Il manifesto, 9 agosto 2015
Adriatico. La rabbia dell’Abruzzo dopo il via libera del governo alle trivellazioni petrolifere. Al via ricorso al Tar ma la lotta non si ferma: «Così si distrugge turismo e agricoltura»
È «Ombrina» la parola che, più d’ogni altra, attualmente fa imbestialire l’Abruzzo e il suo milione e 332mila abitanti. E nelle scorse ore il governo Renzi, col Pd, con i suoi fedelissimi, ha regalato ad una società delle Falkland l’ok alla distruzione di uno dei tratti più belli dell’Adriatico.
Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, l’altro ieri, hanno infatti firmato il decreto di compatibilità ambientale per la costruzione della piattaforma «Ombrina mare» della multinazionale Rockhopper al largo della Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti. È l’ultimo atto amministrativo — a parte il decreto di concessione del ministero dello Sviluppo economico che, però, a questo punto diventa mera formalità — prima dell’avvio dei lavori per la nascita dell’impianto petrolifero. Un progetto contestatissimo e combattuto da anni, da movimenti e comitati, e dai cittadini che il 23 maggio scorso a Lanciano (Ch) – erano in 60 mila — e il 13 aprile 2013 a Pescara – in 40 mila — sono scesi in massa in piazza per ribadire che questa regione non vuole diventare il regno delle trivelle. Un fiume di no ad Ombrina e alla politica energetica del premier che, tra un tweet e un selfie, sta trasformando il Belpaese in Texas. In barba alla volontà delle popolazioni. «Se ci penso… è folle… a pochi chilometri da riva, nel mezzo di un mare chiuso, vicino alle spiagge, di fronte al costituendo Parco nazionale della Costa Teatina. Ma che razza di ministero dell’Ambiente approva queste cose? - chiede la ricercatrice Maria Rita D’Orsogna - . E quale salvaguardia ci si può attendere da un ministero dei Beni culturali che, in 53 pagine più allegati, autorizza uno scempio del genere?».
Il progetto di «sviluppo del giacimento Ombrina», come spiega proprio lo sciagurato decreto numero 0000172 del 7 agosto, prevede la realizzazione «a circa 6,5 chilometri dalla costa, su un fondale di circa 20 metri, prevalentemente sabbioso», di «una piattaforma per la produzione di gas pliocenico» e petrolio «da cui si dipartiranno da un minimo di 4 ad un massimo di 6 pozzi di produzione»; di «un serbatoio galleggiante» (nave Fpso che sarà sempre in funzione con fumi, torce e termodistruttori) «per il trattamento e lo stoccaggio» del petrolio; di circa 25 chilometri di condotte sottomarine o «sealines per il trasferimento del greggio dai pozzi alla nave desolforante e del metano».
La concessione era stata originariamente rilasciata alla Medoilgas, che l’ha ceduta a Rockhopper. «La struttura – spiega Antonio Massimo Cristaldi, ingegnere di Monza, esperto in materia – porterà al rilascio di sostanze tossiche in mare, come è prassi in tutte le installazioni offshore del mondo. “Ombrina” abbraccerà ben due riserve di pesca, finanziate con fondi pubblici e comunitari, che saranno interessate da fenomeni di bioaccumulo di inquinanti gravi, fra cui mercurio e cadmio. Nel luglio 2008 – evidenzia -, le prove di produzione provocarono l’intorbidimento del mare attorno ad essa. L’Agenzia regionale di tutela ambientale (Arta) dimostrò che mentre lontano da “Ombrina” le acque erano “buone”, quelle attigue erano passate ad “inquinamento medio”. E ciò in soli tre mesi. Secondo i documenti forniti dalla ditta proponente ai suoi investitoti – spiega ancora Cristaldi – il petrolio in quest’area non è facile da estrarre e per ciò si prevede l’uso di tecniche aggressive, fra cui quelle della acidizzazione del pozzo, di violente tecniche di stimolazione, tra cui la fratturazione; dell’utilizzo di fanghi diesel di perforazione, i più impattanti che esistano. Questi fanghi sono vietati nei mari del Nord dal 2000, a causa dell’inquinamento che comportano, a seguito della convenzione Ospar. Vogliamo parlare anche dell’inceneritore installato sulla Fpso? Emetterà di continuo sostanze tossiche, come l’idrogeno solforato, un veleno ad ampio spettro. E c’è anche il pericolo di subsidenza». L’impianto sorgerà nel cuore di una riviera che sta puntando «ad una rinascita turistica», con il proliferare di attività ricettive – soprattutto hotel e bed and breakfast – , con gite in barca, con vela e surf , con la cucina tipica e la ristorazione sugli antichi trabocchi, che attraggono turisti da ogni parte del pianeta. Minacciata anche la fiorente produzione vitivinicola.
