VENEZIA. Il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, lo chiama un piano per trasformare gli inquilini da sudditi in «cittadini liberi» e «proprietari capitalisti». Con gli altri provvedimenti, secondo il ministro, finirà per essere «il più grande piano casa varato dal dopoguerra, il più importante d’Europa». In realtà, più prosaicamente, si tratta di una gigantesca vendita di case popolari a chi le abita, a qualsiasi titolo le possegga o ci sia dentro, e a qualsiasi costo per fargliele comprare pur di disfarsi di un patrimonio immobilizzato che lo Stato non sa gestire. E in questo il Veneto, più virtuoso di altri in quanto a gestione di case popolari, farà da apripista: entro il 31 ottobre tutto il patrimonio pubblico delle case ex Ater sarà venduto «facendo diventare proprietari 41mila inquilini che oggi lo occupano». Ricavo previsto 7-800 milioni di euro, che verranno reinvestiti per costruire nuove case per giovani, coppie e così via.
L’annuncio è stato dato ieri dal presidente della Regione Giancarlo Galan, dal ministro Brunetta teorizzatore della vendita a livello nazionale, e dall’assessore Massimo Giorgetti in una conferenza stampa a Palazzo Balbi. In realtà per scendere dagli annunci salvifici, che fanno risalire il piano casa a quello adottato da Lula per le favelas, alla realtà bisognerà aspettare ottobre, quando saranno note le norme con le quali la Regione intende procedere alla vendita delle case. Molti sono, infatti, gli interrogativi: a quali prezzi, con quali norme dispositive, con quali obblighi e così via. E poi c’è da valutare il ruolo che dovranno assumere le banche, che, ovviamente, dovrebbero fornire i mutui agli inquilini, che comunque avranno prezzi di gran favore.
Per lo Stato, oltre che per gli inquilini, si dovrebbe trattare di un affare, visto che i prezzi medi che le Ater riscuotono dagli affitti non bastano neanche a pagare il costo medio della manutenzione degli appartamenti che, in Veneto, secondo le statistiche fornite dalla Regione sono per oltre il 50% di prima del 1969. Del resto l’Ater ha già avviato in Veneto un programma di vendite immobiliari, anche se per adesso, non ha avuto grande successo: ma i prezzi sono a valori scontati rispetto al mercato.
Da quel che si è capito ieri, in mezzo agli annunci di rivoluzione, il piano dovrebbe seguire alcune linee:
1) gli alloggi verranno venduti agli inquilini che li occupano perché ne hanno diritto o perché di fatto sono lì ormai da molti anni. L’abusivismo in Veneto è modesto ma in alcune Regioni d’Italia è alto. Comunque i prezzi saranno tali da trasformare il canone di locazione nella rata di un mutuo. Il prezzo medio, a quanto stima Giorgetti, sarà circa sui 20.000 euro ad abitazione, comunque dipenderà dalle fasce di reddito. A fornire i mutui dovrebbero essere le banche, ma in che modo e in che forme è ancora tutto da decidere;
2) lo scopo è di vendere quel che c’è senza troppe esitazioni e di riuscire a chiudere entro fine ottobre. Quindi ci dovrebbe essere la possibilità di rivendere gli alloggi, la possibilità che chi non vuole aderire venda la nuda proprietà e così via. Lo scopo è anche di fare sì che alcuni immobili vengano acquisiti per essere abbattuti e poi ricostruiti;
3) Il ricavato dell’operazione dovrebbe essere, di 750 milioni che, dicono gli sponsor del progetto veneto, costituirebbero il volano di una fase due degli investimenti in edilizia popolare. I fondi potrebbero essere anche utilizzati per acquistare l’invenduto sul mercato in modo da avere disponibilità di nuovi alloggi.
4) Con questa gigantesca sanatoria lo Stato si libera di un patrimonio morto che costa molto più di quanto rende (basta pensare l’assurdità che le Ater pagano anche l’Ici sugli immobili che rendono a volte 15 o 20 euro al mese) sorvolando sul fatto che in molti casi si premiano gli abusivi.
Si spera che con la nuova fase si riesca a superare uno dei problemi storici del paese e cioè quello dell’assenza di un mercato dell’affitto e di un’edilizia popolare che premi davvero le fasce più deboli della popolazione. Ma dopo anni di condoni e di sanatorie, sarà difficile imporre e fare rispettare regole. Comunque fine ottobre è vicino: basta aspettare come sarà la legge che verrà predisposta.
Regalano a pochi le case costruite (a differenza di quelle nelle favelas) con i soldi di tutti i lavoratori. Spacciano questo per un “piano casa”. Rinunciano a un patrimonio pubblico di case in affitto, prezioso tanto più che è aumentata la mobilità territoriale. Non viene loro in mente che una moderna ed efficace politica della casa deve poter incidere su tutti i segmenti dello stock abitativo, e che non può essere affidata al mercato.
Ma in realtà non sono ignorati (almeno, non tutti). Sono pervasi dall’ideologia per la quale è cittadino solo chi è proprietario. Non avrebbero firmato l’articolo 42 della Costituzione, là dove stabilisce che devono essere posti alla proprietà “i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. Per loro, l’unica funzione sociale utile è quella che assicura il loro potere: più italiani diventano proprietari più noi possiamo illuderli che i loro interessi coincidono con i nostri. É una politica vecchia per l’Italia; praticata dalla vecchia DC, ha contribuito adl allontanare l’Italia del resto dell’Europa riducendo al lumicino il mercato dell’affitto, facendo lievitare i prezzi delle case, costituendo l’alibi per sempre nuove espansioni edilizia, diruttannto risorse dal profitto e dal salario verso la rendita, e infine distruggendo il bel paese e la speranza di un vero “diritto alla casa” – per chi ha bisogno di un tetto a un canone equo e non a chi vuole diventare ricco a spese degli altri.
Qualcuno protesterà per la politica dei Galan e dei Brunetta, e del loro padrone?