si­bili» avrebbe incluso pro­ba­bil­mente un capi­tolo dedi­cato alla «città ingo­ver­na­bile». Que­sta è infatti la con­di­zione della gran parte delle città ita­liane negli ultimi cin­que anni, da quando la crisi eco­no­mica ha pro­dotto cre­scente disoc­cu­pa­zione, pre­ca­rietà, disa­gio e paura crescenti. Da Pisa­pia a De Magi­stris, da Doria a Marino, da Orlando a Piz­za­rotti, non c’è più un sin­daco eletto sull’onda ed il biso­gno di una svolta radi­cale che oggi non sia in crisi di consensi. Per­sino Renato Acco­rinti, eletto a Mes­sina a furor di popolo un anno e mezzo fa, il sin­daco con la maglietta «No Ponte», icona della pace e della difesa dell’ambiente, è oggi a corto di con­sensi nella sua città mal­grado i risul­tati conseguiti.

Esat­ta­mente venti anni fa si inau­gu­rava la cosid­detta «sta­gione dei sin­daci», par­tendo dalla rina­scita della Napoli di Bas­so­lino, pas­sando per la pri­ma­vera della Palermo del primo Orlando, e poi ancora Bianco a Cata­nia e Fal­co­matà a Reg­gio Cala­bria, per citare i casi più famosi. Coin­ci­deva anche con una sta­gione di risve­glio delle popo­la­zioni meri­dio­nali a soste­gno dei pro­pri sin­daci che ave­vano dato segni con­creti di buon governo dopo la fal­li­men­tare gestione demo­cri­stiana. Non a caso tutti rie­letti al secondo mandato. Oggi sarebbe impossibile.

Da una parte, i tagli dei tra­sfe­ri­menti sta­tali ai Comuni, inau­gu­rati dal governo Monti e por­tati alle estreme con­se­guenze da Renzi, dall’altra un debito inso­ste­ni­bile ere­di­tato dalle ammi­ni­stra­zioni pas­sate, ren­dono impos­si­bile rispon­dere ai biso­gni cre­scenti della cittadinanza.

Crisi eco­no­mica e tagli ai bilanci comu­nali si tra­du­cono in una morsa che impe­di­sce di rispon­dere a un disa­gio sociale cre­scente e, soprat­tutto, all’insofferenza. Gli abi­tanti delle peri­fe­rie sono diven­tati ansiosi e intol­le­ranti dopo aver sop­por­tato decenni di abban­dono e degrado. Infatti, biso­gna ricordarlo, anche durante la cosid­detta «sta­gione dei sin­daci» le peri­fe­rie urbane, di Roma, Napoli o Cata­nia erano rima­ste sostan­zial­mente esterne alla riqua­li­fi­ca­zione urbana diretta soprat­tutto ai cen­tri sto­rici. Ma, non c’era la pesan­tezza di que­sta crisi e le popo­la­zioni delle peri­fe­rie si aspet­ta­vano ancora di essere incluse nel pro­cesso di rina­scita cit­ta­dino. C’era ancora la spe­ranza. In que­sti anni è stata seppellita.

Oggi non si dice più «piove governo ladro», ma per ogni gua­sto sociale e ambien­tale il «pun­ching ball» è il sin­daco. Doria a Genova e Marino a Roma, solo per citare gli ultimi casi, avranno pure le loro man­canze ma sono stati messi alla gogna come gli unici respon­sa­bili del disa­stro dell’alluvione o del degrado/razzismo dei quar­tieri peri­fe­rici. E non sono feno­meni iso­lati, ma desti­nati ad allar­garsi per­ché il governo Renzi ha una stra­te­gia poli­tica chiara: sca­ri­care sugli enti locali il costo della crisi e del debito pub­blico inso­ste­ni­bile. Ed è una stra­te­gia che funziona.

I tagli alla sanità pesano sulle Regioni che si tro­vano di fronte una forte oppo­si­zione sociale alla cosid­detta «razio­na­liz­za­zione dell’offerta ospe­da­liera» che com­porta la chiu­sura di decine di ospe­dali per ogni regione. I tagli ai comuni si abbat­tono sui ser­vizi sociali, i mezzi di tra­sporto locale e, soprat­tutto, aumen­tano le impo­ste locali. Quasi tutte le ammi­ni­stra­zioni comu­nali sono diven­tate le più odiate dai com­mer­cianti, dai pro­prie­tari di case, dai sog­getti deboli pri­vati dell’assistenza neces­sa­ria. Risul­tato finale: lo scollamento/scontro tra popo­la­zioni ed ammi­ni­stra­zioni comu­nali porta al col­lasso della demo­cra­zia reale, per­ché è pro­prio a livello locale che è pos­si­bile pra­ti­care forme di demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva, di gestione dei Beni Comuni , di autogoverno.

Vice­versa tutte le cose posi­tive le fa Renzi. E non solo gli 80 euro. Vor­rei citare un fatto recen­te­mente accaduto. In pro­vin­cia di Cosenza una orga­niz­za­zione cat­to­lica, il Banco delle Opere di Carità, in col­la­bo­ra­zione con diversi comuni col­li­nari e mon­tani, sta distri­buendo gra­tui­ta­mente la frutta alle popo­la­zioni di que­sti comuni peri­fe­rici (mele, prugne,ecc.) come soste­gno eco­no­mico alle fasce ter­ri­to­riali più povere. Si è sparsa la voce che que­sto inso­lito prov­ve­di­mento (di solito la frutta che non si ven­deva finiva sotto il trat­tore) sia opera del governo, e così la gente dice : «È arri­vata la frutta di Renzi».

Natu­ral­mente c’è sem­pre il rove­scio della meda­glia. L’attacco al sin­da­cato e ai lavo­ra­tori che scio­pe­rano toglie con­sensi al pre­mier, ma non va sot­to­va­lu­tato il fatto che la stra­te­gia prin­cipe di Palazzo Chigi è tipica di un’azienda capi­ta­li­stica: ester­na­liz­zare i costi, sociali ed ambien­tali, e inter­na­liz­zare i pro­fitti (con­sensi in que­sto caso). Per que­sto gli ammi­ni­stra­tori locali che rischiano in prima per­sona dovreb­bero unirsi con­tro que­sto governo con più forza e deter­mi­na­zione di quello che finora hanno fatto, a par­tire dalla richie­sta di ristrut­tu­ra­zione dei debiti ere­di­tati e non più sostenibili.

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