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C’è fretta di prendere decisioni e dalla Germania il vice-cancelliere, Sigmar Gabriel, approva la proposta del primo ministro austriaco, Werner Faymann, che vuole tagliare i fondi ai paesi recalcitranti della Ue che rifiutano le quote: «Penso che il cancelliere austriaco abbia assolutamente ragione quando dice che i soldi devono cessare di circolare se non arriviamo a una politica comune sui rifugiati». I paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca), che hanno il chiaro appoggio dei Baltici, sono ormai sotto pressione.
L’Europa socchiude la porta, permette solo ai rifugiati da zone di guerre di mettersi in coda e ribadisce che respingerà con determinazione tutti coloro che pretendono di entrare provenendo da «paesi sicuri». Ma qualcosa si sta muovendo, dopo mesi di blocco.
I cittadini europei cominciano a muoversi, come se il muro ideologico dietro il quale in cui si erano volontariamente chiusi, stesse anch’esso aprendo delle brecce.
Ieri, in Francia – dove un sondaggio (fatto però prima della foto di Aylan che ha scosso le coscienze) dice che il 52% non vuole profughi – ci sono state varie manifestazioni a favore dell’accoglienza. A Parigi (con la bandiera siriana sulle statue a place de la République), Tolosa, Bordeaux, Montpellier, Nantes, Strasburgo dei cittadini sono scesi in piazza per chiedere un cambiamento di politica, «welcome», «aprite le frontiere».
Migliaia di persone hanno risposto agli appelli delle organizzazioni umanitarie, pronti ad accogliere dei profughi a casa, per qualche giorno o settimana. Jean-Claude Mas, segretario generale della Cimade, spera: «forse ci sono le condizioni emotive e politiche per un elettrochoc».
In altri termini, una breccia sembra essersi aperta nell’egemonia ideologica dell’estrema destra, che sembrava aver preso i sopravvento. I Repubblicani, il partito di Sarkozy, si arrocca sulla linea dura, accusa Hollande di «voltafaccia» per aver accettato il «meccanismo di redistribuzione», cioè le quote, mostra un volto triste ma già alcuni (persino François Fillon) cominciano a prendere le distanze da una posizione che non fa che ricalcare quella del Fronte nazionale, nel frattempo riunito per la sua Università d’estate, impantanato nella querelle famigliare dei Le Pen. Il primo ministro, Manuel Valls, riprende qualche colore respingendo tutta la destra in un «blocco reazionario».