«Il manifesto, 2 aprile 2014
Il disegno di legge costituzionale approvato ieri dal Consiglio dei ministri per il “superamento” del bicameralismo perfetto non ha il solo obiettivo che dichiara. Quello che declama è secondario, strumentale. La sostituzione del Senato paritario con questo fantomatico assembramento di presidenti di regione, di due delegati di ogni regione, di sindaci e di “nominati” dal Capo dello stato in numero corrispondente a quello delle regioni non mira solo allo svuotamento esplicito di potere di quel ramo del Parlamento (lo si potrà ancora chiamare cosi?) ma a qualcosa di più rilevante e inquietante.
Anche più che inquietante. Non uso a caso un termine di tal tipo. Di fronte abbiamo l’estremismo revisionista che sfocia nell’assolutismo maggioritario. Il superamento del bicameralismo del progetto renziano non è affatto diretto a concentrare in una sola Camera la forza della rappresentanza nazionale, come chi scrive propose alla Camere (IX Legislatura proposta di legge cost. n. 2452) in rigorosa coerenza con il costituzionalismo democratico della sinistra. Si viveva in ben altro clima, in una stagione della storia repubblicana del tutto diversa dall’attuale. Era il 1985, i partiti c’erano, erano di massa ed erano quegli stessi dell’Assemblea costituente, il regime elettorale era quello proporzionale, gli anticorpi allo strapotere delle maggioranza gli erano impliciti ed inestricabili.
Mira all’opposto del rafforzamento della rappresentanza popolare il disegno di Renzi, mira ad eliminarne una sede, un organo, una istituzione. Privato della partecipazione al potere di indirizzo politico, il Senato delle autonomie non eserciterà neanche una funzione legislativa di qualche rilievo. Non è organo parlamentare una assemblea che non la esercita, disponendo solo del potere di emendamento il cui esercizio non produce effetti di qualche consistenza. Ma come configurato, il Senato delle autonomie non può rilevare come espressione di una qualche forma di democrazia.
A comporlo non vi saranno rappresentanti della Nazione ma i mandatari degli enti regionali e comunali o perché titolari di organi di enti regionali o comunali o perché scelti da tali titolari di organi di enti regionali o comunali.
Come dimezzata, contratta, svuotata è la rappresentanza politica configurata dalla legge elettorale per la Camera dei deputati, il renzusconum. Il cui obiettivo — e lo abbiamo scritto e motivato — è la distorsione della rappresentanza parlamentare e la sua riduzione a funzione servente del premierato assoluto con tensione alla monocrazia.