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Tomaso Montanari
La rivoluzione semantica del Mattarella innamorato
4 Febbraio 2015
Beni culturali
Graffiante e amabile come al solito, l'autore interpreta in un modo che speriamo conforme al vero le parole del nuovo Presidente della Repubblica a proposito del patrimonio di bellezza, saggezza e civiltà della Penisola.
Speriamo di vederlo presto ai fatti. La Repubblica online, blog "articolo 9", 4 febbraio 2015

Nel suo messaggio di insediamento, il presidente Mattarella ha solennemente abbracciato i principi su cui la Costituzione ha fondato la Repubblica. Il passaggio in cui questo abbraccio è stato più originale, direi personale, è stato proprio quello riservato all'articolo 9. Perché, arrivato a quel punto, Mattarella ha detto che «garantire la Costituzione significa» anche «amare i nostri tesori artistici e ambientali».

L'uso della parola «tesoro» potrebbe far pensare che anche il nuovo Capo dello Stato si allinei alla sciagurata dottrina del petrolio d'Italia, abbracciata dal suo immediato predecessore, che il 25 marzo del 2012 disse che «bisogna saper valorizzare, sfruttare fino in fondo la risorsa della cultura e del patrimonio storico-artistico».

Ma la scelta del verbo («amare»: per nulla ovvio e per nulla grigio) fa capire che il registro non è quello di Napolitano, ed è semmai profondamente assonante a quello di Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2003 aveva invece detto che «la cultura e il patrimonio artistico devono essere gestiti bene perché siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani per tutte le generazioni. La doverosa economicità della gestione dei beni culturali, la sua efficienza, non sono l'obiettivo della promozione della cultura, ma un mezzo utile per la loro conservazione e diffusione. Lo ha detto chiaramente la Corte Costituzionale in una sentenza del 1986, quando ha indicato la "primarietà del valore estetico-culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici"».

Ora Mattarella torna a Ciampi, e con quell'«amare» scardina il discorso pubblico sul patrimonio culturale, inchiodato ad un registro puramente economicistico. Che presiedeva l'unico riferimento alla cultura di un altro recente discorso di insediamento, quello pronunciato al Senato della Repubblica il 24 febbraio 2014 dal presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Quando dico che si mangia con la cultura dico che, allora, bisogna anche avere il coraggio di aprirsi agli investimenti privati nella cultura».

Ecco, Mattarella parla un'altra lingua, perché il sottotesto del suo «amare i nostri tesori artistici e ambientali» non è il basso continuo del denaro, ma è nientemeno che il Vangelo: «Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Matteo, 6, 21). È la stessa altezza della Costituzione, che dice che la Repubblica «tutela il paesaggio e il patrimonio della Nazione» non per aumentare il Pil, ma per favorire «il pieno sviluppo della persona umana» (art. 3). Amare, conoscere, difendere: non sfruttare, mettere a reddito, noleggiare. Non si amano le cose morte: e l'ambiente e l'arte italiani sono vivissimi. Finché non siamo noi ad ucciderli.

C'è da sperare che, quando gli porteranno il prossimo Sblocca Italia da firmare, il presidente Mattarella sia fedele a questo altissimo passaggio del suo primo messaggio al Paese.

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