Il manifesto, 9 maggio 2014, con postilla
Corruzione Expo. Intervista all'ex pubblico ministero del pool di Mani pulite.
«La corruzione in Italia è così diffusa che è praticamente impossibile cercare di porvi rimedio per via giudiziaria». E’ una constatazione amara quella che Gherardo Colombo si trova a dover fare in un pomeriggio in cui il tempo sembra aver fatto un balzo all’indietro fino al 1992, anno in cui Tangentopoli ebbe inizio e lui, insieme al pool di Milano diede avvio a Mani pulite. 22 anni che sembrano passati invano. «Se oggi la situazione è analoga a quella di allora, mi sembra chiaro che la funzione di prevenzione che dovrebbero avere le indagini e i processi non sia stata svolta» commenta Colombo che, smessa la toga da magistrato, oggi è nel cda della Rai.
Dottor Colombo ecco di nuovo i nomi di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Allora è proprio vero che a volte tornano?
Lasciamo che si concludano le indagini e i processi, perché esiste sempre la presunzione di innocenza. Dopo di che, però, possiamo fare un riflessione che prescinde dalle persone e chiederci se quella di oggi è una situazione analoga a quella di allora o se ci sono delle diversità.
E lei che risposta si dà?
Posso dirle con certezza che allora esisteva un sistema della corruzione e che oggi non mi sembra che le cose siano cambiate poi così tanto. Il sistema è sopravvissuto, anche se forse è una cosa diversa: forse c’è meno finanziamento illecito ai partiti e una destinazione dei proventi della corruzione più verso se stessi, anche se magari con delle eccezioni. Se però riflettiamo sulla quantità di questo fenomeno e sulla sua diffusione, credo che in questo paese la corruzione oggi sia diffusa ancora molto, molto e poi ancora molto. Abbiamo una serie di indizi per poterlo dire, come le analisi della Corte dei conti e gli approfondimenti di Transparency internationalche ogni anno elabora l’indice della corruzione percepita. E poi abbiamo una serie di emergenze segnalate dai media.
Stando alle notizie, una cosa che sembra essere cambiata è la consistenza delle tangenti. Dal 5–10% dei tempi di Tangentopoli all’attuale 0,8%. E’ anche questa una conseguenza della crisi o cosa?
Allora le tangenti erano molto più articolate. Ricordo quelle pagate per la costruzione della metropolitana: il movimento terra valeva il 3%, mentre invece attività che richiedevano maggiori competenze arrivavano fino al 13%. Sullo 0,8% di oggi probabilmente incide il fatto che girano meno soldi.
Perché in tutti questi anni l’azione di risanamento non è riuscita? E’ un problema di leggi insufficienti?
No, secondo me è un problema di cultura. Se si trattasse soltanto di leggi, quelle che puniscono la corruzione ci sono. Non sono perfette, ci mancano una sacco di cose ma ci sono. Credo invece che sia proprio un problema di cultura, di modo di pensare. La corruzione in Italia è così diffusa che è praticamente impossibile cercare di porvi rimedio per via giudiziaria, occorre intervenire attraverso stimoli educativi. Leggi più severe non servono. Vede le leggi c’è il precetto, che dice cosa è vietato, distingue quello che è lecito da quello che è illecito. Ora questa parte certamente è utilissima, però non serve a mio parere perché comporta generalmente solo il carcere, che invece di aiutare a marginalizzare la devianza alla fine la facilita. Se noi usiamo la sanzione per rendere vero il precetto, va a finire che ci mordiamo la coda.
Quindi è tutto inutile?
Non è tutto inutile, l’intervento penale è insufficiente. Dovrebbe tendere davvero, come dice la Costituzione alla rieducazione del condannato usando strumenti che siano in coerenza con il senso di umanità.
Viste le indagini di questi ultimi 22 anni, Mani pulite è stata inutile?
Se oggi la situazione è analoga a quella di allora, se la funzione delle indagini e dei processi è quella tra l’altro di operare come prevenzione generale, beh mi sembra che questa operazione di prevenzione non sia stata svolta. Guardi, io sono entrato in Mani pulite nell’aprile del 1992, nel luglio in un’intervista all’Espresso buttai lì l’idea che chi avesse ricostruito i fatti, restituito quello che aveva incassato illegittimamente e si fosse allontanato per qualche anno dalla vita pubblica non sarebbe andato in prigione. Si capiva già che attraverso lo strumento penale non si sarebbe riusciti a concludere niente.
postilla
Del resto, se per vent'anni ha governato un tale che dichiarava che non bisognava pagare le tasse, non possiamo meravigliarci del fatto che la cattiva politica ha battuto la buona giustizia. E purtroppo, se poi a quel tale, dichiarato criminale in tre gradi di giudizio, l'oggettiva complicità tra cattiva politica e morbida ha concesso l'impunità, non potremo meravigliarci domani se scopriremo che la corruzione è ancora cresciuta. A meno chegli elettori non sappiano trasformare il disgusto in speranza e completare la protesta con la proposta.