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Paolo Berdini
La "fretta" di Walter rischia di produrre effetti devastanti
20 Marzo 2009
Roma
Il TAR ha bocciato il Prg di Roma, frettolosamente approvato dalla giunta Veltroni. Un commento preoccupato per le conseguenze da il manifesto del 20 marzo 2009

Un disastro. La sentenza del Tar del Lazio che annulla la procedura di approvazione del Piano regolatore di Roma del 2008 avrà effetti devastanti su una città già provata dal sacco urbanistico degli ultimi dieci anni.

Chiediamoci in primo luogo come sia potuto accadere. E’ avvenuto che l’allora sindaco Veltroni doveva dimettersi anticipatamente per poter avere il diritto a partecipare alla sfida elettorale nazionale contro Silvio Berlusconi. Così quello stesso piano regolatore che è stato condotto con passo di lumaca (oltre 10 anni di elaborazione!) doveva essere approvato in pochi giorni per poter vendere propagandisticamente l’evento. Le date fanno impressione. Il 6 febbraio 2008 si chiude la conferenza istituzionale tra Comune e Regione che approva il piano. Due giorni dopo la Giunta regionale del Lazio ratifica quello stesso accordo. Il 12 febbraio il Consiglio comunale di Roma lo ratifica a sua volta. Il 13 e 14 aprile si sarebbe votato per il primo turno delle elezioni comunali.

Fosse sempre questa l’efficienza della macchina amministrativa pubblica, non avremmo rivali in tutta Europa. Ma questa accelerazione insostenibile ha trascurato un passaggio essenziale. Afferma il Tar che essendo state in quella prima sede apportate alcune variazioni, esse dovevano essere rese pubbliche alla cittadinanza. Avremo tempo per leggere la sentenza e comprenderla fino in fondo. I dati che abbiamo sono però già sufficienti per affermare che la “gioiosa macchina del piano” del cosiddetto “modello Roma” faceva acqua da tutte le parti.

La sentenza dovrà essere letta attentamente anche per un altro ben più importante motivo: comprendere come si potrà ripristinare un sistema di regole in grado di scongiurare il far west urbanistico che si annuncia. Le dichiarazioni di alcuni esponenti del centrodestra lasciano presagire un futuro pericolosissimo. Manifestano una incontenibile soddisfazione per poter rimettere le mani sulla redazione di un nuovo piano regolatore: la diffusione della rendita fondiaria è un ottimo strumento per avere consenso. E, del resto, era questo l’intento del bando Alemanno per realizzare case popolari in campagna: riaprire l’eterno gioco della speculazione. Se ciò avvenisse sarebbe il colpo di grazia per questa sventurata città in cui sono stati approvati e realizzati un centinaio di “accordi di programma” in variante di quello stesso piano regolatore che si stava costruendo.

I principi del foro e del mattone non hanno impugnato nessuno di questi scellerati atti di urbanistica contrattata: facevano diventare edificabili terreni prima agricoli, musica per le loro orecchie. In questi casi solo i comitati di cittadini, come nel caso paradigmatico di Colle della Strega, hanno cercato di difendere la legalità e il diritto ad una città umana. Appena l’urbanistica ha tentato di mettere un argine al cemento, come nel caso della Bodicea property services, i legulei hanno tirato fuori le unghie. L’obiettivo era quello di distruggere la credibilità delle pubbliche amministrazioni a governare il proprio territorio.

Ma ora la città che in questi anni si è opposta all’urbanistica liberista romana deve farsi carico del disastro. Le regole approvate non esistono più e si torna al vecchio piano regolatore. Per fortuna che su comprensori come Tormarancia erano posti in essere vincoli paesistici che la sentenza del Tar non scalfisce. Se non ci fossero stati, sarebbero tornate in vigore le enormi previsioni edificatorie contenute in quel piano. Ma se Tormarancia è salva, la città è senza difese e dovremo impegnarci a chiedere un atto urgente che ripristini la legalità.

Ma abbiamo davanti un panorama devastante. Il primo viene dal quadro nazionale. L’aumento generalizzato delle cubature degli edifici esistenti (anche di quelli dei centri storici o vincolati, come afferma il disegno di legge anticipato dalla regione Veneto) voluto da Berlusconi, rischia di dare un colpo di grazia alla bellezza delle città storiche e di quel che resta del paesaggio agricolo. A seguire c’è il rischio dell’approvazione della famigerata legge Lupi.

Il secondo viene dalla povertà culturale della giunta Alemanno. Per dare lustro alla più bella città del mondo si vogliono cementificare trecento ettari di aree agricole per realizzare il “parco a tema della Roma imperiale”. La crisi internazionale si fa quotidianamente più grave, tutti i paesi si interrogano sul futuro possibile e la risposta è un circo da strapaese.

La sfida per la cultura progressista è questa. Dobbiamo avere capacità e forza per imporre un modello di città che abbandoni il cemento e metta al primo posto la vivibilità delle periferie. Trasporti efficienti e non inquinanti. Case popolari vere da costruire dove c’è la città senza consumare altra campagna. Scuole sicure e moderne. E’ questo lo scontro cui ci chiama la sentenza del Tar.

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