«Verdini, è il potere così come Renzi prometteva di combatterlo, camaleontico, cinico, sopravvivente a qualunque evento perché vivente solo in funzione di se stesso. Amico degli amici, purché gli amici siano al potere, e nemico solamente di chi non ha potere». La Repubblica, 4 ottobre 2015 (m.p.r.)
No, Verdini non è il mostro di Lochness, come dice Matteo Renzi. È molto peggio, politicamente parlando. Intanto perché esiste, a differenza del biscione avvistato in un lago scozzese da qualche amante della birra. E poi perché incarna magistralmente, della politica italiana, l’eterno affarismo e l’eterno consociativismo, il cinismo pre e post ideologico, la totale mancanza di coerenza (coerentemente con la totale assenza di princìpi), la disponibilità non al compromesso (che in politica è una virtù) ma al maneggio con secondi fini.