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Francesca Ortalli
La Corte Ue condanna l’Italia «Cemento sul mare di Oristano»
13 Giugno 2010
Sardegna
Vergogna italiana, negli anni del berlusconismo. Una delle tante scene del film “L’Italia distrutta dagli italiani”. L’Unità, 13 giugno 2010

Un albergo a 5 stelle, un residence di lusso, un green per il golf e un altro hotel in costruzione in un sito di interesse comunitario. Accade a Is Arenas, nell’Oristanese, un gioiello tra dune e fondali protetti.

La Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia per la colata di cemento piovuta su Is Arenas. Un paradiso ambientale unico nel suo genere, racchiuso tra dune incontaminate e mare cristallino della zona di Oristano, inserito già nel 2006 tra i SIC, i siti d’importanza comunitaria. Una braccio di terra dove non si poteva realizzare una speculazione immobiliare. Invece i signori del mattone, avevano pensato di incastonare, lì tra le dune altissime, un complesso turistico di 222.900 metri cubi. La Corte di Giustizia Europea non ci sta, e così condanna la comunità intera a pagare una sanzione che sarà altissima.

«Quello di Is Arenas- spiega l’architetto Sandro Roggio – è un caso emblematico di aggressione al paesaggio e ci toccherà pagare pure i danni. Fa specie poi, che sia stata la Corte Europea a sottolineare in maniera così netta l’inammissibilità di un intervento di quel tipo in una zona da salvaguardare. È una figuraccia con il resto del mondo perché ci dice, tra l’altro, che non siamo in grado di tutelare le nostre bellezze naturali». In realtà, l’Europa aveva già avvisato che lì, in quel paradiso naturale, non si poteva mettere su un villaggio turistico con tanto di campo di golf. L’aveva fatto nel ’98, aprendo la prima procedura d’infrazione di fronte alla Commissione Europea per “cattiva applicazione della direttiva relativa alla conservazione degli habitat naturali”».

UNA STORIA INIZIATA NEL 1997

Nessuno però ha voluto ascoltare. Perché il 9 giugno del ’97 era stato firmato un accordo di programma tra Regione,Comune di Narbolia e i vari rami della società Is Arenas srl. Al posto delle dune metri di cubi di cemento per aprire la strada al turismo con le betoniere, e pazienza se il bene comune andava a farsi benedire.

Nonostante tutto si va avanti con l’operazione immobiliare. Fino a che nel 2000 arriva la prima messa in mora e nel febbraio del 2001 il parere motivato. Così, accogliendo le rumorose proteste dell’Europa, si pensa di sottoporre tutto il progetto alla procedura di verifica di impatto ambientale. Ma il direttore del Servizio di conservazione della Natura e degli Habitat dichiara che basta soltanto la valutazione d’incidenza ambientale. Dice ancora Sandro Roggio che qui «inizia il trucco più grande. Perché se la valutazione di impatto ambientale è prevista per tot metri cubi, l’ostacolo si può aggirare con la frammentazione in vari lotti. Nel frattempo si attacca una zona protetta». L’Europa però continua ad essere lontana da Is Arenas, anche il Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra cercano con esposti e denunce riempire il silenzio. Si va avanti lo stesso con il progetto. Si cercano le pezze, come “La determinazione del Servizio Conservazione della Natura e degli Habitat” che conclude la VIA (valutazione d’incidenza ambientale). Prevede misure ritenute inadeguate dall’Unione che per questo avvia una nuova procedura d’infrazione con due lettere di messa in mora del 22 dicembre 2004 e del 13 dicembre 2005. La potente società Is Arenas srl, però, non si arrende, e scomoda il ministro all’Ambiente Altero Matteoli del governo Berlusconi. Che propone, caso unico in Europa, la cancellazione di Is Arenas dall’elenco dei Sic. Sconcertante la motivazione adottata: il direttore generale del ministero Aldo Cosentino presenta una relazione dove diceva, in pratica, che visto che l’ambiente era ormai compromesso a causa dei lavori, tanto valeva cancellarla dai siti di interesse comunitario.

Nel 2006, finalmente qualcosa si muove. L’Assessore all’Ambiente della giunta Soru Cicitto Morittu cerca di arrivare ad un accordo e presenta un Percorso Concordato da sottoscrivere insieme alla Is Arenas srl e ai comuni della zona protetta. Punti salienti sono il dieci per cento in meno delle volumetrie e ampliamento del perimetro del Sic, la zona tutelata. L’accordo viene approvato con una delibera il 28 aprile del 2009. Troppo tardi per l’Unione Europea, i termini erano già scaduti. Scrivono infatti i giudici Ue nella sentenza che: «anche il piano di gestione provvisorio elaborato dalle autorità italiane nel 2006 è stato approvato dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato complementare». Secondo i magistrati europei «la Repubblica italiana non ha quindi adottato misure di conservazione idonee». E risulta che i lavori «sono proseguiti oltre il termine di due mesi fissato nel parere motivato complementare del 29 febbraio 2008 e sono stati condotti sulla base del progetto originario». Insomma, si è fatto finta di non vedere e non sentire mentre pezzi di territorio venivano devastati dal cemento. E Adesso è troppo tardi: il danno fatto da altri sarà pagato dalla comunità, tanto per cambiare.

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