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Andrea Tarquini
La democrazia europea serva del sistema finanziario
6 Febbraio 2015
Articoli del 2015
La "democrazia" dell'Europa di oggi si rivela sempre più serva del sistema finanziario del neocapitalismo. Non stupisce la posizione di chi di quel sistema é espressione, indigna l'ipocrisia degli Holland e dei Renzi che abbracciano Tsipras mentre contribuiscono a strangolarlo. Articoli di Andrea Tarquini e Andrea Bonanni,

La Repubblica, 5 febbraio 201

BCE NON ACCETTA PIÙ TITOLI GRECI
BANCHE A RISCHIO, L’EURO SCIVOLA

di Andrea Tarquini


«Noi vi proponiamo un piano radicale di lotta a sprechi evasione e corruzione, ma aiutateci a tenere la testa fuori dall’acqua, e sia la Francia a guidare l’emergenza», hanno detto ieri il nuovo premier greco Alexis Tsipras al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e poi al capo dello Stato francese, François Hollande, e nelle stesse ore il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis al presidente della Bce Mario Draghi. Anche se proprio l’Eurotower chiede impegni immediati: la Bce non accetterà oltre l’11 febbraio i titoli ellenici come garanzia, uno stop che aggraverebbe la crisi di liquidità delle banche. Solo un accordo politico con Bruxelles in una settimana può salvare la Grecia dall’uscita dall’euro.

All’annuncio dell’Eurotower, ieri sera l’euro è sceso sotto quota 1,1400 sul dollaro (1,394) La Germania chiede ad Atene di prendere le distanze dalle promesse elettorali, dice un documento governativo di Berlino secondo cui occorrono dalla Repubblica ellenica chiare promesse sulle riforme. E in ogni caso, fa sapere la cancelliera Angela Merkel, «abbiamo posizioni comuni con Hollande e Renzi». Come dire: siamo tutti contrari a sconti e rinvii.
Su questo sfondo Varoufakis si prepara domani al colloquio più difficile, quello a Berlino col collega tedesco Wolfgang Schaeuble. Con il documento riservato, la Bundesrepublik ha risposto nel modo più deciso all’offensiva mediatica (interviste, proposte di grandi piani, rivelazioni) lanciata da Tsipras e Varoufakis in giro per l’Europa.
Atene, dice la Germania, deve accettare la Troika, pagare i creditori come Bce, Fmi e fondo salva Stati, nonché i creditori bilaterali. Il nuovo governo deve inoltre riconoscere l’indipendenza della sua Banca centrale. Posizioni molto lontane da quelle di Tsipras, che vedendo Juncker e poi Hollande ha chiesto un “accordo provvisorio”: in sostanza dilazioni dei termini di pagamento in cambio dell’impegno ateniese a un “programma radicale” contro spreconi, corrotti, grandi evasori a casa. Tsipras sfoggia ottimismo, anche se «l’accordo non c’è ancora», e ribadisce l’intenzione di «rispettare le regole Ue», impegno chiesto anche dallo stesso presidente francese.
Rispetto delle regole, secondo il paper tedesco, vuol dire che Atene raggiunga un avanzo primario del 3% quest’anno e del 4,5 l’anno prossimo, che riduca di altre 150mila unità l’occupazione nel settore pubblico, tagli il salario minimo, àncori più strettamente le pensioni al pagamento dei contributi, acceleri le privatizzazioni e adatti le tariffe elettriche ai prezzi di mercato. E non a caso il presidente dell’esecutivo europeo, l’ex premier liberal polacco Donald Tusk, ha avvertito Tsipras che «i negoziati saranno difficili ».
Oggi, intanto, la Commissione europea renderà note le nuove previsioni economiche 2015 che per l’Italia confermerebbero una crescita dello 0,6% mentre si avvicinerebbero molto alle stime del governo sul deficit, visto al 2,6 invece dell’2,7% precedente. In salita la stima sull’occupazione: dal 12,6 al 12,8%.In tanta freddezza, è anche vero che l’Europa deve e vuole negoziare con Atene per scongiurare una bancarotta greca e un primo, pericolosissimo sfaldamento dell’Unione monetaria. E lo stesso premier greco sa bene che anche l’Europa dovrà fare concessioni importanti. Perché Tsipras è oggi l’unico, esile filo che tiene attaccata la Grecia all’Europa.

