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Eugenio Scalfari
La corruzione in Italia e l'Europa spaccata e moritura
2 Maggio 2016
Articoli del 2016
Sarebbe stato bello se "il giornalista fondato da Scalfari", come lo definí Altan in una memorabile vignetta, avesse iniziato il suo articolo con un'autocritica per aver favorito l'ascesa di Renzi al trono d'Italia. invece....
Sarebbe stato bello se "il giornalista fondato da Scalfari", come lo definí Altan in una memorabile vignetta, avesse iniziato il suo articolo con un'autocritica per aver favorito l'ascesa di Renzi al trono d'Italia. invece.... La Repubblica, 1 maggio 2016
Ci sono molte magagne in Italia e in Europa ed una delle principali, specialmente nel nostro Paese, è l’affievolirsi della democrazia e l’accrescersi della corruzione. Sono due fenomeni diversi ma interconnessi. Per chiarire la natura del primo cito qui un passo del mio libro intitolato “L’allegria, il pianto, la vita”, uscito un paio di anni fa. «La democrazia declina e declina anche la separazione dei poteri costituzionali che Montesquieu mise alla sua base. Da noi quella preoccupante esperienza ebbe inizio nei primi anni Novanta e non si è più fermata. Quel declino ha colpito il potere giudiziario e quello legislativo, rafforzando il potere esecutivo che ormai accentra su di sé la forza del governare con il minor numero di controlli. Il processo è ancora in corso ma un primo obiettivo è già stato realizzato e consiste nel completo stravolgimento della democrazia parlamentare e dei partiti. I partiti sono ormai tutti “liquidi”; riflettono società ed economie altrettanto liquide: un Capo, un gruppo dirigente a lui devoto, un’attenzione particolare ai potenziali elettori, la scomparsa della democrazia politica all’interno dei partiti».

La corruzione diffusa purtroppo in tutte le classi sociali, dai più abbienti al ceto medio fino a quelli sulla soglia della povertà, ha come condizione preliminare il declino della democrazia partecipata. Di fatto è la scomparsa dello Stato come soggetto riconosciuto dai cittadini e quindi la scomparsa, nella coscienza delle persone, del concetto di interesse generale. L’effetto è il sovrastare degli interessi particolari, delle lobby economiche, delle clientele regionali, dei singoli e del loro circondario locale. La corruzione dilaga, le mafie si affermano con le loro regole interne, i loro ricatti, il denaro illegale e gli illegali profitti che se ne ricavano, il mercato nero e il lavoro nero. Il popolo sovrano che dovrebbe essere la fonte dei diritti e dei doveri di tutti, ripone la sua affievolita sovranità nella corruzione. Corrisponde alla conquista d’un appalto, un posto di lavoro, un incarico importante nel mondo impiegatizio o imprenditoriale, si conquista insomma un potere.

Quel potere conquistato con la capacità di corrompere dà a sua volta la possibilità d’esser corrotti. I corruttori diventano corrompibili e viceversa: questa è la società nella quale viviamo. Non solo in Italia e non solo in Europa, ma in tutti i Paesi dell’Occidente. Negli Stati Uniti d’America si toccarono le punte massime nella Chicago del proibizionismo e del gangsterismo, ma c’era già prima ed è continuata dopo. È il vero e più profondo malanno della democrazia, fin dai tempi dell’antica Grecia che è all’origine della nostra civiltà.

L’impero ateniese fu la città della democrazia e contemporaneamente la culla della corruzione, molto più diffusa di quanto non lo fosse a Sparta e a Tebe. E così nella Roma antica, corrotta nelle midolla dai tempi della tarda Repubblica e a quelli dell’Impero.

Accade talvolta che le dittature blocchino la corruzione. Quando il potere politico è interamente nelle mani di pochissimi o addirittura di uno soltanto, la corruzione scompare: il potere assoluto sopprime al tempo stesso la corruzione e la libertà.

Egualmente accade che la corruzione non c’è o è ridotta ai minimi termini quando il popolo è veramente sovrano. In quel caso - purtroppo poco frequente - il massimo della libertà, della separazione dei poteri, delle istituzioni che amministrano l’esercizio dei diritti e dei doveri, dello Stato di cui il popolo sovrano costituisce la base e che persegue l’interesse generale del presente in vista del futuro, della generazione dei padri che godono il presente e operano per le generazioni dei figli e dei nipoti; in quel caso l’onestà la vince. Onestà e libertà rappresentano un binomio che ha illuminato alcuni fasi della storia occidentale ed anche di quella italiana.

Fasi tuttavia assai transitorie, specialmente in Italia e la ragione non è certo di natura antropologica. Gli italiani non sono per natura un popolo di corrotti e di ladri, ma è la nostra storia che ha ridotto a plebe il popolo sovrano. Machiavelli lo teorizzò nei suoi scritti e nel suo “Principe” in modo particolare. Le Signorie erano un covo di intrighi e quindi di corruzione. Per di più lo Stato non esisteva, fummo per secoli servi di potenze straniere che facevano i propri interessi e non certo quelli d’un popolo schiavo.

Ma ci furono anche dei periodi di luce, di lotta per la libertà e per la costruzione dello Stato d’Italia, di assoluta onestà privata e pubblica. Pensate al trio di Mazzini, Cavour, Garibaldi, in dissenso tra loro ma uniti da diverse angolazioni per la libertà e l’indipendenza del nostro Paese. Ed anche alla guerra partigiana e alla Resistenza che coinvolse l’intera Italia centro-settentrionale, dai nuclei combattenti a gran parte del Paese che ad essi faceva da scudo. E così pure, ai tempi della ricostruzione materiale, morale e politica sulle rovine che la sciagurata guerra ci aveva lasciato in eredità.

