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La svendita dell'Agro romano
10 Ottobre 2008
Roma
Nell'articolo e nell'intervista su la Repubblica, ed. Roma, 9 ottobre 2008, avvisaglie sinistre sul nuovo corso dell'urbanistica capitolina. Con una postilla (m.p.g.)

"Niente case nell´Agro romano" Dal Pd a Italia Nostra, un coro di no

Giovanna Vitale

«Giù le mani dall'Agro romano». Dal Pd ai Verdi, da Legambiente a Italia Nostra, dal Comitato per il verde urbano all'Unione inquilini, dall'IdV alla Destra di Storace, è unanime il coro di no allo schema di delibera messa a punto dal sindaco Alemanno per invitare chiunque sia in possesso di un terreno agricolo a offrirlo al Comune per realizzare 25mila case popolari. Il bando per il reperimento delle aree di riserva, che in cambio della cessione di suolo offre ai privati la possibilità di costruire altrove, sarà approvato in giunta mercoledì prossimo: la chiave per aprire alla modica del nuovo Prg e alla cementificazione della cinta naturale della capitale.

«La distruzione dell'Agro romano sarebbe non solo uno scempio, ma un danno gravissimo per i cittadini» tuona l´assessore regionale all´Agricoltura, Daniela Valentini. «Nel Lazio, negli ultimi dieci anni, sono già spariti 127mila ettari di campagna, un territorio pari a una città come Roma» denuncia. «E con il bando di Alemanno le cose non potranno che peggiorare: il nuovo Prg, infatti, ha dato certezze, stabilito quali fossero le destinazioni d'uso dei terreni, stoppato la cosiddetta agricoltura d'attesa, quella cioè praticata dai grandi costruttori che, sperando nella trasformazione delle loro proprietà in zone edificabili, le ha di fatto immobilizzate, rese improduttive». Il j'accuse della Valentini è durissimo: «Alemanno ha rimesso in moto la caccia di suolo agricolo da parte degli imprenditori romani, facendo tornare la città agli anni peggiori della speculazione edilizia. La campagna è vitale per una metropoli come la nostra: un polmone verde che può essere volano di sviluppo per un´altra economia, capace di produrre ricchezza e servizi».

E sebbene il sindaco si dica «sconcertato per le polemiche: noi cercheremo di non compromettere l'agro romano, ma abbiamo ereditato dalla precedente amministrazione una dotazione massima per 6mila alloggi che sono assolutamente insufficienti a dare una risposta adeguata all´emergenza», le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra. Persino Italia Nostra, da sempre vicina al primo cittadino: «Il bando non modifica certo in maniera positiva il nuovo Prg», fa sapere la sezione romana, «meglio procedere alla demolizione e ricostruzione in aree degradate o dismesse». Verificando insomma «tutte le possibili soluzioni prima di intaccare irrimediabilmente il nostro patrimonio», esorta il segretario dell'Idv, Roberto Soldà. Cominciando magari da «un serio censimento del fabbisogno abitativo reale», suggerisce Massimiliano di Gioia dei Verdi. Perché è vero che «l'emergenza abitativa deve avere risposte giuste», sostiene Annamaria Procacci del Comitato verde urbano, «ma risparmiando nuove colate di cemento su un territorio prezioso, ormai molto ridotto dall'avanzata della città».

Timore al quale si associa l'Unione Inquilini («Si avvicina una nuova cementificazione, tanto più che Alemanno fa confusione fra social housing, alloggi da affittare a canone agevolato, e case popolari»), mentre Legambiente fa il calcolo dei possibili danni. «Le aree da reperire rientrano nei circa 24mila ettari destinati ad Agro romano vincolato», spiega il responsabile Territorio, Mauro Veronesi: «Ebbene, edificare 25mila appartamenti significherebbe realizzare quasi 9 milioni di nuovi metri cubi. Ritornando così alla prima versione del Prg varato dalla giunta Veltroni nel 2002, che prevedeva 770 ettari di aree di riserva poi faticosamente ridotte a 385. Con gli attuali indici edificatori, quindi, occorrerebbero ben 750 ettari di nuovo suolo da consumare, pari a 9 volte Villa Borghese, Pincio compreso». Esplicito il sospetto di Vladimiro Rinaldi, consigliere regionale della Lista Storace: «Non vorremmo che dietro la promessa di nuove case popolari ci fosse già un piano per spianare la strada dell'Agro romano alle ruspe».

