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E’ abbastanza curioso che, mentre si moltiplicano i segni del malessere ambientale in Italia, così poco spazio sia riservato alla lotta a tale malessere nei programmi governativi, se si eccettuano qualche promessa di stanziamenti di un po’ di soldi per rimediare i disastri dovuti alle frane e alle alluvioni o una generica promessa di rimuovere un po’ di rifiuti tossici nella ormai famosa “terra dei fuochi” della Campania. Eppure le cose da fare sarebbero tante e tutte offrirebbero occasione per raggiungere il principale obiettivo del paese: più lavoro per tutti.
Una delle priorità è certo quella di diminuire i crescenti danni dovuti al dissesto idrogeologico, aggravati dalle bizzarrie climatiche, attraverso azioni decise e lungimiranti sia per il controllo delle vie di scorrimento delle acque. Non basta alzare gli argini dei fiumi, perché anche tali argini sono facilmente scavalcati dalle acque delle piene, quando gli alvei non ce la fanno più, non hanno più spazio per contenere le acque. Bisogna piuttosto vigilare su fiumi e torrenti per eliminare continuamente gli ostacoli che si sono accumulati e continuano ad accumularsi in seguito all’erosione del suolo nelle valli e colline e montagne, e bisogna frenare tale erosione con una politica di rimboschimento, come avveniva prima che il territorio fosse considerato soltanto spazio su cui costruire nuovi edifici e strade e ponti. Opere che, fuori di una pianificazione ispirata ad una vera cultura ecologica, diventano loro stesse ostacoli al moto delle acque verso il mare e quindi cause delle sempre più frequenti alluvioni.
Una situazione di disagio che potrebbe essere attenuata con un grande sforzo tecnico-scientifico di progettazione, costruzione e corretta gestione di impianti di depurazione delle acque sporche provenienti sia dalle città, sia dalle fabbriche e dagli allevamenti animali. Nella sola Italia i liquami contenenti gli escrementi degli allevamenti di bovini, suini, e pollame hanno un potere inquinante equivalente a quello dell’intera popolazione umana italiana. Alla contaminazione delle acque contribuisce anche lo smaltimento irrazionale dei rifiuti solidi: in Italia si tratta di 150 milioni di tonnellate all’anno, in parte urbani, in parte industriali; ogni anno milioni di tonnellate di rifiuti nocivi provenienti dalle città, dalle centrali a carbone, da industrie metallurgiche e chimiche, dagli stessi inceneritori di rifiuti, finiscono in discariche spesso illegali, da cui metalli, elementi radioattivi e prodotti di putrefazione colano nel sottosuolo e contaminano le acque.
Per farla breve, la difesa dell’ambiente richiede prima di tutto conoscenze scientifiche sulla qualità e quantità delle merci e dell’energia prodotte e usate e dei loro prodotti di trasformazione, quelli che finiscono nell’aria, nelle acque, nel suolo; solo così è possibile far rispettare le leggi, che pure esistono e progettare impianti di filtrazione e depurazione di gas, liquidi e solidi inquinanti. Occorrono soldi pubblici e occorre del coraggio per dire no a, spesso potenti, interessi privati; il premio è un miglioramento della salute, un aumento dei posti di lavoro, un aumento di cultura, scientifico-tecnica ma soprattutto civile, e, perché no ?, una crescita della democrazia.