«Hanno perso quanti hanno avanzato il sospetto che Francesco volesse manipolare il dibattito per garantirsi esiti precostituiti. Ma far parlare tanti - anche chi non la pensa come te - è davvero una vittoria fuori dal comune».
La Repubblica, 26 ottobre 2015 (m.p.r.)
Chi ha vinto e chi ha perso nel Sinodo sulla famiglia? Molti ritengono che il Papa sia uscito rafforzato da questo difficile passaggio. Ma si tratta di una vittoria singolare. Se avesse voluto affermare la sua volontà, il Papa avrebbe potuto scegliere strumenti molto più efficaci di un Sinodo. Si è proposto, piuttosto, di promuovere un libero dibattito fra tante «opinioni diverse» da cui è scaturisse l’«immagine viva» di una Chiesa che non usa «moduli preconfezionati». Con l’applauso che ha accompagnato queste parole del suo discorso finale i vescovi hanno riconosciuto apertamente che l’obiettivo è stata raggiunto. Di sicuro, perciò, hanno perso quanti hanno avanzato il sospetto che Francesco volesse manipolare il dibattito per garantirsi esiti precostituiti. Ma far parlare tanti - anche chi non la pensa come te - è davvero una vittoria fuori dal comune.
È stato inoltre ipotizzato una pesante condizionamento della Curia sul dibattito sinodale. Ma una Curia, prevalentemente italiana, come quella dell’ultima fase del pontificato di Benedetto XVI oggi non esiste più. Proprio tra i suo collaboratori, Francesco ha trovato un convinto sostegno, come mostra l’efficace lavoro compiuto da padre Lombardi e da quanti sono stati in prima linea nelle tempeste mediatiche dei giorni scorsi. Si deve anche a loro se è uscito complessivamente sconfitto il “partito mediatico” - prevalentemente italiano - che ha lavorato intorno al monsignore gay, al rilancio della lettera dei tredici cardinali e allo strano falso del tumore del Papa e di cui hanno fatto parte anche giornali e televisioni che hanno usato questi “scoop” per far circolare l’ipotesi di un nuovo Vatileaks. Ma il Sinodo non è stato seriamente condizionato da questo “partito mediatico”.
Francesco, piuttosto, ha subito un’opposizione a viso aperto di curiali e non curiali, in gran parte non italiani, come l’australiano Pell, il gunineano Sarah, il tedesco Muller ecc. Non italiani sono stati anche gli artefici della convergenza che invece ha aperto la strada ad un esito condiviso, in particolare austriaci e tedeschi come i cardinali Shoenborn e Marx. Ma non si può dire che il Papa abbia vinto attraverso l’affermazione del suo partito: un “partito del Papa”, infatti, non esiste per il semplice motivo che Francesco non ha fatto nulla per crearlo.
Tutto ciò significa che Francesco vuole distruggere il potere del Papa? C’è chi ha visto in questo sinodo una vittoria delle Chiese locali sul controllo centrale. Indubbiamente, lo stesso Francesco ha usato il termine decentramento, commemorando l’istituzione dell’organismo sinodale voluta da Paolo VI nel 1965. Ma per lui decentramento è anzitutto quello che si realizza rispetto a se stessi. E le dinamiche di questo Sinodo hanno rilanciato l’importanza del Papa non solo quale garante dell’unità della Chiesa, ma anche come animatore di un cambiamento costante dei cattolici in sintonia con il cambiamento incessante dei tempi. Non è più tempo oggi di una dialettica tra conservatori e progressisti tutta interna alla logica della cristianità. Prevale piuttosto una dialettica tra le spinte autoreferenziali di una struttura ecclesiastica che cerca di conservare se stessa, non solo a Roma ma anche nelle diocesi di tutto il mondo, e spinte missionarie di una Chiesa in uscita, in cui spesso gli impulsi che vengono dal centro sono essenziali per dar voce alle domande non raccolte della periferia.
Chiedersi chi ha vinto e chi ha perso in questo Sinodo significa, insomma, scoprire quanto la Chiesa cattolica sia cambiata in soli due anni di pontificato di Francesco. Lo conferma anche l’impianto della relazione finale - simile a quello della Laudato Si - che si apre con un’analisi del contesto antropologico, sociale, economico in cui si colloca la famiglia oggi, condivisibile anche da parte di non credenti. Solo dopo aver messo a fuoco che la famiglia costituisce un cardine prezioso per tutta la società contemporanea, il testo si chiede che cosa la Chiesa può fare per aiutarla. Nessun modello di famiglia cristiana da imporre, ma piuttosto l’interrogativo su come mettersi al servizio della famiglia comunque questa si presenti: problematica, ferita, a tappe…
La vera battaglia che Francesco cerca di vincere è quella di spingere i vescovi ad andare incontro alla realtà e soprattutto, agli uomini e alle donne che li circondano: è questo lo scopo ultimo di un “discernimento” che non riguarda solo i divorziati.