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Anna Piccolini
La città delle donne
29 Giugno 2007
Recensioni e segnalazioni
La città studiata in relazione ai generi dei suoi abitanti, per migliorarla per maschi e femmine. Recensito per eddyburg un libro curato da Gisella Cortesi, Flavia Cristalli, Joos Droogleever Fortuijn

La città delle donne – Un approccio di genere alla geografia urbana, a cura di Gisella Cortesi, Flavia Cristalli, Joos Droogleever Fortuijn, Patron Editore Bologna 2006

Nel 2003, a Roma, per iniziativa della Commissione “Genere e geografia” dell’Unione geografica internazionale, si è svolto un seminario dal titolo Gendered cities: identities, activities, networks – a life corse approach. Circa 3 anni dopo, con il sostegno del Comune di Roma e in particolare di Mariella Gramaglia, assessora alle politiche per la comunicazione, la semplificazione e le pari

Alla presentazione di questo libro, può essere utile premettere due brevi osservazioni. La prima riguarda i tempi: ci si può ragionevolmente chiedere se sia utile leggere, in un libro pubblicato nel 2006, relazioni svolte 3 anni prima, quasi sempre basate su ricerche precedenti. La risposta è positiva, perché il campo d’indagine, ma soprattutto la modalità di approccio rappresentano una novità. La “geografia urbana” si colloca certamente fra le discipline gender blind e questo è vero soprattutto per il nostro Paese: ce lo confermano le appendici bibliografiche alle relazioni, dove gli autori sono prevalentemente stranieri (e il testo più vecchio citato risale al 1978). Questo libro rappresenta quindi uno stimolo necessario all’apertura di una linea di gender studies anche in questo contesto disciplinare.

Quanto al titolo, è evidente che quello italiano (del libro) è una traduzione che distorce il senso del titolo inglese (del convegno). Come gender non indica il genere femminile, così gendered cities vuol dire “città di genere”, città lette attraverso la lente del genere, in modo da capire come donne e uomini in esse vivono, si spostano, lavorano ecc., e quindi quali politiche, sociali, urbanistiche, ecc. possono/debbono essere adottate per consentire agli uni e alle altre una migliore abitabilità del contesto urbano. Sottotitolo perfetto, titolo sghembo, quindi, che può far pensare che si voglia costruire una città delle donne per superare le difficoltà che esse trovano nella città costruita dagli uomini. Tutti i saggi sottolineano invece la necessità di leggere la realtà in modo da individuarne la dimensione di genere e misurarsi con questa nell’individuazione delle soluzioni ai problemi.

I quindici saggi (ne segnaleremo soltanto alcuni) che compongono il libro sono raggruppati in quattro parti. Quelli contenuti nella prima, Sentire la città: identità e senso del luogo, hanno in comune il tentativo di capire come le donne si sentono a proprio agio nelle città in cui vivono. Qui troviamo la ricerca di Tovi Fenster su Città e genere: nozioni di comfort, appartenenza e impegno a Londra e a Gerusalemme, che analizza il modo in cui le relazioni di potere fra uomini e donne si traducono nella individuazione di spazi proibiti e permessi, e addirittura nell’imposizione patriarcale di determinati modi di vestire.

Dina Vaiou in Ri/costituire ‘l’urbano’ attraverso le storie di vita delle donne, illustra come la narrazione ufficiale di un luogo (un quartiere di Atene) possa differire profondamente dalla narrazione che di quello stesso luogo può essere fatta da donne.

Marina Marengo in Creazioni di luoghi e di dinamiche relazionali nei contesti urbani a forte presenza straniera: il caso dell’agglomerazione di Losanna, sottolinea il ruolo delle donne immigrate nel percepire e assecondare le trasformazioni urbane, soprattutto favorendo la nascita di spazi associativi a carattere interculturale (mentre gli uomini tendono a riprodurre il modello classico dell’associazione di comunità).

La seconda parte, Vivere la città, mette a fuoco le contraddizioni fra le opportunità che un contesto urbano offre alle donne e le difficoltà che esse incontrano quotidianamente. Il saggio di Antonella Rondinone, ‘L’aria della città rende libere?’ per un’analisi geografica della qualità della vita femminile in India, sottolinea come la città si presenti in positivo come il luogo dell’accesso all’istruzione, ai servizi sanitari, alla varietà alimentare, consentendo alle donne che arrivano dalla campagna di migliorare la loro “condizione”, senza peraltro sfuggire alle regole di una struttura sociale patriarcale.

