La Repubblica, 13 novembre 2013
Lo stadio è una piazza dalla quale le persone comuni, non imbrancate in quei clan dai connotati spesso malavitosi, per cultura o per prassi, che sono le tifoserie di curva, si sentono escluse. I vari presidenti, dirigenti e vip locali, rinchiusi nelle loro tribune fortificate, se ne possono anche fregare (difatti: se ne fregano) ma negli stadi, oramai, c’è posto solo per i ricchi arroccati nelle loro ridotte e per una plebe criminale che divide la scena, e le telecamere, con la tribuna d’onore. Il resto è spazzato via, gradinate vuote, famiglie in fuga, disgusto e paura della brava gente. È la privatizzazione, di fatto, di uno spettacolo che fu di tutti, e oggi appartiene solo ai suoi padroni economici (le società) e ai suoi padroni militari (gli ultras). Complici gli uni degli altri.