ASSE TRA BERLINO, ROMA E PARIGI
SU ATENE CALA IL GELO DEL RIGORE

di Andrea Bonanni

Il silenzio di Juncker e Draghi, il riserbo di Renzi, le smentite Fmi. E poi le scarne parole di Angela Merkel che suonano come una sentenza: «Ho parlato al telefono con il premier italiano e il presidente francese. Sulla Grecia le posizioni degli Stati membri non differiscono nella sostanza». L’offensiva diplomatica tra Roma, Bruxelles, Parigi e Francoforte di Alexis Tsipras ha prodotto un frastuono di dichiarazioni ottimistiche che però non ha trovato eco nei loro interlocutori. «I negoziati saranno difficili», ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, unica autorità comunitaria a rilasciare un commento dopo l’incontro con Tsipras.

Roma, Bruxelles, Francoforte e Parigi hanno mandato lo stesso messaggio, dunque: nessuna conferenza internazionale per rinegoziare il debito, nessuna cancellazione più o meno occulta dei 240 miliardi prestati, nessun trattamento di favore da parte di Fmi e Bce. L’unico tavolo negoziale al quale si devono rivolgere i nuovi governanti di Atene è quello dell’Eurogruppo. E devono farlo in fretta perché, senza un accordo dell’Eurogruppo, neppure la Bce sosterrà le banche greche già svenate dalla fuga di capitali.

Accolti dovunque con grandi sorrisi, baci, abbracci e pacche sulle spalle, Tsipras e Varoufakis sono tornati ieri sera ad Atene con ben poca farina nel sacco. E difficilmente se ne aggiungerà oggi, durante l’incontro che Varoufakis avrà a Berlino con il Finanzminister, Wolfgang Schauble. In una intervista a Repubblica, il ministro greco aveva annunciato di aver «avviato un negoziato» con il Fondo monetario internazionale per una dilazione del debito. Circostanza che l’Fmi ha smentito seccamente. In compenso si è saputo che Varoufakis ha incontrato nel week-end a Parigi il responsabile europeo del Fondo, che guardacaso è quel Poul Thomsen odiatissimo dai Greci perché per anni a capo della Troika e dei suoi ultimatum. I due, dice un breve e perfido comunicato Fmi, «hanno fatto conoscenza ed evocato le sfide a cui la Grecia deve far fronte».

Pure tra coloro che Tsipras considerava i suoi potenziali alleati, come Renzi, Hollande e il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, il leader greco ha trovato sorrisi, comprensione, ma anche una linea di demarcazione netta: la premessa per qualsiasi negoziato è che Atene si impegni a rispettare le regole europee e gli obblighi assunti. «Se la Grecia modifica unilateralmente gli accordi, l’altra parte non è più obbligata a rispettarli, pertanto lo Stato non sarà più in grado di finanziarsi», dice Schulz in una intervista a Handesblatt.

Intanto i tedeschi hanno fatto trapelare un loro “documento di lavoro” presentato agli altri governi dell’Eurozona in cui chiedono non solo che la Grecia garantisca di rimborsare il debito, ma che mantenga anche tutti gli impegni di tagli, riforme e privatizzazioni che i precedenti governi avevano concordato con la Troika. Ma questo, evidentemente, fa già parte della complicata partita negoziale che si aprirà oggi con l’incontro di Varoufakis e Schauble e che entrerà nel vivo l’11 febbraio alla riunione dell’Eurogruppo che precederà di un giorno il vertice dei capi di governo della Ue, quando finalmente Tsipras incontrerà la cancelliera Merkel.

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