La Proposta di legge di iniziativa popolare sul diritto alla casa e all’abitare a Roma e nel Lazio è la prima del genere nella Regione. Presentata venerdì 12 giugno nel corso dell’ultima tappa della carovana «Città bene comune», la proposta di legge, che si compone di sedici articoli, non nasce negli assessorati o nelle commissioni di via della Pisana ma da una idea maturata dalla stessa carovana che, a sua volta, come in un incastro di scatole cinesi, lancia, nella sua stessa costituzione, una originale idea di autogoverno del territorio. Difatti, contemporaneamente, lancia anche una seconda legge popolare che riguarda la scabrosa questione dei rifiuti. La carovana nasce dall’incontro tra i comitati di quartiere e la miriade di associazioni che in questi anni si sono opposti allo strapotere della rendita dando vita alla «Rete del mutuo soccorso» e alla Rete dei movimenti per il diritto all’abitare composta da Action, Bpm, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Comitato obiettivo casa.
A questo primo nucleo, in occasione della preparazione della Conferenza urbanistica del 29 febbraio scorso, si sono aggiunti comitati, associazioni e cittadini incontrati nelle diverse tappe del viaggio che, peraltro, è cominciato molto tempo fa. Molti, infatti, hanno in comune l’opposizione alle politiche urbanistiche di Veltroni culminate nell’approvazione del Piano regolatore generale, nei primi mesi del 2008, che a loro giudizio ha prodotto un consumo insensato di territorio, ha peggiorato la qualità della vita cittadina e non ha dato risposte all’emergenza abitativa. L’attuale giunta Alemanno, aggredendo l’agro romano, continua nella stessa direzione, quella di costruire la città secondo i soli dettami della rendita. L’idea della legge d’iniziativa popolare nasce dalla convinzione che l’unica manovra urbanistica possibile sia ripristinare il ruolo pubblico nel programmare e risolvere l’emergenza abitativa e la vivibilità urbana.
Roma, la sua area metropolitana e i maggiori comuni del Lazio sono in emergenza abitativa: decine di migliaia di famiglie vivono in condizioni inaccettabili, in edifici impropri, in assistenza alloggiativa. Migliaia sono sottoposte a procedura di sfratto in corso. Un numero sempre maggiore vive in quartieri sempre più periferici e sempre più privi di servizi sociali. Eppure, in questi anni si è costruito moltissimo, agli stessi ritmi degli anni ‘80, nonostante la popolazione non sia sostanzialmente cresciuta. Ma si sono costruite solo case per il mercato privato ed è stata abbandonata l’edilizia sociale pubblica. Il recentissimo rapporto annuale Istat ha certificato che, a fronte della realizzazione di oltre 3 miliardi di metri cubi di edifici nel periodo 1995-2006, la percentuale di case pubbliche è stata dello 0,7 per cento. In Europa supera mediamente il 30 per cento. E, mentre gli altri paesi cercano di tornare alle politiche pubbliche, l’Italia sembra voler continuare le politiche di demolizione di qualsiasi regola. E le proposte del cosiddetto «Piano Casa» del governo Berlusconi servono solo a incrementare la rendita.
La legge di iniziativa popolare propone la realizzazione in sei anni di centomila alloggi pubblici. È un impegno oneroso per il quale viene previsto, nella proposta, lo stanziamento di circa 8 miliardi di euro. Inizia ora la raccolta delle firme necessarie per l’iter istituzionale di una proposta di legge di iniziativa popolare [va ricordato, peraltro, che il Lazio non si è ancora dotato di una legge ad hoc così come previsto dallo Statuto regionale] ma i promotori già sanno quale sarà la prima obiezione delle istituzioni: non ci sono i soldi. Per questo, propongono di dirottare in questa direzione quelli che dovrebbero venire investiti in opere inutili come l’autostrada Roma-Latina. La legge blocca, inoltre, la svendita del patrimonio pubblico in atto da anni «per risanare i conti pubblici». Per questo, si propone di adottare politiche di risparmi della spesa pubblica. Ma risolvere il problema della casa non basta più. Di fronte all’imponente fenomeno di espulsione da Roma di oltre centomila famiglie nel periodo 1991-2006, l’attuale situazione è che sempre più cittadini vivono in zone periferiche prive di servizi di qualità. Mentre Roma si spopola e in centro si chiudono i servizi per mancanza di popolazione, nella periferia metropolitana non c’è la città. Mancano scuole, servizi alle persone, perfino le opere di urbanizzazione.
La legge propone due parallele politiche: reintrodurre la residenza pubblica nella città esistenti così da rivitalizzarle con azioni di recupero del patrimonio pubblico dismesso o sotto utilizzato. E portare i servizi nelle periferie delle città. Si prevede un piano di realizzazione di servizi pubblici che consente a tutti i cittadini pari opportunità di accesso e punta a recuperare prioritariamente il costruito inutilizzato all’interno delle città così da non costringere molte famiglie a vivere in case senza città e a riempire di abitanti le parti di città ormai vuote per il grande esodo di questi anni. Il diritto all’abitare si completa con il diritto alla mobilità sostenibile: centinaia di migliaia di pendolari raggiungono il centro di Roma per motivi di lavoro impiegando tre ore al giorno per gli spostamenti. Anche in questo caso, occorre far entrare l’Italia in Europa: nessun quartiere potrà essere costruito se non esistono già linee di trasporto su ferro. Basta con i quartieri che nascono in ogni angolo della campagna e obbligano all’uso dell’automobile.
La legge, infine, tocca due ulteriori punti: la riconversione dell’immenso patrimonio edilizio costruito verso l’istallazione di tecnologie energetiche appropriate e le graduatorie di accesso. Il limite di reddito per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa, a partire dal primo bando successivo alla approvazione di questa legge sarà portato a 20 mila euro [la diminuzione prevista nell’art. 21 della L. 457/78 è determinata in 10 mila euro per ogni componente del nucleo familiare produttore di reddito, e in 6 mila per ogni ulteriore familiare a carico]. Infine, si impegna la Regione Lazio ad attuare la legge entro la definizione del passaggio di competenze, in materia edilizia, al Comune di Roma così come previsto dalla legge istitutiva di Roma Capitale.
Per allargare ancora di più la possibilità di discuterne, oltre che nel corso dei sei mesi previsti per la raccolta delle firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare, Carta offre uno spazio sul sito e nelle pagine di CartaQui. [Il testo completo della proposta di legge popolare su www.carta.org].