Il manifesto online, 13 luglio 2015, con postilla
Più che un negoziato, quello di ieri a Bruxelles è stato per Alexis Tsipras un “waterboarding mentale”. E’ stato il quotidiano inglese The Guardian a paragonare il faccia a faccia tra il premier greco, Francois Hollande, Angela Merkel e il presidente di turno dell’Ue, il polacco Donald Tusk, alla famigerata tortura utilizzata dalla Cia per far parlare i presunti terroristi.
Ma, all’esito dell’ennesima estenuante giornata di riunioni a porte chiuse e quando ancora i leader europei erano riuniti per un’altra notte di trattative, le parole forti si sprecavano: il secondo hashtag più twittato al mondo era #thisisacoup (“questo è un colpo di Stato”), sempre il Guardian titolava “L’Europa si vendica di Tsipras”, mentre il quotidiano francese Liberation si chiedeva “a che gioco gioca la Germania” e il tedesco Der Spiegel parlava di “catalogo di atrocità”.
Era accaduto che, nel tardo pomeriggio, al termine di un Eurogruppo aggiornato dalla sera precedente dopo un duro scambio di battute Mario Draghi e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble (“don’t take me for a fool”, “non prendermi per stupido”, aveva detto quest’ultimo al capo della Bce), era trapelata una bozza di ultimatum che suonava come un’umiliazione per il governo greco, inutilmente vendicativa e mirante a chiudere la “parentesi di sinistra” rappresentata dal governo Syriza. In buona sostanza, si chiedeva alla Grecia di cedere la sua sovranità fiscale (e non solo) in cambio della riapertura delle trattative, in ogni caso non veniva escluso un Grexit, anche temporaneo, e si ponevano condizioni-capestro: alcune riforme da attuare in appena 72 ore, tra cui quella delle pensioni e l’aumento dell’Iva, garanzie in beni statali (architettonici, artistici, infrastrutture, etc.) per 50 miliardi da consegnare all’Agenzia per le privatizzazioni la cui sede sarebbe trasferita in Lussemburgo, la reintroduzione dei licenziamenti collettivi e la riforma della contrattazione.
Infine, l’abolizione immediata di tutte le leggi approvate dal governo Tsipras, tra le quali misure umanitarie come gli aiuti a pagare le bollette dell’elettricità e dell’acqua, lo stop agli sfratti e l’azzeramento del ticket per accedere al servizio sanitario nazionale per le fasce più povere della popolazione, ma anche la riassunzione dei dipendenti pubblici licenziati dal governo Samaras (a partire da quelli della tv di Stato Ert, che è stata riaperta, e delle dipendenti delle pulizie del ministero delle Finanze, primo atto di Yannis Varoufakis al suo insediamento).
Condizioni palesemente inaccettabili, definite “umilianti e disastrose” dai negoziatori greci e che hanno fatto sbottare il ministro della Difesa Panos Kammenos: “Ci vogliono schiacciare, ora basta”, ha detto il leader dell’Anel (Greci Indipendenti), partner di governo di Syriza che, pur non d’accordo con l’ultima proposta presentata da Tsipras all’Eurogruppo, l’aveva votata in Parlamento per il timore che, in caso contrario, sarebbe potuta esplodere una “guerra civile”. Tutto ciò mentre, in serata, ad Atene circolava un sondaggio per il quale il 68 per cento dei greci a questo punto sarebbe a favore del Grexit: un capolavoro politico per i falchi dell’eurozona, che sono riusciti a far perdere totalmente fiducia in loro a una popolazione, compreso l’elettorato di Syriza, assolutamente europeista.
Ma è tutta l’impalcatura comunitaria che scricchiola vistosamente e rischia di venir giù all’emergere del primo vero dissenso politico. Capeggiato dalla Germania (e le cronache raccontano che la più dura contro la Grecia, ieri, fosse Angela Merkel, quasi a smentire le voci di divergenze con il falco Schäuble), il fronte del no si è fatto forza di un voto del Parlamento di Helsinki (dove ha pesato il 21 per cento dell’estrema destra dei Veri finlandesi, in maggioranza) per compattare uno schieramento a favore dell’espulsione di Atene dall’eurozona che comprende pure i paesi baltici e l’Olanda.
Sul fronte opposto la Francia, che aveva dato una mano al governo greco per la presentazione della proposta, e a quanto pare Mario Draghi, mentre è rimasto marginale il ruolo dell’Italia. Hollande era arrivato a Bruxelles sostenendo che non avrebbe mai permesso che la Grecia andasse fuori dall’euro, ma è stato sconfessato dal documento dell’Eurogruppo. E’ a partire da quella base che si è trattato per tutta la notte. Ma, comunque vada, le ferite di questa brutta vicenda rischiano di rimanere aperte a lungo. Una brutta pagina per l’intera Europa.