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Sandro Roggio
La città europea come opera d'arte
18 Maggio 2008
Recensioni e segnalazioni
La dimensione estetica nell’idea di spazio urbano e la centralità dei "temi collettivi". Una recensione al libro di Marco Romano, La Nuova Sardegna, 18 maggio 2008

Marco Romano, studioso e docente di Estetica della città, ha già scritto per Einaudi un denso saggio sulla città europea nel 1993.

Il nuovo volume per lo stesso editore ( La città come opera d'arte, 100 pagine, 9 euro) sviluppa gli stessi temi in chiave divulgativa, con interessanti analisi critiche di alcune città molto note. L'obiettivo è quello di spiegare i modi contemporanei di pensare le città mantenendo nello sfondo le passate volontà di realizzare muri in grado di offrire un orizzonte nel quale radicare le speranze della civitas.

Se la città è un'opera d'arte - osserva Romano - vuol dire che ha un committente e un autore con intenzioni artistiche e che sarà sottoposta continuamente, attraverso revisioni, ad un giudizio critico. Questo, in sintesi, l'assunto che l'autore propone con articolate riflessioni sulla bellezza del paesaggio costruito, con esempi tratti dalla grande storia urbana europea e anche dalla cronaca delle vicende minime delle città a partire da molti secoli fa.

Proprio questa vicinanza ai fatti urbani nel loro concretizzarsi secondo le decisioni dell'artista e del committente - la collettività dei cittadini - rende la lettura di questa breve pubblicazione particolarmente interessante per tutti quelli che oggi seguono con curiosità crescente i processi di trasformazione dei luoghi dove abitano.

Il dibattito attuale riguarda, spesso in modo sottinteso, la dialettica fra bello e brutto, ma solo se il tema è collettivo. Si scopre che è sempre stato così, indipendentemente da come giudichiamo oggi l'esito delle vicende passate, almeno dalla nascita della civiltà comunale, quando - come dice Brunetto Latini - «ogn'om che al mondo vene/ nasce primamente ai suoi e al suo comune»: è l'inizio della partecipazione democratica alla realizzazione concreta dell'urbs, cioè alla rappresentazione di sé, della propria cittadinanza.

La prima delle tre parti che compongono il libro chiarisce la differenza fra temi collettivi, pubblici e simbolici. I temi collettivi, il loro rinvenimento - nelle grande varietà di tipologie tipiche della città europea come le mura, la chiesa principale e secondaria, i palazzi, le facciate delle case, le logge, i teatri, le strade e le piazze a tema - diventa il terreno dell'esperienza critica. Sono i temi più diffusi, tanto da rendere possibile di verificarne il senso in tutte le città europee, realizzati «con l'esplicita intenzione di metterli in campo, nella sfera estetica, come temi del loro confronto di rango, e destinati dunque a durare per sempre».

E' la città europea che incorpora da sempre la civitas democratica, dove i cittadini hanno visto crescere gradi di libertà, diritti e doveri connessi all'appartenza: la democrazia, la libertà di esprimere il proprio punto di vista su qualsiasi questione è la condizione che rende possibili le successive considerazioni di carattere estetico.

«La civitas europea ha dunque una sua riconosciuta personalità, di ordine superiore a quella dei cittadini che la compongono, e proprio come i singoli cittadini in quanto individui confrontano il proprio status nella facciata della loro casa, così i medesimi cittadini in quanto civitas, rappresentano il rango che considerano confacente alla propria città nella grandiosità e nella magnificenza relativa dei suoi temi collettivi».

Conta, in questo processo, il contributo che ciascun cittadino e ogni casa edificata, il possesso di una casa, portano agli insediamenti. A questo proposito Romano vede i limiti dei nostri quartieri popolari la cui uniformità architettonica, progettata a fin di bene, sottolinea «la cittadinanza di secondo rango» di abitanti privati di libertà espressiva «che nella nostra civitas è il complemento e la visibile conferma della libertà di parola».

Nella seconda parte l'esercizio critico si fa serrato: gli aspetti più noti delle città europee vengono passati al vaglio di principi estetici che nel corso del tempo hanno prodotto «regole» e «trasgressioni»: una chiave di lettura ancora essenzialmente estetica, con la quale si esprime a fondo il senso della cittadinanza ossia l'orgoglio di essere accomunati, parte di un luogo.

Non c'è nostalgia in queste riflessioni che, nella terza parte del libro, lasciano intravedere l'articolazione di una ricerca che l'autore ha realizzato in più decenni, e l'ambizione che si percepisce al di là della complessità della riflessione, di portare il lettore a guardarsi attorno e non accontentarsi della generalità di ciò che vede, ma a cercare qualcosa su cui fermare lo sguardo, da apprezzare, perché questo è uno dei modi per riconoscersi.

Che ci sia bisogno di un rinnovato e più consapevole senso di partecipazione alle scelte sui temi della civitas come antidoto ai disastri che il Novecento ha prodotto?

Il lettore, anche a questo proposito, potrà rintracciare altre indicazioni sul sito www.esteticadellacittà.it curato dallo stesso Romano, tra l'altro vi troverà in costruzione alcuni «ritratti di città» casi di un esercizio critico su basi estetiche.

Ma dato che l'attuale dibattito sulla bellezza degli insediamenti consolidati non può prescindere dalle disposizioni del Codice di tutela dei beni culturali, importante conquista culturale del nostro tempo, si potrebbe considerare questa tappa come il presupposto per l'elaborazione di altri temi collettivi per città vivibili e nuovamente belle.

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