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Vanna Vannuccini
“L’Arabia è debole per questo provoca”
8 Gennaio 2016
2015-La guerra diffusa
L’intervista di Vanna Vannuccini all'analista conservatore Seyed Mohammad Marandi: «L’Arabia Saudita si trova potenzialmente davanti a una tempesta perfetta, anche se negli Stati Uniti e in Europa ha ancora influenza soprattutto perché compra incredibili quantità di armi».

L’intervista di Vanna Vannuccini all'analista conservatore Seyed Mohammad Marandi: «L’Arabia Saudita si trova potenzialmente davanti a una tempesta perfetta, anche se negli Stati Uniti e in Europa ha ancora influenza soprattutto perché compra incredibili quantità di armi».

La Repubblica, 8 gennaio 2016 (m.p.r.)

Teheran. Per Seyed Mohammad Marandi, presidente della Facoltà di Studi globali dell’università di Teheran e apprezzato analista conservatore, la crisi tra Iran e Arabia Saudita non avrà conseguenze sull’Iran. «E’ una nota a piè di pagina. Da sempre l’Arabia Saudita percepisce la Repubblica Islamica come una minaccia ed è stata questa una delle ragioni che l’hanno spinta a rafforzare il wahabismo e propagarlo nel mondo. Il wahabismo è per Riad un asset strategico, anche se ora, con la nascita dell’Is, minaccia di ritorcerglisi contro. Certo, mai i regnanti sauditi avevano agito in modo così aggressivo e impulsivo. Questa aggressività è segno di debolezza».

Non le pare di sottovalutare l’importanza dell’Arabia Saudita per gli Stati Uniti e per l’Occidente? I giornali occidentali si sono preoccupati più dell’assalto all’ambasciata a Teheran che delle decapitazioni, perché ancora una volta gli iraniani violavano le convenzioni internazionali..
«L’Arabia Saudita si trova potenzialmente davanti a una tempesta perfetta, anche se negli Stati Uniti e in Europa ha ancora influenza soprattutto perché compra incredibili quantità di armi. I regnanti sauditi sono nervosi. Il prezzo del petrolio continua a scendere, grazie prima di tutto alla loro politica, e ora si trovano di fronte a un buco di bilancio di quasi 100 miliardi di dollari. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che potrebbero trovarsi con le casse vuote tra due tre anni, ma le stime di banchieri italiani che ho incontrato di recente sono ancora più catastrofiche: 15-18 mesi. La popolazione saudita è cresciuta pensando che il benessere viene dal suolo, in nessun altro Paese al mondo ci sono proporzionalmente tanti lavoratori stranieri che fanno il lavoro al posto dei locali. Il governo ha dovuto ordinare alle società straniere di assumerne una quota, le società straniere ne farebbero volentieri a meno perché li considerano incompetenti. La coalizione antiterrorismo messa su frettolosamente non è che un’alleanza di carta con un indirizzo a Riad. Il governo saudita dice di combattere l’Is e Al Qaeda ma in realtà in Siria e in Yemen sta dalla parte dei loro alleati».
Per trovare una soluzione alla guerra in Siria una collaborazione tra Iran e Siria appare indispensabile. Che cosa succederà ora secondo lei?
«L’Iran non accetterà le condizioni poste dai sauditi. Perfino i documenti del 2012 appena declassificati dall’intelligence americana sulla Libia confermano che l’Iran aveva ragione: i sauditi sostenevano già allora gli estremisti, non si trattava di teorie iraniane a beneficio di Assad».
Sui social media si accusa l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad di avere le mani in pasta nell’assalto all’ambasciata saudita: è così?
«Non Ahmadinejad stesso, ma probabilmente suoi simpatizzanti che hanno agito spontaneamente».

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