«A Matteo Renzi e ai suoi – riprende D’Orsogna — piacciono le trivelle, e non c’è democrazia, o intelligenza o buon senso che tenga. Nessuno mette navi desolforanti così vicino a riva nel mondo civile, ma in Italia sì. Le prescrizioni all’impresa? Fanno ridere. Ci sono tanto perché ci devono essere…». «Il parere positivo di Valutazione d’impatto ambientale (Via) – tuona il coordinamento “No Ombrina” -, da una prima analisi, mostra falle clamorose e un’illogica inversione procedurale riguardante l’Analisi del rischio che, per un progetto in cui basta un incidente per massacrare l’intero Adriatico, non è oggetto di valutazione preventiva ma si fa… dopo il decreto! Cioè prima si rilascia il parere favorevole e poi si studiano, da parte dell’azienda interessata, gli effetti devastanti di un incidente. Inaudito…». Anche su altri aspetti fondamentali, «come le modalità di scavo di chilometri di reti sottomarine per gli idrocarburi, quelle per l’ancoraggio della meganave Fpso lunga 330 metri e addirittura per il piano di smantellamento delle opere, il decreto rimanda a fasi progettuali successive». «Tra l’altro – sottolinea Augusto De Sanctis, del Forum Acqua — questo progetto non è stato sottoposto a Via transfrontaliera secondo quanto prevedono precise norme internazionali quando è evidente che uno scoppio o un incendio potrebbe coinvolgere le acque e le coste degli altri Paesi. Un provvedimento – aggiunge – che è solo il sigillo a scelte antidemocratiche di un governo mai eletto e che sta portando avanti politiche mai oggetto di consultazione popolare». Perché decisioni così importanti sono state prese a ridosso di ferragosto? «Sembra quasi che gli stessi estensori di tali atti si vergognino delle loro scelte. O probabilmente sperano di passare inosservati. Ma questo non è certamente possibile per “Ombrina” che è l’opera meno amata dagli abruzzesi negli ultimi anni»’: scrivono Wwf, Legambiente, Fai, Italia Nostra, Marevivo, Pro Natura e Arci.
Sotto attacco, oltre al governo, la Commissione Via nazionale, che precedentemente, a primavera, ha dato il nulla osta ad “Ombrina”. «E’ inquietante quanto emerge da interrogazioni di eurodeputati di L’Altra Europa con Tsipras e di parlamentari del Movimento 5 Stelle – afferma Maurizio Acerbo, di Rifondazione — sui componenti del comitato nazionale per la Via. Ci si aspetterebbe che a esaminare i progetti fossero fior di esperti e scienziati e invece si scoprono personaggi che poco hanno a che fare con l’ambiente e con biografie poco rassicuranti. Un vero caravanserraglio: indagati per corruzione, sospettati di legami con la ’ndrangheta, pidduisti… Quando ci raccontano che le grandi opere sono state sottoposte a tutte le verifiche ricordiamoci che razza di gente è questa». Il decreto – sostiene ancora il coordinamento “No Ombrina” — è uno schiaffo per il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso: la linea dialogante con il governo è bocciata inesorabilmente. A lui domandiamo: quando si romperà definitivamente con Renzi, che non ha timore di costruire un enorme gasdotto sulle faglie sismiche più pericolose d’Europa passando anche per L’Aquila?».
Il decreto emesso obbliga da un lato la società Rockhopper a realizzare il progetto entro 5 anni, nello stesso tempo ammette il ricorso al Tribunale amministrativo regionale, entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e al Capo dello Stato, entro 120 giorni. E su questo si sta già lavorando. «Stiamo studiando, con un gruppo scientifico e con le associazioni, il doveroso ricorso al Tar avverso detto atto governativo. Parimenti procederemo anche contro l’eventuale futuro decreto concessorio — dichiara l’assessore regionale all’Ambiente, Mario Mazzocca -. Il modello di sviluppo che vogliamo si basa su criteri improntati ad una reale sostenibilità. Per l’affermazione di questo modello di crescita la Regione, questa Regione, si batterà fino in fondo. E venderà cara la propria pelle».