La Repubblica, 31 gennaio2015
Il presidente Napolitano, che pure dell’antica scuola politica repubblicana è senz’altro la figura più autorevole, e che conserva un linguaggio tanto nobile quanto a volte non immediato (vedi la parola “cimento”) si è tuttavia bene adattato ai moduli che prevedono di “tirare al cuore a tradimento”, come diceva Benedetto Croce di De Amicis, invece che alla testa. E in pratica come cominciò a fare Walter Veltroni una decina d’anni orsono, e come poi Renzi ha portato a compimento e un po’ anche a sfinimento, anche lui ha fatto Storytelling.
La scienziata, l’astronauta, il medico e le altre figure che riscattano la cattiva immagine del paese. Presentati per brevissimi accenni, se si vuole anche di maniera e in pasta di zucchero umanitario. Non si discutono qui, com’è ovvio, i singoli personaggi evocati e la qualità degli esempi, che anzi paiono molto ben scelti e che infatti si sono imposti nei video, nei siti e nei social network con una certa efficacia. Ma come nel caso del libro Cuore, anche senza arrivare all’”Elogio di Franti” di Umberto Eco, nell’omaggio agli italiani esemplari si può anche — non è obbligatorio — avvertire “un non so che di dolciastro e levigato, per una certa apparenza di fiacca e monotona luminosità, come di una chiara d’uovo pazientemente battuta e montata a meraviglia, senza bolle né rughe” (G. A. Borgese). O magari è un riflesso automatico e come tale incontrollabile di scetticismo, di sfiducia, di stanchezza, di estraneità, di paura della crisi economica che non finisce, dell’imminente affanno istituzionale; qualcosa che genera preventivo pessimismo rispetto a una classe di governo e di opposizione sempre più vanitosa e inconcludente e ora destinata a impoverirsi dopo che Napolitano se ne sarà andato via.
Il guaio, semmai, è che un piccolo Pantheon di eroi non basta purtroppo a riequilibrare i tanti e continui esempi di indegnità, il grottesco Barnum di scemenze, le carognate e le avidità di chi doveva dare il buon esempio. E per quanto nel costume nazionale l’auto-denigrazione è da sempre una specialità sublime, è pur vero che forse se ne sono viste e sentite troppe.
Quelli che ridono durante il terremoto, quelli che si fanno gli auguri invocando catastrofi via sms, quelli dell’Expo che erano già stati beccati da Mani Pulite e hanno ricominciato tranquilli e beati, quelli del Mose con i generali della Guardia di Finanza che nascondevano le banconote sotto terra, quelli delle spese pazze delle regioni che mettono in conto ai cittadini sex-toys e adozioni a distanza, quelli che hanno svuotato la Carige e quegli altri che a Siena sono riusciti a mandare all’aria, pure con un morto, il Monte dei Paschi che bene o male esisteva dal 1472.