«L’unica certezza rimane l’urgenza della messa in sicurezza dei territori, la vera grande opera pubblica necessaria al Paese, incompatibile con qualsiasi forma di sanatoria edilizia». il manifesto, 24 agosto 2017
Chi in queste settimane sta cavalcando il tema dell’abusivismo di necessità, per un consenso elettorale, speriamo si fermi. In un paese civile e democratico l’illegalità si combatte e non può essere in nessun modo autorizzata o giustificata dalla politica. Il terremoto a Ischia ci ricorda che l’Italia è un Paese fragile, a rischio sismico ed idrogeologico. Investire nella riqualificazione degli edifici per renderli sicuri non è più rinviabile. L’abusivismo edilizio, la cementificazione selvaggia, è un elemento che crea fragilità, toglie sicurezza, bellezza, dignità ai nostri territori.
Ischia è un simbolo di questa piaga che affligge il Paese e non è certo un caso isolato. Qui il cemento si è aggiunto al cemento in modo disordinato, senza regole, indebolendo versanti che poi con le forti piogge cedono e trascinano a valle quello che trovano. Come successe nel 2009 con la morte di una povera ragazza.
Il tutto in nome e per conto di una «economia del turismo» fatta di piani e ampliamenti venuti su in pochi giorni, pronti da affittare nella stagione turistica, magari in nero.
Questa è, semplicemente e drammaticamente, la storia dell’attrazione fatale per il cemento che contraddistingue gran parte delle coste del nostro Meridione.
L’Italia è un paese deturpato da cemento speculativo e illegale, i cui numeri sono eloquenti: nel 2016 gli abusi sono stati circa 17 mila. In dieci anni in Campania sono state realizzate circa 60mila case abusive. E non parliamo di abusi di necessità, un fenomeno terminato alla metà degli anni novanta, ma di soggetti organizzati che hanno tirato su negli anni interi quartieri, in aree dove controllano tutto.
Così negli anni abbiamo consumato il 66% delle coste calabresi, oltre il 50% di quelle campane e siciliane. E se il cemento illegale avanza velocemente le demolizioni di immobili abusivi procedono con lentezza: in Italia, dal 2001 al 2011, solo il 10,6% degli immobili è effettivamente andato giù. Una percentuale che precipita al 4% nella provincia di Napoli e rasenta lo zero a Reggio Calabria e Palermo. Ecco la situazione.
Il terremoto di Ischia deve suonare come un tragico campanello di allarme che ci aiuti a mettere in campo un piano straordinario di messa in sicurezza del patrimonio abitativo legale anche grazie a strumenti innovativi come il sismabonus: una prima ed importante misura per aiutare gli italiani a riqualificare le proprie case. Così come non è più rinviabile l’obbligatorietà del cosiddetto fascicolo di fabbricato, una sorta di carta di identità del costruito che riuscirebbe finalmente a garantire un monitoraggio puntuale della situazione delle abitazioni del nostro Paese.
A Ischia occorre mettere in campo una grande alleanza tra istituzioni, cittadini, operatori economici che riconoscano la gravità della situazione e rilancino in positivo un piano di messa in sicurezza, legalità e partecipazione.
L’unica certezza, oltre le polemiche se un terremoto di magnitudo 4 possa giustificare o meno i crolli, rimane l’urgenza della messa in sicurezza dei territori, la vera grande opera pubblica necessaria al Paese, incompatibile con qualsiasi forma di sanatoria edilizia.
L'autrice è presidente nazionale Legambiente