L'articolo di Roberta Carlini sul manifesto del 18.9.2005 riporta un fatto non nuovo, l’uso della rigida legislazione di derivazione pattizia fra Stato e Chiesa per violare la legge italiana ed operare, da parte di soggetti in vario modo legati alla Chiesa cattolica, in condizioni di impunità.
Un precedente ancor più clamoroso di edificio di culto cattolico realizzato abusivamente si ebbe con la chiesa del Centro direzionale di Napoli, realizzata dalla Mededil e non da enti della Chiesa, ma destinata al culto pubblico cattolico e quindi all’assegnazione (in proprietà ?) all’autorità ecclesiastica (art. 57 della legge 865 del 1971) come opera di urbanizzazione secondaria (attrezzatura religiosa), ai sensi degli art. 41 e 44 della legge 865 del 1971, modificativa degli art. 1 e 4 della legge 847 del 1964.
Segnalai il fatto in un mio lavoro (Gli edifici di culto nel sistema giuridico italiano, Edisud, Salerno, 1991), evidenziando che il Papa in persona era venuto ad inaugurare l’avveniristica chiesa, con tanto di guglia di architettura qualificata, ma l’edificio non solo era stato realizzato senza alcuna concessione amministrativa, addirittura non era stato ancora approvato lo strumento urbanistico che avrebbe potuto consentire il rilascio della concessione edilizia per realizzare l’opera.
La Mededil, secondo una prassi in voga negli allegri anni ottanta, aveva anticipato la realizzazione di un’attrezzatura urbana, per metterla sul piatto della trattativa con l’Amministrazione comunale, onde spuntare maggiori vantaggi per la sua speculazione in termini di cubature o di omissione di controlli.
Nel caso di Pescasseroli, oltre all’allegro utilizzo del territorio demaniale, oltre alla violazione dei vincoli derivanti dagli usi civici, oltre alla realizzazione del manufatto edilizio senza alcuna autorizzazione ad edificare, ci si imbatte in una astuta e violenta prevaricazione da parte dell’ente religioso, che evidenzia una delle più gravi incostituzionalità del concordato di Craxi del 1984 (che ha avuto esecuzione in Italia con la legge 121 del 1985).
In base ad un articolo del codice civile del 1942, l’art. 831 comma 2°, gli edifici aperti al culto pubblico cattolico non possono essere sottratti alla loro destinazione, nemmeno per effetto di alienazione, finché la stessa non sia cessata in conformità alle leggi che li riguardano. La prassi interpretativa, più che il testo letterale di questa norma, ritiene che il richiamo alle …leggi che li riguardano…, implichi l’efficacia civile delle norme del codice di diritto canonico (un ordinamento straniero rispetto a quello italiano) che regolano la destinazione al culto pubblico.
Sommessamente, invece, segnalai che poteva al più rimandarsi agli artt. 10 e 11 del vecchio concordato del 1929, e che era comunque impensabile che l’autorità ecclesiastica, appartenente ad un ordinamento diverso da quello italiano, potesse autonomamente imporre un vincolo destinativo perenne (servitù di uso pubblico soggetta alla giurisdizione della autorità straniera) senza il consenso della proprietà. Regola che dovrebbe almeno valere per la nuova edilizia di culto, vista la tutela costituzionale del diritto di proprietà (art.42 Cost.).
La revisione del concordato lateranense del 1929, operata dal Governo Craxi nel 1984, ha fra l’altro prodotto l’art.5 invocato dalle suore di Pescasseroli, che vieta l’esercizio di ogni manifestazione della potestà ablativa dello Stato sugli edifici aperti al culto pubblico cattolico se non previo concordamento con l’autorità ecclesiastica.
In nome di una pretesa difesa della libertà della Chiesa e dell’interventismo in favore dei (supposti) bisogni religiosi della popolazione, si è sancita una sorta di extra-territorialità, come per una sede diplomatica, per cui anche se l’edificio di culto sta crollando, o minaccia la pubblica incolumità, senza autorizzazione ecclesiastica i pompieri non possono intervenire.
Si noti che quella che gli amministrativisti chiamano potestà ablativa (requisizione, espropriazione, demolizione) riguarda sempre ipotesi di pubblica utilità che, dinanzi all’art. 5 del concordato, deve soccombere, perché l’autorità ecclesiastica non risponde alla lealtà costituzionale italiana, ma alla sovranità della S.Sede.
Per chi non sia del mestiere, voglio anche evidenziare che la norma concordataria non può essere rimossa con una legge ordinaria, ma richiede una revisione contrattata con la Chiesa, o un procedimento di revisione costituzionale (art.138 cost.) e che la stessa Corte costituzionale può tentare di dichiarane la incostituzionalità (abrogandola) solo comparandola con i supremi principi dell’ordinamento costituzionale, categoria di fonti inventata dalla Corte stessa, ma non enucleabile che da lei.
Le suore di Pescasseroli, quindi, hanno imposto un vincolo destinativo illegale, senza consenso della proprietà, peraltro su un edificio illegittimo (corpo di reato), cercando di avvalersi di una copertura di tipo internazionalistico, illecitamente creata dal concordato craxiano.
Quando troveremo un giudice dello Stato disposto a sollevare la questione di incostituzionalità dell’art. 5 ?