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Giuseppe Caporale
L'Aquila, i perché della sentenza Grandi Rischi
18 Gennaio 2013
"Ci fu valutazione superficiale e approssimativa". La motivazione della sentenza che condannò gli esperti della Commissione Grandi Rischi suscitando grandi polemiche. "Gli esperti lasciarono il loro sapere in un cassetto e si prestarono a un'operazione mediatica". La Repubblica, 18 gennaio 2013 (m.p.g.)
"Ci fu valutazione superficiale e approssimativa". La motivazione della sentenza che condannò gli esperti della Commissione Grandi Rischi suscitando grandi polemiche. "Gli esperti lasciarono il loro sapere in un cassetto e si prestarono a un'operazione mediatica". La Repubblica, 18 gennaio 2013 (m.p.g.)

I sette scienziati della Commissione Grandi Rischi che si riunirono all'Aquila cinque giorni prima del sisma devastante, lasciarono il loro "sapere" chiuso in un cassetto, e si prestarono a una "operazione mediatica" - voluta dall'allora capo del dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso - che "disinnescò" in una parte della popolazione "la paura del terremoto" e indusse 28 delle 309 vittime della tragedia del 6 aprile 2009 "ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto, con tragiche conseguenze".

Questo scrive il giudice Marco Billi in una delle 946 pagine di motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni gravi dei componenti della Commissione che si riunì a L'Aquila il 31 marzo del 2009, su ordine del Governo Berlusconi.

“Operazione mediatica" fatale e tragica. Scrive il giudice: "Gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una 'operazione mediatica' che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall'autorevolezza della fonte, ha amplificato l'efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime e incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse" si legge nel dispositivo. "Dalla condotta colposa degli imputati è derivato un inequivoco effetto rassicurante".

Chi sono gli imputati. Le motivazioni della sentenza nei confronti di Franco Barberi, (presidente vicario della Commissione Grandi Rischi dell'epoca) Bernardo De Bernardinis (già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile) Enzo Boschi (all'epoca presidente dell'Ingv) Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti), Gian Michele Calvi, (direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case), Claudio Eva (ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile) sono state depositate questa mattina alla cancelleria del tribunale dell'Aquila.

"Valutazioni approssimative e generiche". "Le migliori professionalità scientifiche a livello nazionale" che in base ai loro singoli studi (pubblicati in Italia e all'estero) erano pur ben consapevoli della storia sismica del territorio, del "grave rischio di una forte scossa entro il 2015", del valore dello sciame sismico in atto come "precursore di un forte evento", si limitarono in quella riunione a una valutazione "superficiale, approssimativa e generica" con "affermazioni apodittiche e autoreferenziali, del tutto inefficaci ai doveri normativi imposti".

La colpa grave: "La carente analisi del rischio". "La colpa degli imputati è certamente grave - scrive il giudice - ampia e netta, infatti, è risultata la divaricazione tra la condotta in concreto tenuta e la regola precauzionale applicabile". E ancora: "La carente analisi del rischio sismico non si è limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori" è scritto in sentenza.

Il sapere nascosto. Spiega il magistrato: "Il carattere distintivo degli imputati non consiste semplicemente nella quantità e nella qualità del loro sapere, ma consiste nella capacità di usare tale 'sapere' nel senso voluto dal legislatore, ossia in senso di valutazione prevenzione e previsione del rischio. Non sottoporre tale 'sapere' alla valutazione dei componenti della Commissione nella sede deputata del 31 marzo 2009 equivale alla morte del sapere". E continua: "Il tema relativo alla condivisione delle conoscenze specialistiche personali tra i diversi imputati è particolarmente importante. La Commissione è un organo collegiale, composto dai migliori esperti in ambito nazionale. La natura composita ed eterogenea di tale organo è prevista per legge proprio al fine di consentire e di favorire la 'comunione dei saperi' specifici, la sinergia tra le specifiche competenze".

"Non si contesta il mancato allarme". Nella sentenza anche una delle parti che più ha fatto discutere: quella sulla possibilità di prevedere i terremoti. E il giudice lo scrive chiaramente: "I terremoti non si possono prevedere - annota Billi - ma la valutazione del rischio è stabilita dalla legge per 'mitigare gli effetti tragici', per 'ridurre il più possibile il numero delle vittime'".

"Non è compito del giudice verificare lo stato delle conoscenze scientifiche sulla previsione dei terremoti; il compito del giudice è invece quello di accertare se la condotta tenuta dagli imputati in occasione della riunione del 31 marzo sia stata o meno pertinente ed in linea con i doveri di previsione e prevenzione ed analisi del rischio imposto dalla normativa vigente. E se tale condotta sia stata adeguata e coerente con il patrimonio scientifico conoscitivo comune tra i vari componenti della commissione".

"Non dovevano dunque prevedere il sisma, ma valutare il rischio sulla base delle loro effettive conoscenze e calibrare una corretta informazione". Non si contesta quindi un "mancato allarme", ma una "inidonea valutazione del rischio" e una "inidonea informazione".

"Ovvio sostenere che solo costruendo bene si mitigano i danni". "La tesi difensiva secondo la quale l'attività del rischio sismico consiste solo nel miglioramento delle norme sismiche, negli interventi di consolidamento strutturale preventivo e nella riduzione della vulnerabilità delle strutture esistenti, secondo gli imputati rappresenta l'unico strumento di mitigazione del rischio. Ma tale tesi appare assolutamente infondata", "ovvia" e "inutile", in quanto il nostro Paese è "caratterizzato da centri storici particolarmente estesi" e i Comuni italiani non hanno "sufficienti risorse economiche".

Quindi "accanto al richiamo circa la necessità di rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto, che ricorda più una clausola di stile che un intento concretamente attuabile, pari dignità hanno i meccanismi di analisi del rischio e di informazione alla popolazione. Tali meccanismi consentono di ridurre il rischio sismico mitigando il fattore di vulnerabilità e della esposizione attraverso strumenti alternativi finanziariamente più sostenibili, rispetto al pur auspicabile rafforzamento dell'immenso patrimonio edilizio esistente".

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