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Donato Antonucci
La Consulta boccia il Friuli sul paesaggio
22 Marzo 2010
Il paesaggio e noi
C’è un giudice a Berlino che prova ad opporsi all’illegittimità palese, in questo caso di parte regionale. Da Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 22 marzo 2010 (m.p.g.)

La legge regionale non può rinviare il termine di entrata a regime della nuova autorizzazione paesaggistica. E' quanto stabilito dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 101, depositata il 17 marzo scorso, con cui è stata dichiarata l'illegittimità di alcune norme contenute nella legge regionale n. 5/2007 del Friuli Venezia Giulia (così come modificate dalla legge n. 12/2008). Secondo i giudici della Consulta, le norme nazionali in questa materia, di competenza legislativa statale esclusiva fissano «standard minimi di tutela», che non possono essere intaccati dalle Regioni, ordinarie o a statuto speciale, né dalle Province autonome.

Le norme bocciate sono l'articolo 8, commi 1 e 2, e l'articolo 60, comma 1, della legge friulana. Per capire le ragioni della decisione, però, occorre fare un passo indietro. Il nuovo iter definito dall'articolo 146 del Dlgs n. 42/2004 - entrato a regime dal 1° gennaio 2010, dopo vari differimenti e la fase transitoria disciplinata dall'articolo 159 del Codice Urbani prevede che la regione, o il comune da essa delegato, prima di pronunciarsi su un'istanza riguardante un bene sottoposto a vincolo paesistico, acquisisca il parere del soprintendente. Parere che, oltre a essere obbligatorio, è anche vincolante nelle ipotesi in cui i piani paesaggistici non siano stati ancora adeguati dalle regioni alle nuove previsioni in tema di pianificazione introdotte nel codice dal Dlgs n. 63/2008.

Il legislatore friulano, invece, aveva disposto che il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dei comuni delegati avvenisse secondo la disciplina transitoria dettata dal Codice Urbani «sino all'adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale». Una scelta bocciata dalla Corte, secondo cui la disposizione regionale non solo rende incerto il momento iniziale della nuova disciplina, ma, soprattutto, «modifica la decorrenza del termine fissato dal legislatore statale» dettata a livello nazionale, con «una illegittima riduzione della tutela del paesaggio imposta dalla legislazione statale». Il termine statale, sottolinea la Consulta, ha valore cogente.

E cogente è anche il termine assegnato alle regioni per verificare la sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico- scientifica in capo ai soggetti delegati all'esercizio della funzione autorizzatoria, pena la decadenza delle deleghe già conferite. Quanto ai comuni, fino all'adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al piano paesaggistico regionale, essi sono tenuti ad applicare il comma 9 dell'articolo 143, che, a far data dall'adozione del piano paesaggistico, preclude la realizzazione su immobili e aree vincolate di interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. La stessa norma sancisce altresì che dopo l'approvazione del piano, le relative previsioni e prescrizioni siano immediatamente applicabili e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici. Anche sotto questi profili, quindi, le disposizioni regionali vengono ritenute costituzionalmente illegittime dalla Corte, poiché lo slittamento temporale del nuovo regime determina un'inammissibile restrizione della tutela dettata a livello statale.

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