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Massimo Villone
L’autodistruzione della democrazia
28 Gennaio 2015
Articoli del 2015
«L’Italicum giunge al voto finale in senato con un carico accre­sciuto di macro­sco­pi­che vio­la­zioni della Costi­tu­zione e del rego­la­mento».

Il manifesto, 28 gennaio 2015

La prima viene dal «super­can­guro». L’approvazione dell’emen­da­mento 01.103, a firma Espo­sito, ha fatto cadere – a quanto si legge — decine di migliaia di emen­da­menti. Magia par­la­men­tare? In realtà il trucco c’è, e si vede. In prin­ci­pio, un emen­da­mento sosti­tui­sce un con­te­nuto nor­ma­tivo. Da qui la tipica for­mula: «sosti­tuire le parole A, B, C con le parole D, E, F». Per l’art. 72 Cost. la legge elet­to­rale è neces­sa­ria­mente discussa e appro­vata in assem­blea arti­colo per arti­colo. Per l’art. 100 del rego­la­mento senato gli emen­da­menti seguono la stessa logica.

L’emendamento 01.103 pre­met­teva all’art. 1 dell’Italicum un arti­colo 01 recante in sin­tesi indi­rizzi gene­rali per l’intera pro­po­sta. Non richia­mava altri arti­coli, commi, emen­da­menti, e non ne toc­cava quindi il con­te­nuto nor­ma­tivo spe­ci­fico. Nem­meno poneva norme auto­no­ma­mente appli­ca­bili. Né infine rispet­tava il prin­ci­pio della discus­sione e appro­va­zione arti­colo per arti­colo, come è pro­vato pro­prio dalla deca­denza di emen­da­menti a mol­te­plici arti­coli del dise­gno di legge.

Come è stato detto in Aula, al più avrebbe potuto con­fi­gu­rarsi come ordine del giorno.

Seguendo la logica dell’emendamento Espo­sito baste­rebbe — sotto le men­tite spo­glie di emen­da­mento — ante­porre a qual­siasi dise­gno di legge un rias­sunto dei suoi con­te­nuti e appro­varlo per far rite­nere pre­clusi tutti gli emen­da­menti. Un bava­glio istan­ta­neo e, se fatto dal governo, una sostan­ziale ghi­gliot­tina dispo­ni­bile ad libi­tum. Basta e avanza a pro­vare il tra­di­mento della let­tera e dello spi­rito della Costi­tu­zione e del rego­la­mento, e per di più in una mate­ria cru­ciale, come è quella elet­to­rale. L’emendamento 01.103 doveva essere dichia­rato inam­mis­si­bile, in quanto privo di «reale por­tata modi­fi­ca­tiva» (art. 100.8 reg. sen.). Appro­vato, avve­lena l’intero testo, aggiun­gendo motivi a una futura impu­gna­tiva davanti alla Corte costituzionale.

La seconda macro­sco­pica vio­la­zione viene dalla con­cla­mata inos­ser­vanza della sen­tenza della Con­sulta 1/2014, che si incar­dina nella indi­scu­ti­bile natura del voto libero e uguale come diritto fon­da­men­tale e invio­la­bile. Even­tuali limiti devono essere neces­sari per il rag­giun­gi­mento di fini costi­tu­zio­nal­mente rile­vanti, pro­por­zio­nati ad essi, e giu­sti­fi­cati dall’assenza di alter­na­tive meno lesive.

Tali prin­cipi sono lesi dai capi­li­sta bloc­cati. Di fatto, solo gli elet­tori dei mag­giori par­titi potranno espri­mere util­mente la pre­fe­renza. Ciò rende il voto dise­guale, tra elet­tori di par­titi diversi, e lo rende altresì per tutti non libero, con­cor­rendo comun­que il voto ad eleg­gere un capo­li­sta che potrebbe essere non voluto. In ultima ana­lisi, è la stessa lesione cen­su­rata dalla Corte nel por­cel­lum. E il con­trollo della rap­pre­sen­tanza che la norma per­se­gue non è obiet­tivo costi­tu­zio­nal­mente apprezzabile.

Inol­tre, nell’Italicum non è neces­sa­ria e pro­por­zio­nata la ridu­zione della rap­pre­sen­ta­ti­vità dell’assemblea. Anche assu­mendo la stabilità/governabilità come inte­resse costi­tu­zio­nal­mente rile­vante e bilan­cia­bile con il diritto di voto – e per­so­nal­mente non con­cordo con l’avviso in tal senso della Corte – è ovvio che l’obiettivo si rag­giunge pie­na­mente già con il mega­pre­mio e il bal­lot­tag­gio. È certo che una mag­gio­ranza par­la­men­tare esi­ste. Postic­cia magari, e con l’aggiunta di seggi non con­qui­stati nelle urne: ma c’è. Que­sto rende le soglie di sbar­ra­mento, ancor­ché abbas­sate, un limite inu­tile ed eccessivo.

La sem­pli­fi­ca­zione del sistema poli­tico non è un obiet­tivo costi­tu­zio­nal­mente apprez­za­bile, e anzi si pone in con­tra­sto con l’art. 49 Cost. Lo stesso argo­mento vale per il pre­mio alla sola lista, che col­pi­sce altresì il voto uguale. Nel caso di una coa­li­zione vin­cente, l’elettore – pur avendo scelto lo stesso schie­ra­mento — si tro­verà sotto o sovra rap­pre­sen­tato a seconda che abbia votato per il par­tito mag­giore o quello minore. Sarà inol­tre favo­rita l’invenzione di listoni unici di fac­ciata buoni solo per il voto. E che però accen­tue­ranno la deci­sione oli­gar­chica e cen­tra­li­stica delle can­di­da­ture, posto che listoni sif­fatti richie­dono media­zioni com­ples­sive impos­si­bili in periferia.

Esi­ste­vano alter­na­tive meno dannose? Cer­ta­mente sì. Abbiano assi­stito a una distru­zione voluta per obiet­tivi non con­di­vi­si­bili e motivi abietti. Se tutto que­sto andasse avanti, diremmo addio alla Repub­blica demo­cra­tica e alla Costi­tu­zione come le abbiamo cono­sciute. Addo­lora che ciò accada nel disin­te­resse dell’opinione pub­blica, per mano di un par­la­mento dele­git­ti­mato per l’incostituzionalità dichia­rata della legge elet­to­rale, sele­zio­nato al peg­gio da tre turni con­se­cu­tivi di Por­cel­lum, e ormai privo di qua­lità e di nerbo.

Durante il ven­ten­nio tanti non vol­lero vedere, ascol­tare, par­lare. Ma nac­que anche un ceto poli­tico che seppe rischiare il pro­prio futuro, e per­sino la vita, anche quando sem­brava non esserci speranza. Se que­gli uomini e quelle donne aves­sero sof­ferto le debo­lezze di quelli che oggi popo­lano le isti­tu­zioni, saremmo ancora tutti in cami­cia nera

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