Conclusione: la corruzione è figlia della scomparsa d’un popolo sovrano e d’una democrazia non partecipata di partiti “liquidi”, dell’affievolimento dell’interesse generale e dello Stato che dovrebbe rappresentarlo e perseguirlo. Questa è la situazione in cui già da molti anni ci troviamo e che con lo scorrere del tempo peggiora. E questa è anche la situazione europea dove i fenomeni deleteri sono per certi aspetti ancor più gravi.

***

Domenica scorsa scrissi a lungo sull’Europa “a pezzi”, sul patto di Schengen violato da un numero sempre più esteso di Paesi membri dell’Unione, sulla situazione greca, sulla anomalia sempre più evidente della Turchia di Erdogan con l’Europa democratica e infine sulla Libia, la Tunisia e l’Is che imperversa sempre di più sulla costiera mediterranea e in particolare sulla Cirenaica che ci fronteggia.

Ma dopo appena sette giorni da allora la situazione è ancor più grave e più chiara nella sua gravità: esistono ormai tre diverse Europa che si fronteggiano, alle quali va aggiunto il terrorismo del Califfato, potenziale soprattutto, che aggrava sempre di più i malanni e il solco che divide le tre parti del nostro Continente.

Esistente anzitutto l’anti-Europa: movimento di estrema destra, xenofobo e antidemocratico, con tinte razziste e nazionaliste, sia politicamente sia economicamente. Molti di questi anti-europei vigoreggiano in Paesi dell’Unione che non fanno parte dell’Eurozona, ma alcuni sono nati e stanno costantemente rafforzandosi in Paesi che hanno la moneta comune. Così avviene in Austria, in Danimarca, nei Paesi baltici, nei Balcani.

Alcuni di questi movimenti sono ancora di modeste dimensioni, ma altri, per esempio in Austria, hanno raggiunto dimensioni preoccupanti e alcuni sono addirittura arrivati a raggiungere il primo posto scavalcando i partiti che avevano finora governato. L’esempio più lampante è quello austriaco, ma anche in Francia il lepenismo è il movimento che i sondaggi collocano in prima posizione.

La seconda spaccatura dell’Europa è tra il Nord e il Sud e il suo aspetto più preoccupante è rappresentato dalla Germania. È il Paese egemone dell’Unione e soprattutto dell’Eurozona e finora si era mostrato in equilibrio su alcuni temi fondamentali, a cominciare da quelli dell’immigrazione, della flessibilità adottata dalla Commissione di Bruxelles, sia pure con modalità moderate, e nel rapporto tra la Cancelliera Angela Merkel - ufficialmente sostenitrice del rigore economico - e Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea e fautore d’una politica monetaria espansiva e anti-deflazionistica. In questi ultimi giorni tuttavia la Merkel sembra aver abbandonato il suo equilibrio tra il rigore anche monetario della Bundesbank e la politica espansiva della Bce.

Nei giorni scorsi Weidmann, governatore della Bundesbank, è venuto a Roma con un pretesto privato ma in realtà allo scopo di attaccare scopertamente la politica di Draghi, rendendo pubblico quell’attacco con un’intervista data proprio al nostro giornale. Weidmann non è nuovo a quest’opposizione alla politica di Draghi, gli vota regolarmente contro in tutte le riunioni del Consiglio della Bce di cui la Bundesbank fa naturalmente parte; ma la novità di questa volta è che c’è stata l’approvazione piena delle dichiarazioni di Weidmann da parte del ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble, e nessuna parola di riequilibrio da parte della Merkel. Sarà la necessità di posizionarsi adeguatamente in vista delle prossime elezioni politiche tedesche, con una Cdu minacciata dagli xenofobi antieuropei e anche dall’alleato attuale, la Csu bavarese; ma comunque è un fatto nuovo e fortemente preoccupante questo atteggiamento “separatista” della Germania.

Infine la terza spaccatura europea riguarda la politica estera, la guerra contro l’Is in Siria, l’amicizia senza remore di sorta con la Turchia, l’assoluta “neutralità” nei confronti dell’eventuale intervento europeo sulla situazione libica.

Queste tre spaccature sono micidiali per l’Europa: allontanano il suo rafforzamento istituzionale e quindi rinforzano il nazionalismo dei singoli Paesi membri, anche di quelli che non condividono le posizioni tedesche in tema di rigore economico e proprio per questo svalutano le regole comunitarie contribuendo così da opposte sponde alla disgregazione politica ed anche ideale dell’Europa unita. Sono gli effetti delle democrazie non partecipate, liquide e senza alcun controllo dai diversi poteri costituzionali; è sempre meno esistente la parvenza d’un rafforzamento europeo e le prospettive pessime di questa situazione in una società globale.

Barack Obama ha cercato nel suo viaggio europeo dei giorni scorsi, di patrocinare un radicale mutamento di rotta, ma non sembra sia stato molto ascoltato. L’Europa è a pezzi ma non cerca affatto di ricostruirli. Se continuerà così andrà dritta al cimitero e noi tutti con lei, Germania in testa. “Ave, Caesar, morituri te salutant”.

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