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Marie-Luise Gumuchain
L'Africa fa i conti con le sue mega-città
16 Settembre 2006
Megalopoli
Ogni tanto se ne parla: la questione socio-ambientale delle mega-città povere, e gli strumenti della pianificazione. Notizia Reuters da il manifesto, 16 settembre 2006 (f.b.)

John Ochieng ha perso il conto delle persone che bussano alla porta della sua baracca di una stanza nello slum di Kibera, nella capitale kenyana Nairobi, cercando un posto dove stare. Attirati dal sogno di una vita migliore, centinaia arrivano ogni mese in questo ammasso di baracche dai tetti di lamiera che già ospita 600mila persone in un corridoio di tre chilometri, probabilmente il più grande slum africano. «A volte quattro persone in una sola settimana bussano alla mia porta chiedendo se ho spazio o se so di qualche altro posto», dice Ochieng, 26 anni, macellaio, che in quella baracca vive con la moglie e quattro figli. Ogni giorno nuove persone arrivano portando i propri averi, traversano rigagnoli di fogna e montagne di spazzatura e si sistemano in qualche modo. Molti resteranno senza elettricità, dovranno pagare per qualche secchio d'acqua e useranno buche straripanti come latrine. Slums come Kibera solo il volto orribile dell'urbanizzazione dell'Africa, le cui città sono sopraffatte dalla crisi degli alloggi, dalla criminalità, e da infrastrutture inadeguate alla crescita tumultuosa di questi anni. «Negli anni '70 Nairobi era una città verde. Era tranquilla, andare in giro era sicuro, non c'erano buche per strada né mercati selvaggi», spiega un libraio che si presenta come Chan.

La pianificazione urbana sarà al centro di un vertice di 5 giorni, la settimana prossima a Nairobi: « Africities», organizzato dall'unione Panafricana dei governi locali in collaborazione con il governo del Kenya, metterà a confronto enti locali, imprenditoria pubblica e privata, forze sociali, Ong, università, sui problemi delle grandi città del continente. Anche perché il trend di crescita continua. Mentre alcune grandi città hanno visto l'immigrazione stabilizzarsi, molte continuano a ricevere ondate di persone che abbandonano la tradizionale agricoltura di sussistenza a causa di conflitti, o degrado ambientale, o per il collasso delle strutture familiari provocato dall'Aids. Secondo le Nazioni unite l'Africa subsahariana, dove il 72% della popolazione urbana vive in slums (baraccopoli, bidonvilles), ha il più alto tasso di crescita urbana al mondo. A questo ritmo si calcola che nel 2030 oltre metà degli africani vivranno in città - una popolazione urbana superiore a quella di tutta Europa.

Lagos, la metropoli nigeriana, con una popolazione stimata di 17 milioni di abitanti, è la più grande città africana e continua a crescere tra il 6 e l'8 percento annuo: ovvero, 600mila persone ogni anno si aggiungono alla popolazione urbana, provenienti da un po' tutta la Nigeria e dall'intera Africa occidentale. Ma la sordida realtà della città fa beffe del motto ufficiale di Lagos, «terra di acquatico splendore». L'intera città ha appena 67 camion funzionanti per la raccolta della spazzatura. Poliziotti e gangster gestiscono checkpoints dove estorcono soldi ai passanti, e la vista di cadaveri scaricati in pubblico è frequente. Milioni di abitanti di Lagos cucinano su fuochi di legna, non hanno acqua corrente e trascorrono le serate nell'oscurità in mancanza di luce elettrica. Circa due terzi degli abitanti della città vivono in estrema povertà in un centinaio di slum, ma anche gli alloggi per i benestanti sono scarsi, non tengono dietro alla domanda. Così i danarosi expat arrivano a pagare 60mila dollari all'anno per un appartamento di tre stanze nelle zone residenziali del centro.

Anche Algeri, capitale di un relativamente ricco paese produttore di petrolio, ha penuria di spazio, con i suoi oltre tre milioni di persone e un milione di automobili; anni di conflitto in terno nelle zone rurali e suburbane hanno spinto milioni di persone a emigrare nelle città sulla costa. «Nessuno può essere orgoglioso di Algeri», dice il ministro dell'interno Noureddine Yazid Zerhouni, lamentando il declino della città famosa per i suoi edifici bianchissimi sulla collina, una vista che conserva ancora un po' del suo antico fascino. «Con i problemi dell'acqua, la nettezza urbana, i trasporti, l'insicurezza... con tutto questo, non possiamo dirci una delle capitali mondiali». Certo, ci sono in vista investimenti che potrebbero migliorare le cose. Ad Algeri alcune società straniere hanno firmato contratti per costruire una linea di tram e la prima metropolitana. All'altro capo del continente la capitale angolana Luanda, costruita per una popolazione di circa 400mila persone, ora conta 5 milioni di abitanti, in gran parte arrivati dalle regioni rurali a causa della guerra civile durata 27 anni e finita solo nel 2002. «A Luanda pochissimi sono tornati indietro nelle campagne (alla fine della guerra), e pochissimi lo faranno», dice l'architetto Allan Cain.

Nota: per chi fosse interessato, qui di seguito anche scaricabili direttamente il programma e il fascicolo stampa di Africities (f.b.)

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