Marieke van der Meer analizza Le reti di sostegno sociale degli anziani nelle aree urbane e rurali dei Paesi Bassi, per capire, date le differenze fra città e campagna, che ruolo giochi il genere degli attori che costituiscono tali reti.

Nella terza parte, Spostarsi in e tra le città, vengono analizzati i motivi per i quali donne e uomini si spostano, in relazione alle scelte residenziali e lavorative, familiari e individuali. Gisella Cortesi, Marco Bottai e Michela Lazzeroni riferiscono i primi risultati di una ricerca ( Differenze di genere e mobilità residenziale urbana: primi risultati del progetto Housing, Household, Habitat) sull’incidenza di ‘genere’ e ‘generazione’ rispetto alla localizzazione abitativa e agli spostamenti giornalieri legati a scuola, lavoro ecc. in una città italiana di medie dimensioni.

E’ in Finlandia, Paese in cui il tasso di attività femminile è di poco inferiore a quello maschile, che Taru Järvinen studia Mobilità residenziale e opportunità lavorative delle famiglie finlandesi con doppia carriera, ponendo l’accento soprattutto sulla incidenza del genere nel mercato del lavoro.

Ultima, ma per alcuni aspetti più ricca di stimoli della altre, la quarta parte del volume affronta il tema Pianificare la città. In Politiche urbane e movimenti di donne: specificità del caso italiano, Silvia Macchi ricostruisce un percorso di ricerca stimolato dal ‘disagio sussurrato delle donne’ nel momento della pubblicazione e della discussione sul Piano regolatore generale di Roma (giugno 2002). Da qui, andando a ritroso nel tempo, Macchi individua posizioni e pratiche politiche di donne: un documento dell’Udi del 1964 che anticipa nelle richieste quella che sarà poco dopo la normativa sugli ‘standard urbanistici’, la proposta di legge di iniziativa popolare del 1989 sui ‘tempi della città’, le più recenti esperienze di ‘bilancio di genere’.

Anna Ortiz, Maria Garcia-Ramon e Maria Prats parlano di Pianificazione e senso del luogo nelle donne in un quartiere storico di Barcellona, descrivendo come donne diverse (cioè diversi gruppi di donne) hanno vissuto in modo diverso e talvolta conflittuale un’importante trasformazione urbana. Di estrema attualità, proprio perché si tratta di un tema che spesso viene scorrettamente definito in termini gender blind, il saggio Città sicura: considerazioni sulla paura delle donne nei piani di programmazione per una maggior sicurezza nelle città, di Carina Listerborn. In esso vengono esaminati i due approcci prevalenti al problema: safety (sicurezza) contro security (protezione). Il primo approccio si basa sull’accettazione della molteplicità di presenze nella città e quindi sulla valorizzazione delle differenze: l’obiettivo si ottiene creando una città più aperta, non vuota, ma piena di cose interessanti. Il secondo approccio invece presuppone un forte controllo sociale, una sorveglianza continua che punta alla prevenzione del crimine, creando una città più chiusa, dove è facile individuare l’altro, l’estraneo. Queste due politiche affrontano in maniera opposta il problema della paura delle donne la cui debolezza reale nella città è peraltro inferiore alla debolezza ‘percepita’, perché buona parte della violenza contro di esse si consuma, invisibile, nello spazio domestico. In sintesi l’approccio safety (sicurezza) è quello che offre le migliori risposte alle donne e alle loro paure. Lavorare su ‘paura e sicurezza’ vuol dire lavorare contemporaneamente sulla crescita di potere delle donne ( empowerment) e sulla rottura del potere degli uomini, potere rafforzato dal fatto che sono loro a proteggere le donne dagli altri uomini.

Il saggio di Judit Timàr, La politica urbana e la dimensione di genere: il ruolo della scala geografica nella partecipazione delle donne al governo locale in Ungheria, mette a tema la partecipazione delle donne alla politica. Nonostante l’Ungheria abbia una storia particolare rispetto ad altri Paesi europei, fra cui l’Italia, colpiscono i punti in comune: le donne sono più presenti nei governi locali, ma spesso con una netta divisione di mansioni; le donne hanno il problema della conciliazione fra sfera pubblica e privata; per le donne non c’è la progressione di carriera che porta molti uomini a partecipare ai livelli nazionali dopo essersi fatti le ossa nei processi decisionali locali: ad ogni gradino per le donne le difficoltà aumentano.

Il volume non ha conclusioni, ma una frase dall’introduzione ne sottolinea il senso complessivo. “Il movimento delle donne e gli studi di genere sulla città hanno…lo scopo di rendere le città migliori nella vita di ogni giorno, nelle strutture e nelle politiche urbane”.

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