Parla l'assessore all'Urbanistica Marco Corsini "Prenderemo soltanto le aree che servono"

Giovanna Vitale

«Prenderemo tutte le aree che servono ma solo quelle che servono». È questo lo slogan coniato dall'assessore all'Urbanistica, Marco Corsini, per spiegare la ratio del bando, da lui materialmente confezionato, sulle aree di riserva.

Assessore Corsini, molti temono che con il pretesto delle case popolari si apra la strada alla cementificazione selvaggia dell'agro romano...

«La giunta ha delineato una manovra nella quale l'interpello pubblico ai proprietari costituisce uno dei passi, ma non l'unico, per individuare le aree da destinare all'housing sociale. È comunque nostra intenzione non intaccare le zone pregiate, ma solo quelle compromesse. Occorre accantonare l'ideologia della sacralità dell'Agro».

Quindi il polmone verde della città sarebbe un inutile orpello?

«L'Agro è sì patrimonio di Roma, ma quando la città ne ha bisogno per il suo sviluppo deve poterne usare con la dovuta parsimonia. Ovviamente uso non vuol dire abuso: la nostra stella polare sarà il fabbisogno reale».

Ma scusi, con l'attuale Prg si potrebbero costruire subito tra i 6 e i 7mila alloggi, fino ad arrivare a 20mila. Perché non seguire questa strada anziché quella del bando?

«Uno dei punti critici dell'attuale Prg è la scarsa flessibilità, la sua distanza dai reali bisogni dei cittadini. È vero che ha delle potenzialità edificatorie, ma richiedono i tempi lunghi della fase attuativa, incompatibili con l'attuale necessità di far fronte all'emergenza».

Insisto: anche modificare il Prg richiede tempi lunghi. Allora perché non dar corso subito all'attuazione, anziché rimettere mano alla pianificazione varata meno di otto mesi fa?

«Il Prg va corretto perché non dà sufficienti garanzie di usufruire di aree per l'edilizia popolare e per le compensazioni che servono a tutelare le zone verdi di pregio».

Ma i romani quando vedranno queste benedette case popolari?

«Intanto noi censiamo le aree, faremo una graduatoria e le lasceremo lì fin quando non sarà definito il fabbisogno. Nel frattempo speriamo di inserirci nelle procedure accelerate prevista dal governo per il Piano Casa e di ottenere i poteri speciali di Roma capitale».

Ma ci vorranno anni...

«Sono processi lunghi, certo non domani».

Intanto è partita la caccia alle aree agricole nella speranza che voi le prendiate dando in cambio nuove cubature... Una bella speculazione non le pare?

«Si chiama cessione compensativa: cubatura al posto dei soldi per l'esproprio che l'amministrazione non ha. Comprare le aree a prezzi di mercato è impensabile».

L'assessore regionale Di Carlo propone però di aumentare la densità abitativa anziché espandere la città sull'Agro...

«Significa realizzare palazzi di 6-7 piani in periferia. Roma modello Tokio a noi non piace. La bassa densità abitativa contribuisce ad aumentare la qualità della vita dei romani. E va salvaguardata».

Postilla

Come sanno i nostri lettori, eddyburg è stato fra i più rigorosi censori del recente prg capitolino a firma Veltroni-Morassut, ma in questo caso il rimedio è ancora peggiore del male. La filosofia urbanistica che traspare dalle parole dell'assessore Corsini è di tale desolante arcaicità palazzinara da meritare solo un commento lessicale: anni di battaglie per la salvezza di una delle aree più preziose e fragili dal punto di vista naturalistico, culturale, storico, liquidati come "ideologia" sorpassata. E l'Agro romano viene sacrificato in nome dei due moloch di vecchia conoscenza: "sviluppo" e "flessibilità". Non stupisce che il più convinto riconoscimento al prg veltroniano sia elargito dall'assessore alle "potenzialità edificatorie". Nomina nuda tenemus (m.p.g.)

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