La Repubblica, 5 febbraio 201
«Noi vi proponiamo un piano radicale di lotta a sprechi evasione e corruzione, ma aiutateci a tenere la testa fuori dall’acqua, e sia la Francia a guidare l’emergenza», hanno detto ieri il nuovo premier greco Alexis Tsipras al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e poi al capo dello Stato francese, François Hollande, e nelle stesse ore il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis al presidente della Bce Mario Draghi. Anche se proprio l’Eurotower chiede impegni immediati: la Bce non accetterà oltre l’11 febbraio i titoli ellenici come garanzia, uno stop che aggraverebbe la crisi di liquidità delle banche. Solo un accordo politico con Bruxelles in una settimana può salvare la Grecia dall’uscita dall’euro.
Il silenzio di Juncker e Draghi, il riserbo di Renzi, le smentite Fmi. E poi le scarne parole di Angela Merkel che suonano come una sentenza: «Ho parlato al telefono con il premier italiano e il presidente francese. Sulla Grecia le posizioni degli Stati membri non differiscono nella sostanza». L’offensiva diplomatica tra Roma, Bruxelles, Parigi e Francoforte di Alexis Tsipras ha prodotto un frastuono di dichiarazioni ottimistiche che però non ha trovato eco nei loro interlocutori. «I negoziati saranno difficili», ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, unica autorità comunitaria a rilasciare un commento dopo l’incontro con Tsipras.
Roma, Bruxelles, Francoforte e Parigi hanno mandato lo stesso messaggio, dunque: nessuna conferenza internazionale per rinegoziare il debito, nessuna cancellazione più o meno occulta dei 240 miliardi prestati, nessun trattamento di favore da parte di Fmi e Bce. L’unico tavolo negoziale al quale si devono rivolgere i nuovi governanti di Atene è quello dell’Eurogruppo. E devono farlo in fretta perché, senza un accordo dell’Eurogruppo, neppure la Bce sosterrà le banche greche già svenate dalla fuga di capitali.
Accolti dovunque con grandi sorrisi, baci, abbracci e pacche sulle spalle, Tsipras e Varoufakis sono tornati ieri sera ad Atene con ben poca farina nel sacco. E difficilmente se ne aggiungerà oggi, durante l’incontro che Varoufakis avrà a Berlino con il Finanzminister, Wolfgang Schauble. In una intervista a Repubblica, il ministro greco aveva annunciato di aver «avviato un negoziato» con il Fondo monetario internazionale per una dilazione del debito. Circostanza che l’Fmi ha smentito seccamente. In compenso si è saputo che Varoufakis ha incontrato nel week-end a Parigi il responsabile europeo del Fondo, che guardacaso è quel Poul Thomsen odiatissimo dai Greci perché per anni a capo della Troika e dei suoi ultimatum. I due, dice un breve e perfido comunicato Fmi, «hanno fatto conoscenza ed evocato le sfide a cui la Grecia deve far fronte».
Pure tra coloro che Tsipras considerava i suoi potenziali alleati, come Renzi, Hollande e il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, il leader greco ha trovato sorrisi, comprensione, ma anche una linea di demarcazione netta: la premessa per qualsiasi negoziato è che Atene si impegni a rispettare le regole europee e gli obblighi assunti. «Se la Grecia modifica unilateralmente gli accordi, l’altra parte non è più obbligata a rispettarli, pertanto lo Stato non sarà più in grado di finanziarsi», dice Schulz in una intervista a Handesblatt.
Intanto i tedeschi hanno fatto trapelare un loro “documento di lavoro” presentato agli altri governi dell’Eurozona in cui chiedono non solo che la Grecia garantisca di rimborsare il debito, ma che mantenga anche tutti gli impegni di tagli, riforme e privatizzazioni che i precedenti governi avevano concordato con la Troika. Ma questo, evidentemente, fa già parte della complicata partita negoziale che si aprirà oggi con l’incontro di Varoufakis e Schauble e che entrerà nel vivo l’11 febbraio alla riunione dell’Eurogruppo che precederà di un giorno il vertice dei capi di governo della Ue, quando finalmente Tsipras incontrerà la cancelliera Merkel.