L’Unità, 20 marzo 2014
Povera austerità. Fino a qualche tempo fa era sovrana incontrastata d’Europa, e i governati facevano a gara a inchinarsi ai suoi piedi, nascondendo accuratamente sotto il tappeto i costi sociali dei loro inchini: povertà, disoccupazione, disastro sociale. Oggi la polvere è troppa, non c’è tappeto che tenga; si mischia al polverone di chi vuole sfasciare tutto, per riconsegnare il continente ai nazionalismi. Madame Austerity ha perso lo smalto, la sua compagnia non è più gradita a nessuno: neppure a chi l’ha votata e osannata, come il Pd italiano e la Spd tedesca, il cui leader Martin Schulz è candidato del Pse alla presidenza della Commissione europea. Significa forse che il vincolo del 3% non verrà rispettato, che questi partiti si batteranno per la fine del Fiscal Compact, che in Italia verrà cancellato dalla Costituzione l’obbligo capestro del pareggio di bilancio?
Niente di tutto questo: «L’Italia non vuole cambiare le regole», ha dichiarato Renzi alla Merkel. Neppure, dunque, quella che dal 2015 aggiungerà ai quasi cento miliardi annui che già paghiamo per gli interessi sul debito, altri 45 miliardi l’anno da versare alle banche per cominciare a ridurlo. E dove li prenderemo?
Una Conferenza europea sul debito pubblico, come quella che nel 1953 ne condonò gran parte alla Germania, per consentire la ricostruzione dopo la guerra: questo propone un altro candidato alla presidenza della Commissione, Alexis Tsipras. In Grecia, Tsipras ha costruito il suo consenso proprio sul rifiuto dei vincoli che hanno sprofondato il paese nella povertà, aumentando il debito invece di diminuirlo; in Europa, propone fondi europei per la creazione di posti di lavoro e la riconversione ecologica, la sospensione del Fiscal Compact, una riforma della banca europea e delle politiche sull’immigrazione, e molto altro.
I candidati e candidate dell’Altra Europa sono persone che fanno politica da anni: perfino i più giovani, passati dalle lotte nelle scuole e nell’Università al movimento contro la precarietà e per il reddito minimo. Sono delegate e delegati metalmeccanici, compagne di strada di don Gallo e di Zanotelli, giornalisti, intellettuali, voci autorevoli del pacifismo e del femminismo, dell’Arci e dei Forum sociali.
Pensateci su, care compagne e compagni del Pd e scusatemi se uso questa vecchia parola a me cara. Diceva il filosofo: «non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo». Noi, più modestamente, non vi chiediamo di dare la vita: solo una firma. Un gesto d’amore per la democrazia, e di fiducia in voi stessi: per il gusto di provare a sconfiggerci dopo, in campagna elettorale, con gli argomenti e non con gli sbarramenti.